mercoledì, Aprile 2, 2025
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La negoziazione sindacale e la necessità di formazione specifica

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Le capacità di negoziazione, anche in materia sindacale, in sostanza, si riferiscono all’abilità di contrattare con qualcuno che ha obiettivi, bisogni e punti di vista diversi dai nostri, facendo in modo di trovare un terreno comune e raggiungere un accordo consensuale.

Per iniziare una buona negoziazione è necessario rendersi conto che le parti sedute intorno ad un tavolo di trattativa sono in attesa di una risoluzione che permetta di smussare le differenze per poter raggiungere il miglior risultato finale possibile per sé stessi o l’organizzazione che rappresentano, in funzione delle necessità di tutte le parti in causa.

Per raggiungere questo risultato è fondamentale l’utilizzo delle proprie capacità di negoziazione.

Molte persone ritengono che la negoziazione sia solo la capacità di ognuno di raggiungere determinati obiettivi mentre, in realtà, si tratta di sapere andare d’accordo con altre persone che hanno necessità ed obiettivi diversi. L’inclinazione verso l’essere equi, il mantenimento delle relazioni e la ricerca di vantaggi reciproci sono le chiavi per il successo delle capacità di negoziazione.

Perché è importante la negoziazione

Nell’economia attuale, c’è una crescente necessità per le aziende di collaborare tra loro. Ovviamente, quando due o più aziende collaborano, si presentano esigenze diverse come conseguenza di desideri, scopi, opinioni e credenze delle parti riunite, per cui conflitti e divergenze sono inevitabili. Troppo spesso, tuttavia, i manager non riescono a capire l’importanza della comprensione e della definizione delle priorità reciproche, applicando le capacità di negoziazione al buon funzionamento delle loro attività e collaborazioni.

Questi criteri si applicano anche, come ci insegna Stefano Beretta, alla negoziazione sindacale, un’area delle relazioni in cui rappresentanti sindacali e responsabili delle risorse umane, spesso, si approcciano in modo completamente opposto.

Avere individui con ottime capacità di negoziazione può contribuire al successo dell’organizzazione perché:

  • Buone capacità di negoziazione aiutano a costruire relazioni essendo l’obiettivo quello di favorire l’avviamento della collaborazione nonostante la differenza di interessi.
  • Buone capacità di negoziazione permettono di giungere a soluzioni di qualità che durano più a lungo, invece che a soluzioni a breve termine che non riescono a soddisfare completamente una delle parti. Questo perché la negoziazione permette di fare concessioni su cose di secondaria importanza ottenendo, dall’altra parte, qualcosa che riveste una priorità maggiore.
  • Buone capacità di negoziazione aiutano anche a evitare conflitti e problemi futuri lasciando entrambe le parti ugualmente soddisfatte senza ostacoli alla comunicazione per il futuro. Migliorando, quindi, la propensione a lavorare di nuovo insieme sul progetto attuale e quelli futuri.

Sostenere una negoziazione sindacale, in effetti, non è molto diverso da una qualsiasi negoziazione di natura commerciale e le due tipologie di negoziazione si distinguono tra loro per il peso che hanno alcuni strumenti di tecnica negoziale.

Come migliorare nella negoziazione sindacale

Anche se spesso non ne siamo consapevoli, durante la nostra giornata trascorriamo un tempo significativo usando le nostre capacità di negoziazione in transazioni formali o interazioni di routine informali. Pertanto, adottare le seguenti misure può aiutarci a migliorare le capacità di negoziazione e raggiungere con successo gli obiettivi:

  • Prepararsi in anticipo. Invece di adottare un approccio standard, è meglio pensare in anticipo all’accordo che si desidera fare e apportare modifiche al proprio approccio in base alla situazione particolare. Ad esempio, può essere importante, prima dell’inizio della negoziazione, effettuare una verifica sugli equilibri di potere all’interno della delegazione sindacale. Questo permetterà di sapere fin da subito chi si deve principalmente convincere affinché la negoziazione vada a buon fine. Si ritiene spesso che la negoziazione sia una competizione sul raggiungimento di un determinato obbiettivo. Pertanto, invece di negoziare per istinto, è sempre meglio capire e concentrarsi sul reale bisogno della parte avversaria al fine di trovare una soluzione reciprocamente soddisfacente.
  • Migliora tutte le altre abilità che completano le capacità di negoziazione. Per avere le capacità di negoziazione ideali, bisogna affinare alcune altre abilità tratte da una vasta gamma di discipline come la strategia, la pianificazione, la comunicazione, la persuasione, il lavoro di squadra e molti altri. Il miglioramento di questi dovrebbe comportare anche un miglioramento delle capacità di negoziazione. Le moderne tecniche negoziali hanno il pregio e l’elasticità di permettere agli attori di sparigliare le carte ed accelerare il negoziato pur mantenendone il controllo.

Programmi di formazione. Le skills necessarie per essere un buon negoziatore vanno apprese ed affinate. Poiché la negoziazione, e soprattutto quella sindacale,  richiede il confronto diretto, la lettura di libri non porta a molti miglioramenti. È necessario impegnarsi in programmi di formazione che consentano di prendere parte a simulazioni come giochi di ruolo e discussioni di feedback per migliorare acquisendo quell’esperienza di base che solo la pratica sul campo può dare.

La ricerca della vita su Marte

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Molto tempo fa in una galassia… beh, non così lontano…

In effetti, nella nostra galassia, la Via Lattea…

E in effetti, nel nostro sistema solare…

Marte era un posto molto diverso.

Oggi il pianeta rosso è noto per il suo… rossore. È diventato un deserto arido e gelido con nient’altro che chilometri di polvere e sabbia soffiati dal vento per tutto il pianeta. Quella poca atmosfera che ha (meno dell’uno percento della pressione atmosferica della Terra) è fatta quasi interamente di anidride carbonica.

L’aria è così sottile su Marte che venti forti come quelli di un uragano non ti scompiglierebbe nemmeno un capello sulla testa (e non dovrebbe succedere perché dovresti indossare una tuta spaziale sulla superficie di Marte).

Ma, per qualche motivo, siamo ossessionati dall’idea di mandare persone su Marte e forse persino dalla costruzione di una colonia.

La verità è che siamo in ritardo di circa 3 miliardi di anni.

Possiamo vedere su Marte le prove del passaggio di acqua liquida: il solco dei fiumi e canyon inariditi scolpiti dall’acqua che scorre. Vediamo sedimenti che possono essersi formati solo sul fondo di un oceano. Le indicazioni di un vasto sistema idrologico sono proprio lì di fronte a noi.

E allora, cos’è successo?

Il problema è che Marte è semplicemente troppo piccolo. Un tempo aveva un nucleo fuso come quello della Terra. E questo nucleo fuso è stato in grado di alimentare un grande campo magnetico intorno al pianeta. Quel campo magnetico, come quello della Terra, deviava le particelle cariche di alta energia che fluiscono costantemente dal sole, qualcosa che chiamiamo vento solare.

Ma a causa delle sue dimensioni ridotte, il nucleo di Marte si è raffreddato molto in fretta. Una volta raffreddato il nucleo, il campo magnetico si è spento. In assenza di campo magnetico, la sua atmosfera è rimasta esposta al vento solare, che la depauperò nel corso di alcune centinaia di milioni di anni.

Con l’atmosfera quasi completamente dispersa nello spazio, la pressione dell’aria è scesa quasi a zero e gli oceani sono evaporati. Il ferro naturalmente abbondante sulla superficie di Marte si arrugginì e il pianeta si trasformò nel deserto rosso senza vita che è oggi.

La vita a quel tempo prosperava sul cugino della Terra? 

Onestamente non lo sappiamo

Certamente, la vita sulla Terra iniziò proprio in quel periodo, quindi che si fosse affermata anche su Marte non è fuori dal regno delle possibilità. Ma è improbabile che quella vita sia sopravvissuta fino ai giorni nostri.

Certo, su Marte c’è del ghiaccio d’acqua, e nemmeno poco, ma la sola acqua liquida disponibile è presente a centinaia di metri di profondità e con concentrazioni altissime di sali che l’ha salvata dalla glaciazione.

Sappiamo che sulla Terra alcuni laghi subglaciali sepolti in profondità sotto il ghiaccio hanno conservato alcune forme di vita e sappiamo che alcuni microbi detti estremofili riescono a sopravvivere in condizioni ambientali davvero estreme, anche simili a quelle di Marte.

Ma davvero, ammesso che Marte abbia mai ospitato organismi estremofili, avrebbero potuto resistere per tre miliardi di anni? 

Le probabilità che Marte ospiti ancora vita in qualche forma, ammesso ne abbia mai avuta, sono così basse da essere quasi trascurabili e la nostra migliore speranza è quella di trovare segni che ci confermino che il Pianeta Rosso una volta la ospitava.

Significherebbe che la vita non è un incidente di percorso, casualmente realizzatosi sulla Terra, ma un fenomeno che, se si è ripetuto almeno due volte nel nostro sistema solare, e potrebbe essersi ripetuto anche su alcune delle lune di Giove e Saturno, potrebbe essere molto comune in qualsiasi punto dell’universo.

Quando e se gli umani finalmente atterreranno su Marte, sarà probabilmente la prima volta che Marte ospiterà la vita in miliardi di anni.

Utilizzate cellule muscolari animali coltivate in laboratorio per creare una bistecca attraverso una stampante 3D sulla ISS

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Più vicina per gli astronauti la possibilità di poter un giorno gustare una bella cena basata su carne arrosto invece dei soliti cibi liofilizzati e poi reidradati. Questo dopo che è andato a buon fine un esperimento effettuato sulla Stazione Spaziale Internazionale in cui si è potuta letteralmente stampare una bistecca con una stampante 3D utilizzando cellule muscolari animali coltivate in laboratorio.  

La bioprinter ha stampato tessuti di carne bovina, di coniglio e di pesce utilizzando campi magnetici in microgravità, ha spiegato la società russa di tecnologia medica coinvolta nell’esperimento.

L’esperimento – una collaborazione internazionale che coinvolge società statunitensi, russe e israeliane – è stato condotto a settembre dal cosmonauta Oleg Skripochka nel segmento russo della stazione usando una stampante 3D sviluppata a Mosca.

I creatori dicono che è stata la prima volta che si è stampata una piccola quantità di carne artificiale in condizioni di microgravità.

È un piccolo bocconcino per l’uomo, un morso gigante per l’umanità“, ha dichiarato Yusef Khesuani della 3D Bioprinting Solutions, il laboratorio russo che ha creato la bioprinter.

Il laboratorio è stato fondato da Invitro, una grande azienda di medicina privata russa. L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha parzialmente finanziato l’esperimento.

È davvero una svolta sia per Roscosmos che per la Russia nel suo insieme“, ha affermato Nikolai Burdeiny, direttore esecutivo della società spaziale statale, che comprende Roscosmos. Per noi è stata la prima esperienza di collaborazione scientifica internazionale nello spazio“, ha dichiarato Khesuani, “utilizzando cellule fornite da aziende alimentari israeliane“.

Grazie a Dio l’esperimento è andato a buon fine… Tutte le cellule si sono assemblate correttamente nello spazio“, ha aggiunto.

Gli astronauti, a bordo della ISS, mangiano carne sottovuoto o essiccata sulla Terra, ma questa tecnologia potrebbe in definitiva essere necessaria per lunghi viaggi nello spazio profondo, ha affermato il cosmonauta veterano Oleg Kononenko.

Se voleremo verso altri pianeti del sistema solare, non potremo portare quel volume di cibo con noi“, ha detto. In ogni caso dovremo crescere e produrre cibo a bordo dell’astronave“.

Per produrre maggiori quantità di carne nel segmento russo della ISS saranno necessarie attrezzature più complesse rispetto all’attuale stampante, ha affermato Khesuani.

“A quel punto, potremo creare non solo piccoli bocconcini di carne ma anche grandi pezzi, fatti con una grande massa di cellule. Sarà necessario continuare questi esperimenti”.

Altre agenzie spaziali stanno conducendo esperimenti in questa e aree simili; Una stampante 3D americana lanciata sulla stazione spaziale a luglio ha prodotto tessuti umani e sta venendo utilizzata anche dall’ESA per esperimenti in ambito sanitario.

Il misterioso incontro di Cisco Grove

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Il 4 settembre 1964, il 28enne Donald Shrum ed i suoi amici erano a caccia armati di arco e frecce a Cisco Grove, Placer County, California. Di lì a poco, il cacciatore avrebbe avuto un incontro molto particolare.

Durante il pomeriggio di caccia, Shrum era rimasto separato dai suoi amici e troppo lontano dal loro campo base, quindi, con l’avvicinarsi del crepuscolo, per proteggersi decise di dormire tutta la notte su un albero.

Poco dopo essersi sistemato su un robusto ramo, la sua attenzione fu attratta dalla vista di una luce bianca che zigzagava tra gli alberi. Inizialmente pensò che la luce fosse un qualche tipo di elicottero, quindi Shrum saltò giù dalla sicurezza dell’albero e iniziò ad accendere razzi di segnalazione per attirare l’attenzione su di sé. Pensava che i suoi amici avessero lanciato una squadra di salvataggio per localizzare un loro compagno scomparso.

Alla fine la luce bianca si diresse nella sua direzione fermandosi a una cinquantina di metri dall’albero.

Shrum capì quasi subito che quello che vedeva non era un elicottero, ma un oggetto dall’aspetto particolare, diverso da qualsiasi cosa avesse visto prima. Ormai spaventato, risalì sull’albero. Di li a poco vide tre esseri avvicinarsi all’albero: due degli esseri sembravano umanoidi ma il terzo sembrava un robot.

Lo shock si trasformò in breve in panico quando i tre iniziarono a scuotere l’albero nel tentativo di farlo cadere. Il robot soffiò verso di lui una sorta di vapore bianco che lo rese incosciente. Quando si riebbe, aveva la nausea, ma iniziò a lanciare fiammiferi accesi verso gli esseri, il che li fece allontanare momentaneamente dall’albero.

Ma l’assalto era appena iniziato. Shrum riuscì a caricare e scoccare una freccia contro gli strani esseri, colpendo il robot. Il colpo diretto fece scoccare una scintilla, indicando che la freccia aveva colpito una superficie metallica. Riuscì a scoccare altre due frecce contro gli esseri, causando ogni volta la dispersione del gruppo.

Poco dopo, un secondo robot si unì al gruppo e di nuovo Shrum fu reso incosciente dalle emissioni del mefitico vapore bianco proveniente dalla bocca dell’entità. Quando si svegliò nuovamente, i due esseri umanoidi stavano arrampicandosi sull’albero e Shrum cercò di contrastare la loro salita lanciando diversi oggetti presi dal suo zaino e scuotendo a sua volta l’albero.

Questo scenario andò avanti per gran parte della notte.
All’alba, arrivarono altri esseri, e questa volta un grande volume di fumo lo fece svenire del tutto.

Quando si svegliò, era appeso all’albero solamente per la cintura. Gli alieni erano finalmente scomparsi. Shrum fu salvato e riunito agli altri cacciatori. A conferma di almeno una parte della sua storia, anche uno degli altri uomini, persosi a sua volta, aveva visto l’UFO.

Che cosa erano esattamente queste creature simili a umanoidi che Shrum incontrò quella notte spaventosa in California? Non lo sappiamo, e non lo sapremo mai.

Quello che colpisce una persona razionale è il comportamento dei presunti alieni che giungono sul nostro pianeta per fare chissà cosa a un impavido cacciatore, cercando in modo goffo di neutralizzarlo e forse rapirlo.

Verità o fantasia?

O, semplicemente, uno scherzo perpetrato al cacciatore dai suoi amici? Possibile.

Non abbiamo molto se non una buffa storia che per alcuni ufologi potrebbe essere tanto più vera tanto più la storia presenta stranezze. Molti accetteranno sicuramente il racconto credendo alla buona fede del protagonista, ma spesso dimenticano che gli uomini mentono e mentono tanto più spesso, tanto più sono singolari le storie che raccontano e, in campo ufologico, di bugie ne abbiamo sentite a non finire.

Fonte: https://www.phantomsandmonsters.com

Osservata la “superconduttività di Lazzaro” nella ditelluride di uranio. Potrebbe essere fondamentale per i computer quantistici.

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I ricercatori dell’Università del Maryland, del National Institute of Standards and Technology (NIST), del National High Magnetic Field Laboratory (NHMFL) e dell’Università di Oxford hanno osservato un raro fenomeno chiamato superconduttività rientrante nel ditelluride di uranio. La scoperta promuove la ditelluride di uranio come materiale promettente per l’uso nei computer quantistici.

Soprannominato “superconduttività di Lazzaro” dal personaggio biblico risorto dalla morte, il fenomeno si verifica quando sorge uno stato superconduttore si rompe, riemergendo poi in un materiale a causa di una modifica di un parametro specifico, in questo caso l’applicazione di un campo magnetico molto forte. I ricercatori hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Nature Physics.

Respinta in passato dai fisici per la sua apparente mancanza di interessanti proprietà fisiche, la ditelluride di uranio sta vivendo il suo momento Lazzaro. L’attuale studio è il secondo in altrettanti mesi (entrambi pubblicati da membri dello stesso gruppo di ricerca) che dimostrano stati di superconduttività insoliti e sorprendenti in questo materiale.

Questo è un superconduttore scoperto di recente con una serie di altri comportamenti non convenzionali, quindi è già strano“, ha detto Nicholas Butch, assistente professore associato di fisica all’UMD e fisico presso il Centro NIST per la ricerca sui neutroni. “[La superconduttività di Lazzaro] ha quasi sicuramente qualcosa a che fare con la novità del materiale. C’è qualcosa di diverso in corso lì dentro“.

La ricerca precedente, pubblicata sulla rivista Science, descriveva il raro ed esotico stato fondamentale noto come superconduttività di spin-triplet nella ditelluride dell’uranio. La scoperta ha fatto pensare ai ricercatori che la ditelluride di uranio meritasse una seconda occhiata a causa delle sue insolite proprietà fisiche e del suo elevato potenziale di utilizzo nei computer quantistici.

Questo è davvero un materiale straordinario e ci tiene molto impegnati“, ha dichiarato Johnpierre Paglione, professore di fisica all’UMD, direttore del Centro per la nanofisica e i materiali avanzati (CNAM; presto verrà ribattezzato Quantum Materials Center) e uno dei coautori del documento. “La ditelluride di uranio potrebbe benissimo diventare il superconduttore di spin-triplet da manuale che cerchiamo da decine di anni e probabilmente ha in serbo altre sorprese. Potrebbe essere il prossimo stronzio ruthenate, un altro superconduttore di spin-triplet proposto che è stato studiato per più di 25 anni“.

La superconduttività è uno stato in cui gli elettroni viaggiano attraverso un materiale con efficienza perfetta. Il rame – che è secondo solo all’argento in termini di capacità di condurre elettroni – perde circa il 20% di potenza sulle linee di trasmissione a lunga distanza, mentre gli elettroni si urtano all’interno del materiale durante il viaggio.

La superconduttività di Lazzaro è particolarmente strana, perché i forti campi magnetici di solito distruggono lo stato superconduttore nella stragrande maggioranza dei materiali. Nella ditelluride dell’uranio, tuttavia, un forte campo magnetico accoppiato a specifiche condizioni sperimentali ha provocato la superconduttività di Lazzaro non solo una volta, ma due volte.

Per Butch, Paglione e il loro team, la scoperta di questa rara forma di superconduttività nella ditelluride di uranio è stata fortuita; l’autore principale dello studio, il ricercatore associato del CNAM Sheng Ran, ha sintetizzato accidentalmente il cristallo mentre tentava di produrre un altro composto a base di uranio. Il team ha deciso di provare comunque alcuni esperimenti, anche se le precedenti ricerche sul composto non avevano prodotto nulla di insolito.

La curiosità della squadra è stata premiata più volte. Nel precedente articolo su Science, i ricercatori hanno riferito che la superconduttività della ditelluride di uranio comporta insolite configurazioni di elettroni chiamate triplette di spin, in cui le coppie di elettroni sono allineate nella stessa direzione. Nella stragrande maggioranza dei superconduttori, gli orientamenti – chiamati spin – degli elettroni accoppiati puntano in direzioni opposte. Queste coppie sono (in qualche modo controintuitivamente) chiamate singoletti. I campi magnetici possono interrompere facilmente gli accoppiamenti, uccidendo la superconduttività.

I superconduttori a triplo spin, tuttavia, possono resistere a campi magnetici molto più elevati. I primi risultati del team li hanno portati a NHMFL, dove una combinazione unica di magneti ad altissimo campo, strumentazione capace e competenza dei residenti ha permesso ai ricercatori di spingere ulteriormente la ditelluride dell’uranio.

In laboratorio, il team ha testato la ditelluride di uranio in alcuni dei più alti campi magnetici disponibili. Esponendo il materiale a campi magnetici fino a 65 tesla – oltre 30 volte la forza di un tipico magnete per risonanza magnetica – il team ha tentato di trovare il limite superiore al quale i campi magnetici bloccavano la superconduttività del materiale. Butch e il suo team hanno anche sperimentato l’orientamento del cristallo di ditelluride di uranio a diversi angoli in relazione alla direzione del campo magnetico.

A circa 16 tesla, lo stato superconduttore del materiale è cambiato bruscamente. Mentre è morto nella maggior parte degli esperimenti, ha persistito quando il cristallo è stato allineato con un angolo molto specifico in relazione al campo magnetico. Questo comportamento insolito è continuato fino a circa 35 tesla, a quel punto tutta la superconduttività è svanita e gli elettroni cambiato il loro allineamento, entrando in una nuova fase magnetica.

Mentre i ricercatori aumentavano il campo magnetico e continuavano a sperimentare gli angoli, hanno scoperto che un diverso orientamento del cristallo produceva una nuova fase superconduttiva che è persistita fino ad almeno 65 tesla, la massima intensità di campo testata dal team. È stata una prestazione da record per un superconduttore e ha segnato la prima volta che sono state trovate due fasi di superconduttori indotte sul campo nello stesso composto.

Butch ha affermato che le prove indicano un fenomeno fondamentalmente diverso da qualsiasi cosa gli scienziati abbiano visto fino ad oggi.

Sto per uscire con un articolo in cui spiego che questo è probabilmente diverso – quantomicamente meccanicamente diverso – dagli altri superconduttori che conosciamo“, ha detto Butch. “Penso che ci vorrà del tempo per capire cosa sta succedendo“.

Oltre alla sua fisica che sfida le convenzioni, la ditelluride di uranio mostra tutti i segni di essere un superconduttore topologico, come lo sono altri superconduttori a tripla spin, ha aggiunto Butch. Le sue proprietà topologiche suggeriscono che potrebbe essere un componente particolarmente preciso e robusto nei computer quantistici del futuro.

La scoperta della superconduttività di Lazzaro in campi magnetici da record è una delle scoperte più importanti che emergono da questo laboratorio nei suoi 25 anni di storia“, ha dichiarato il direttore della NHMFL Greg Boebinger. “Non sarei sorpreso se svelare i misteri della ditelluride dell’uranio porti a manifestazioni ancora più strane di superconduttività in futuro“.

Fonte: Phys.org

La bufala degli alberi fossili su Marte (video)

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Marte oggi è un deserto arido e freddo con un’atmosfera così tenue che l’acqua liquida non può resistere in superficie.

In un lontano passato, però, Marte era diverso, forse più simile alla Terra. In un’animazione realizzata dai tecnici del NASA’s del Conceptual Image Lab, è stato ricostruito un ipotetico e lontano passato marziano in cui l’atmosfera del neonato pianeta era ancora sufficientemente spessa e calda, tanto da supportare la presenza di acqua liquida.

Quattro miliardi di anni fa i canyon presenti su Marte avrebbero forse potuto ospitare ampie distese di acqua, ingrediente essenziale per la vita.

Forti di questi argomenti, i cacciatori di alieni affermano di aver trovato prove del fatto che il pianeta Rosso potrebbe essere stato un tempo rigoglioso e verde affermando di aver individuato “i resti pietrificati di un albero marziano“.

La scoperta sarebbe avvenuta analizzando un’immagine scattata dalla fotocamera montata a bordo del rover Curiosity che conterrebbe un vero e proprio ceppo di un antico albero alto circa un metro.

La scoperta è stata pubblicata per la prima volta su youtube da Paranormal Crucible mostrando le foto della NASA. “Questo oggetto sembra decisamente fuori posto e secondo me potrebbero essere i resti pietrificati di un albero marziano“, afferma lo youtuber nella descrizione del video.

L’oggetto ha un’altezza di circa un metro e con le numerose scoperte sulla vita di piante e animali su Marte (eh?), sarebbe logico supporre che esistesse o esistesse una varietà di alberi su questo enigmatico pianeta“.

La NASA ha spiegato che l’immagine è stata ripresa dal Mastcam a bordo del rover Curiosity in Sol 1647 a marzo del 2017.

L’immagine potrebbe raffigurare una delle tante rocce che costellano il panorama marziano ma per i teorici della cospirazione l’interpretazione è un’altra: la roccia potrebbe essere ciò che resta di un albero fossilizzato e questo proverebbe che su Marte in passato esisteva la vita.

L’ineffabile Scott Waring ha colto, come sempre, la palla al balzo condividendo la scoperta di Paranormal Crucible su UFO Sightings Daily definendo buona l’ipotesi che sfrutta quanto la NASA ha scoperto su Marte, cioè la sua antica similitudine con la Terra.

Basta questo per affermare che Marte un tempo ospitava la vita?

No, anche se sappiamo che su Marte un tempo l’acqua era abbondante, questo presunto ritrovamento potrebbe essere spiegato dal fenomeno noto come Pareidolia, che ci fa vedere oggetti comuni che in realtà non esistono, se non nella nostra mente.

I cospirazionisti però non si arrendono mai e nonostante le presunte reticenze dell’agenzia spaziale americana, che secondo tanti negherebbe e occulterebbe molte verità, hanno continuato a cercare l’acqua su Marte che spiegherebbe la presenza di alberi e quindi di vita.

Studiano le immagini riprese dal Mars Global Surveyor della NASA, Will Farrar, che gestisce il canale  Youtube WhatsUpln The Sky 37, ha affermato di ritenere possibile la presenza di acqua capace di sostenere la vita aliena e, a sostegno della sua ipotesi, ha pubblicato un video dove presenta alcune immagini dove, a suo dire, sono ripresi ben due laghi adiacenti.

Nella descrizione del video Will afferma: “Ora abbiamo cinque o sei ottimi scatti dall’aria che sembrano mostrare laghi d’acqua ghiacciata o calda sulla superficie marziana. Questo non è mai stato affrontato dalla NASA poiché stiamo ancora cercando minuscole tracce di vita e acqua. Ti chiedo di usare il tuo giudizio su questo. A cosa assomiglia questo secondo te?”

Farrar non sembra essere il solo a pensare che il filmato mostri laghi e alberi – molte persone hanno commentato il video concordando con lui.

Il video è stato anche promosso sul blog Ufosightingsdaily.com.

Avvertendo, l’editore del blog ha scritto: “È ‘strabiliante, ma ci sono laghi su Marte e ora abbiamo prove del governo per confermarlo. Questa è una prova del 100% dell’esistenza di laghi e fiumi su Marte, il che significa che vi debbano essere anche pesci i altre creature acquatiche. L’acqua è la fonte principale per l’esistenza degli animali, quindi potrebbe anche essere una prova dell’esistenza di forme di vita più piccole“.

Tuttavia, nonostante le strabilianti rivelazioni dei sedicenti esperti fai da te, la NASA ha affermato che non ha ancora trovato prove sufficienti per stabilire se esiste acqua liquida in abbondanza sulla superficie di Marte.

L’unica certezza, al momento, è che a causa delle condizioni ambientali presenti in superficie, Marte probabilmente ha acqua liquida solo in profondità, come hanno scoperto nel 2018 alcuni ricercatori italiani grazie a un radar che si chiama Marsis che dal 2003 orbita attorno al pianeta rosso a bordo della sonda Mars Espress dell’Agenzia Spaziale Europea.

Quest’acqua si trova a un chilometro e mezzo di profondità e forma un lago di una ventina di chilometri di diametro con una temperatura di dieci gradi sotto lo zero. La pressione e i sali disciolti in esso dovrebbero consentire al lago di rimanere nella sua forma liquida nonostante la temperatura, un po’ come accade sulla Terra nei laghi subglaciali esistenti in Groenlandia e in Antartide.

Per quanto riguarda l’acqua liquida su Marte, nessuno ne ha mai vista, se non nelle visioni oniriche di questi appassionati “esperti” autodidatti. Gli unici sospetti di acqua liquida avvistati in superficie sono relativi ad alcune tracce cure di presunta umidità avvistate in alcune regioni del pianeta rosso durante la primavera e l’estate marziana.

Fosse pure acqua liquida, questi rigagnoli che si fanno strada per alcuni metri nella sabbia durano pochi secondi prima di venire riassorbiti dal terreno asciutto o di sublimare per l’assenza di sufficiente pressione atmosferica.

Un’immane esplosione al centro della nostra galassia

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Il centro della nostra galassia, la Via Lattea, rispetto ai centri delle altre galassie che conosciamo, è un luogo relativamente calmo, ma ora abbiamo scoperto che non è sempre stato così. In effetti, solo 3,5 milioni di anni fa qualcosa produsse un colossale scoppio di energia, espellendo getti di gas della lunghezza di oltre 200.000 anni luce sopra e sotto il piano galattico.

Le onde d’urto di questa colossale esplosione, chiamata bagliore di Seyfert, possono essere osservate oggi nel Flusso di Magellano, una corrente di gas ad alta velocità che si estende dalle Grandi e Piccole Nuvole di Magellano, fino a 200.000 anni luce dalla Via Lattea.

Si tratta di qualcopsa di così potente che gli astronomi ritengono che potrebbe provenire solo da Sagittarius A *, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Poiché le prime osservazioni del  di Seyfert sono state pubblicate nel 2013 , hanno chiamato l’evento BH2013.

ezgif 4 a74e070be2df web(James Josephides / ASTRO 3D)

Nel 2013 l’astrofisico Joss Bland-Hawthorn dell’Università di Sydney e l’International Center for Radio Astronomy Research (ICRAR) stimarono che l’evento deve essersi verificato tra 1 e 3 milioni di anni fa.

Ora, altre osservazioni fatte usando il telescopio spaziale Hubble – e quindi con un set di dati più grande – hanno fornito prove ancora più convincenti per l’evento. E il team è stato in grado di restringere i tempi sia per l’evento che per la sua durata.

Questi risultati cambiano radicalmente la nostra comprensione della Via Lattea“, ha detto l’astronoma Magda Guglielmo dell’Università di Sydney. “Abbiamo sempre pensato alla nostra Galassia come a una galassia inattiva, con un centro non così brillante. Questi nuovi risultati, invece, aprono a nuove interpretazioni sulla evoluzione e la natura della via Lattea”.

Ci sono diversi indizi che hanno contribuito a mettere insieme l’immagine. Le più chiare sono le enormi “bolle di Fermi“, dei fasci di radiazioni gamma e X, che si estendono sopra e sotto il piano galattico, rilevate dai satelliti Fermi e ROSAT. Queste bolle si estendono, in totale, per circa 50.000 anni luce, 25.000 sopra e 25.000 sotto il piano galattico.

Nel 2013, gli astronomi riportarono la scoperta di una emissione idrogeno-alfa lungo una sezione del torrente Magellanico direttamente in linea con la bolla. La causa più probabile di questa cosa, spiegarono, fu uno scoppio di energia ionizzante avvenuto al centro della Via Lattea.

Ciò che Hubble ha individuato è un altro pezzo di quel puzzle. Alcuni rapporti di assorbimento nelle lunghezze d’onda dei raggi ultravioletti rivelano che alcune delle nuvole nel torrente sono altamente ionizzate e da una fonte molto energetica.

Mostriamo come queste sono nuvole catturate in un fascio di coni di ionizzazione bipolari e radiativi da un nucleo di Seyfert associato a Sgr A *“, hanno scritto i ricercatori nel loro articolo.

Fondamentalmente, i due coni in espansione, partendo da una piccola regione vicino al centro galattico e espandendosi verso l’esterno sopra e sotto il piano galattico, hanno trasmesso le radiazioni ionizzanti molto lontano nello spazio, ionizzando il gas nel torrente di Magellano, fino a distanze di centinaia di migliaia di anni luce.

Il bagliore prodotto dall’esplosione deve essere stato un po’ come il raggio di un faro“, ha spiegato Bland-Biancospino. “Immaginiamo l’oscurità, e poi, all’improvviso, qualcuno accende un faro luminosissimo per un breve periodo di tempo“.

Cono ionizzato SgrA 800Un diagramma schematico del campo di radiazione ionizzante sull’emisfero galattico meridionale, interrotto dal bagliore. (Bland-Hawthorne, et al ./ASTRO 3D)

Solo i getti relativistici espulsi dall’orizzonte degli eventi di un buco nero che si nutre attivamente potrebbero essere abbastanza potenti da produrre quell’effetto, hanno detto i ricercatori.

Il bagliore avvenne circa 3,5 milioni di anni fa e durò per circa 300.000 anni. Su scala cosmica si può considerare un’esplosione piuttosto breve.

All’epoca, la Terra era in pieno Pliocene, il periodo in cui emerse la maggior parte delle specie moderne.

Per tutto il periodo successivo sembra che Sgr A * sia stato relativamente tranquillo ma  recenti osservazioni mostrano che potrebbe stare per iniziare una fase più movimentata.

Si tratta di un evento drammatico accaduto qualche milione di anni fa nella storia della Via Lattea“, ha dichiarato l’astronoma Lisa Kewley della Australian National University e l’ARC Center of Excellence for All Sky Astrophysics in 3D.

Un’enorme esplosione di energia e radiazioni è emersa proprio dal centro galattico e nel materiale circostante. Ciò dimostra che il centro della Via Lattea è un luogo molto più dinamico di quanto pensassimo“.

La nostra distanza di 26.000 anni luce dal centro galattico significa che probabilmente siamo al sicuro da qualsiasi getto di energia che può inviare Sgr A *, dopo tutto, sembra che siamo usciti incolumi da BH2013. Se siamo fortunati, però, in futuro potremmo poter vedere uno spettacolo di luci generato dal buco nero supermassiccio che si trova al centro della via Lattea.

La ricerca è stata accettata su The Astrophysical Journal.

Prima della nostra, nessuna civiltà tecnologicamente avanzata ha abitato la Terra

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di Michael Shermer per Scientific American

Graham Hancock è un audace archeologo autodidatta, apparentemente convinto che molto prima dell’antica Mesopotamia, di Babilonia e dell’Egitto sia esistita una civiltà avanzata e gloriosa.

Una civiltà che fu completamente spazzata via circa 12.000 anni fa da una cometa che precipitò sulla Terra provocando una catastrofe così totale da eliminare quasi tutte le prove dell’esistenza di quella civiltà, lasciando solo alcune labilissime tracce della sua esistenza, tra le quali, sostiene Hancock, un avvertimento criptico secondo il quale la stessa catastrofe celeste potrebbe accadere anche a noi.

Queste informazioni sono contenute in un libro dal titolo “I maghi degli Dei” (Thomas Dunne Books, 2015).

Ma cosa c’è di vero in tutto questo? In verità ce n’è abbastanza da essere scettici.

Il primo rilievo che possiamo fare è che, non importa quanto possa essere devastante l’impatto di un oggetto dallo spazio, per quanto massiccio ma, anche guardando ai segni che sta lasciando sul pianeta la nostra tecnologia, davvero dovremmo credere che, dopo secoli di fiorente sviluppo, ogni strumento, coccio, capo di abbigliamento, e, visto che parliamo di una civiltà avanzata, ogni documento scritto, la metallurgia e le altre tecnologie, per non parlare della spazzatura, possa essere stato completamente cancellato?

Inconcepibile.

Punto secondo, l’ipotesi dell’impatto di Hancock deriva da alcuni scienziati che per primi la proposero, nel 2007, come una spiegazione dell’estinzione della megafauna del Nord America, avvenuta intorno a quel periodo. L’ipotesi, però, è stata ampiamente discussa dagli scienziati ed è stata, alla fine, bocciata.

Oltre alla mancanza di crateri da impatto risalenti a quel periodo in qualsiasi parte del mondo, le datazioni al radiocarbonio dello strato di carbonio, fuliggine, carbone, diamanti nani, microsferule e iridio, variano ampiamente prima e dopo l’estinzione della megafauna, ovunque, da 14.000 a 10.000 anni fa.

Inoltre, anche se fosse vero, 37 specie di mammiferi si estinsero in Nord America (mentre la maggior parte delle altre specie sopravvissero e fiorirono), proprio mentre altre 52 specie si estinguevano in America del Sud.

Il fatto è che queste estinzioni sono concomitanti con l’arrivo degli esseri umani in quelle terre e l’ipotesi più ampiamente accreditata dai ricercatori è sicuramente quella che le estinzioni furono dovute alla caccia spietata fatta dalle popolazioni umane in espansione.

Inoltre, la teoria di Hancock è avvalorata solo dall’ignoranza. In sostanza, la sua equazione è che se gli scienziati non possono spiegare una cosa allora la sua teoria è valida, anche senza alcun riscontro. Questo è il tipo di ragionamento da “Dio delle lacune” che utilizzano i creazionisti, l’unica differenza, nel caso di Hancock sta nel fatto che gli dei sono i “maghi” che ci avrebbero portato la civiltà.

Il problema qui è duplice: (1) gli scienziati hanno buone spiegazioni dei misteri proposti da Hancock (ad esempio, le piramidi e la Grande Sfinge), anche se non sono in totale accordo e (2) in ultima analisi, una teoria deve poggiare su prove positive a favore, non solo su prove negative contro le teorie accettate.

Una delle prove di Hancock sarebbe il Gobekli Tepe in Turchia, una struttura megalitica a forma di T, formata da pilastri di pietre di peso variabile tra le sette e le dieci tonnellate, tagliate e trainate da cave di calcare e datati a circa 11.000 anni fa, quando gli esseri umani vivevano come cacciatori-raccoglitori, senza avere, presumibilmente, il know-how, le competenze e le modalità lavorative per realizzarle. Ergo, conclude Hancockper lo meno vorrebbe dire che alcune persone, ancora sconosciute e non identificate, in qualche parte del mondo, avevano già imparato tutte le arti e gli attributi di una civiltà avanzata più di dodici mila anni fa, nel pieno dell’ultima era glaciale, e avevano inviato emissari in tutto il mondo per diffondere i benefici della loro conoscenza“. Questo suona molto romantico, ma è fanatismo di bassa lega.

gobekli

Chi può dire che cosa fossero o non fossero in grado di fare i cacciatori-raccoglitori dell’epoca?

Inoltre, Göbekli Tepe era un luogo di culto cerimoniale, non è una città e non ci sono prove che qualcuno abbia vissuto lì. Inoltre, non ci sono ossa di animali addomesticati, resti di strumenti di metallo o di iscrizioni e nemmeno ceramica, tutti prodotti che le civiltà successive hanno lasciato in abbondanza.

Per finire, Hancock ha trascorso decenni cercando di trovare tracce dei saggi che ci hanno portato la civiltà. Eppure, decenni di ricerche non sono riusciti a produrre prove sufficienti a convincere gli archeologi che la timeline della storia umana abbia bisogno di una revisione importante. Lui lamenta che la scienza ufficiale sia bloccata in un modello uniformato, basato su cambiamenti lenti e graduali e quindi non può accettare una spiegazione alternativa basata su un cataclisma.

Bene, anche questo non è vero. L’origine dell’universo (big bang), l’origine della Luna (grande collisione), l’origine dei crateri lunari (impatti meteoritici), la scomparsa dei dinosauri (impatto di un asteroide con la Terra), e le numerose cadute improvvise di civiltà documentate da Jared Diamond nel suo libro del 2005 “Collapse”, dimostrano che il catastrofismo è vivo e vegeto anche nella scienza ufficiale.

I veri maghi sono gli scienziati che hanno lavorato per scoprire tutto questo.

Da Scientific American giugno 2017

Vita su Marte, presto avremo una risposta, forse, definitiva

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È facile perdere di vista un fatto sorprendente: dal 2012, l’umanità ha guidato una science-mobile a propulsione nucleare delle dimensioni di un SUV su un altro pianeta.

Questa meraviglia ingegneristica, il rover Marzianodella NASA Curiosity, ha rivoluzionato la nostra comprensione del pianeta rosso. Ora sappiamo che l’antico Marte aveva composti a base di carbonio chiamati molecole organiche, materie prime chiave per la vita come la conosciamo.

Un nuovo studio pubblicato su Science presenta le prime prove conclusive della presenza di grandi molecole organiche sulla superficie di Marte, una ricerca iniziata con i lander Viking della NASA negli anni ’70. Test precedenti potrebbero aver suggerito la presenza di sostanze organiche, ma la presenza di cloro nel terriccio marziano ha complicato quelle interpretazioni.

Quando lavori con qualcosa di folle come un rover su Marte, con lo strumento più complesso mai inviato nello spazio, sembra che stiamo facendo ciò che potrebbe essere stato percepito prima come impossibile“, afferma l’autore principale Jennifer Eigenbrode, biogeochimico del Goddard. “Lavoro con un fantastico gruppo di persone con le quali abbiamo abbiamo scoperto molto su Marte”.

Gli ultimi dati di Curiosity rivelano che il lago d’acqua che un tempo riempiva il cratere Gale, su Marte, conteneva molecole organiche complesse circa 3,5 miliardi di anni fa. Le loro tracce sono ancora conservate nelle rocce sulfuree appuntite derivate dai sedimenti lacustri. Lo zolfo può aver contribuito a proteggere i prodotti organici anche quando le rocce sono state esposte in superficie a radiazioni e sostanze simili alla candeggina chiamate perclorati.
Di per sé, i nuovi risultati non sono la prova che su Marte anticamente vi era vita; anche reazioni chimiche inorganiche avrebbero potuto produrre molecole identiche. Come minimo, però, lo studio dimostra come eventuali tracce di antiche forme di vita marziane, anche microbiche, potrebbero avere resistito agli eoni e suggerisce dove i futuri rover potrebbero cercarle.

Questa è una scoperta importante“, afferma Samuel Kounaves, chimico della Tufts University ed ex scienziato capo della missione Phoenix della NASA. “Ci sono luoghi, in particolare il sottosuolo, dove le molecole organiche sono ben conservate“.

Stagione del metano

Oltre al carbonio antico, Curiosity ha catturato gli odori delle sostanze organiche che esistono su Marte oggi. Il rover ha periodicamente annusato l’atmosfera di Marte da quando è atterrato e, alla fine del 2014, i ricercatori che utilizzano questi dati hanno mostrato che il metano, la molecola organica più semplice, è presente nell’atmosfera di Marte.

La presenza del metano su Marte è sconcertante, perché sopravvive solo poche centinaia di anni, il che significa che, in qualche modo, qualcosa sul pianeta rosso continua a produrlo. “È un gas presente nell’atmosfera di Marte che in realtà non dovrebbe essere lì“, afferma Chris Webster, scienziato del Jet Propulsion Lab.

Inoltre, si è osservato che il metano di Marte ha un comportamento quantomeno bizzarro. Nel 2009, i ricercatori riferirono che su Marte vengono rilasciate inspiegabilmente migliaia tonnellate di metano in atmosfera .

Ma cosa sta producendo il metano? Nessuno sa.

Non sappiamo davvero se questo metano che vediamo oggi sia un prodotto attuale della serpentinizzazione [una reazione chimica tra rocce ferrose e acqua liquida] o del prodotto dell’attività metabolica di microrganismi in profondità“, afferma Michael Mumma, scienziato del Goddard che ha scoperto le emissioni di metano di Marte. “O è qualcosa di immagazzinato da un tempo antico che viene rilasciato lentamente?

Sto ancora cercando la vita

Gli esperti hanno salutato i due nuovi studi come pietre miliari per l’astrobiologia.

È incredibilmente eccitante, perché dimostra che Marte è un pianeta attivo ancora oggi“, afferma il planetologo del Caltech Bethany Ehlmann, un esperto di Marte che non era coinvolto negli studi. “Non è freddo e morto, forse è sospeso proprio al limite dell’abitabilità“.

Webster e altri sottolineano che questi studi non sono prove della presenza di vita su Marte: “Le osservazioni che vediamo non escludono la possibilità di attività biologica, [ma] non abbiamo ancora una pistola fumante per questo“.

Rocce che fiancheggiano un antico canale dove un tempo fluiva su Marte. – FOTOGRAFIA DELLA NASA

Le missioni future aiuteranno. Il rover ExoMars 2020 dell’Agenzia spaziale europea, prevista per l’atterraggio nel 2020, sarà in grado di perforare più di un metro e mezzo nel terreno incontaminato di Marte ed esaminare campioni con la sua suite di strumenti di bordo. E il rover Mars 2020 della NASA, tra le altre cose, preparerà in appositi contenitori con campioni di terreno che una futura missione raccoglierà e riporterà sulla Terra.

Già ora, la missione ExoMars, con il Trace Gas Orbiter sta raccogliendo dati che consentiranno agli scienziati di mappare il metano di Marte e forse persino di individuarne le fonti.

Il primo UFO nello spazio

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Chi non conosce Scott C. Waring?

Il noto cacciatore di UFO alcuni anni fa ha trovato una presenza anomala in una foto vecchia di 55 anni. La foto, della NASA, era stata scattata da una capsula spaziale senza pilota del Mercury Project nei primi giorni del programma spaziale degli Stati Uniti.

La strana scoperta, o meglio, una delle tante “strane scoperte“, fatta da Waring ha riaperto il lungo dibattito sulla presenza degli alieni sul nostro pianeta. Waring si chiede se gli extraterrestri ci osservano e ci studiano tenendoci sotto controllo fin dalle prime missioni spaziali che gli esseri umani hanno fatto.

Il progetto Mercury durato cinque anni a partire dal 1958 è terminato nel 1963, è stato il progetto spaziale che ha fatto partire la prima missione Americana che ha portato uomini nello spazio.

A far parte del progetto sei voli spaziali con equipaggio, tra di essi la missione del febbraio 1962 in cui John Glenn divenne il primo americano in orbita attorno alla Terra e la missione del maggio 1961 che lanciò Alan Shepherd nello spazio, rendendolo il primo americano a volare nello spazio.

Scott C. Waring racconta nel suo blog, nel 2015, di come è venuto in possesso della foto che inquadrerebbe uno dei primi oggetti alieni fotografati nello spazio: “Ho trovato in un disco alcune foto della missione Mercury. La missione ebbe luogo nel dicembre del 1960, e perché gli alieni non sarebbero interessati a guardare un momento storico della storia umana?

Soprattutto quando la capsula era senza pilota, non dovevano avere la preoccupazione di essere visti. Nell’immagine si vede la Terra in background e l’UFO è nello spazio che sta osservando la capsula Mercury“, ha continuato Waring. “Il disco è difficile da distinguere nella prima foto, ma tre foto dopo è facile da vedere. Sembra un disco classico con un cuneo tagliato fuori. Stiamo vivendo in un’era notevole, quando alcune verità profonde sulla l’universo è alla portata dello spirito umano“.

La foto, risalente al 1955, è una delle tante “prove“ che i ricercatori UFO hanno dichiarato di aver raccolto per dimostrare che veicoli spaziali alieni volano indisturbati nello spazio aereo terrestre. Queste presunti veicoli sarebbero ben visibili nelle prime foto eseguite dai veicoli orbitali della NASA fin dalle missioni pre Apollo. Waring, in collaborazione con un altro ricercatore affermano anche di aver trovato due oggetti anomali in una foto realizzata durante una missione Gemini del 1966.

La foto è una prova?

L’esistenza degli alieni non può essere provata da una fotografia, questo tipo di prove sono valide solo per gli appassionati di UFO, e la comunità scientifica non è certamente d’accordo sull’accettare conclusioni simili, serve ben altro.

Cosa ha immortalato la Mercury Redstone 1A?

La foto che ritrae l’oggetto non è l’unica, nell’archivio esistono ben 420 foto appartenenti alla collezione ASU, e sono presenti più foto che catturano l’oggetto sconosciuto. Teniamo a mente un particolare, nel 1960 non c’era molto nello spazio.

disco colente segue capsula gemini nel 1955?

Foto # MR-1A-9186-266 – Questa sembra essere la prima foto dell’oggetto che compare nel lato inferiore sinistro della cornice.

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Foto # MR-1A-9186-267 – questa foto seguente non mostra nulla di anomalo ed è stata inclusa per la ricerca.

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Foto # MR-1A-9186-268 – Qui, l’oggetto appare in alto a sinistra, sembra che l’oggetto stia volando verso la navicella spaziale Mercury-Redstone.

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Foto # MR-1A-9186-269 – Ecco la cornice più importante e più chiara. L’oggetto ora appare di nuovo verso il lato inferiore sinistro della cornice.

La foto è stata analizzata dal sito The Black Vault che ha escluso che l’oggetto sia un riflesso perché l’oggetto compare in alcune foto mentre è assente in altre o in diversa posizione a differenza dell’orologio presente nelle foto che compare sempre nella medesima posizione nonostante il movimento del veicolo spaziale.

Una possibile spiegazione

L’oggetto ripreso in alcune foto potrebbe essere il razzo redstone inquadrato dopo la rotazione di 180 gradi della capsula Mercury. Il volo della capsula è durato circa 15 minuti e a otto minuti dal lancio la capsula era già posizionata con lo scudo termico e i retro razzi in avanti e la finestra di osservazione risulta inclinata di 34 gradi verso il basso, proprio lungo la traiettoria del razzo redstone che colpendo l’atmosfera e divampando sarebbe stato catturato nella foto.

Fonte: The Black Vault