Cattiva alimentazione, igiene insufficiente, promiscuità, arretratezza della scienza medica furono tutti fattori che hanno fatto del Medio Evo uno dei periodi più nefasti per quanto riguarda la diffusione di epidemie che falcidiavano intere popolazioni. In questo articolo affronteremo brevemente le principali malattie epidemiche che interessarono quelli che vengono definiti come i “secoli bui” della storia dell’occidente.
L’ergotismo era un’intossicazione causata da alcuni alcaloidi presenti in un fungo (Claviceps purpurea) parassita di alcune graminacee, comunemente noto come “segale cornuta”. I sintomi erano nausea, vomito, diarrea, difficoltà respiratorie, convulsioni che potevano degenerare in coma. In alternativa, l’ingrossamento e l’infiammazione delle estremità portava alla cancrena e alla loro perdita.
Ecco come il cronista Sigiberto di Genbloux descrive la virulenta epidemia che nel 1089 infestò la Francia: “A molti le carni cadevano a brani, come li bruciasse un fuoco sacro che divorava loro le viscere; le membra, a poco a poco rose dal male, diventavano nere come carbone. Morivano rapidamente tra atroci sofferenze oppure continuavano, privi dei piedi e delle mani, un’esistenza peggiore della morte; molti altri si contorcevano in convulsioni.”
Il vaiolo che ricopriva il corpo di pustole e cicatrici era praticamente sconosciuto in epoca romana in Europa. Probabilmente fu importato in Occidente dagli Arabi tra il VII e l’VIII secolo, ma fino al periodo delle crociate i fenomeni di contagio rimasero piuttosto circoscritti e marginali. Dopo il 1100 con la ripresa demografica della popolazione ed un aumento della mobilità, dovuto a commerci e pellegrinaggi, il vaiolo si diffuse sensibilmente. A essere colpiti erano soprattutto i bambini che nel 30% dei casi non riuscivano a sopravvivere. Chi contraeva la malattia e guariva, però, ne portava i segni deturpanti per tutta la vita.
Il tifo invece si diffondeva soprattutto durante le guerre, veicolato dai soldati, ed i sintomi erano caratterizzati da febbre alta, esantemi, dolori diffusi, nausea e vomito.
Il morbo di Hansen meglio conosciuto come lebbra colpiva la pelle e i nervi delle mani e dei piedi, gli occhi e le mucose nasali, i reni e i testicoli, causando deformità degli arti e cecità. Pur essendo conosciuta sin dall’epoca più remota, la sua massima diffusione in Europa si registrò nel Duecento. Una delle menzioni più antiche, per quanto riguarda il Medioevo, risale ancora una volta all’editto di Rotari nel 643.
I malati venivano isolati in specifici edifici posti ai margini di città e villaggi: i lebbrosari. Qui vivevano, segregati, della carità pubblica, circondati da paura e sospetto. La malattia era vista come la “giusta” punizione da parte di Dio per questi “deviati”. Queste superstizioni non impedirono la morte di vittime illustri come il giovane Baldovino IV di Fiandra, re di Gerusalemme e valoroso combattente durante le crociate, che morì devastato dalla lebbra a soli ventiquattro anni.
Il principe dei flagelli, l’autentico terrore delle genti fu, però, l’epidemia di peste. L’ultima pandemia si era verificata all’epoca di Giustiniano tra il 441 e il 542 e.v. ed aveva decimato soprattutto le popolazioni dell’Europa orientale. Da allora i focolai di questo morbo letale erano stati sporadici e limitati, fino al 1347 quando la peste si riaffacciò alle porte dell’Europa con una virulenza tale da sconvolgerla. Manifestatosi negli anni Venti del Trecento in estremo Oriente, il bacillo dilagò attraverso le steppe russe per giungere in Crimea. Da qui passò a Costantinopoli e poi, attraverso i commerci, giunse nei porti di Marsiglia e Messina.
Da qui dilagò in tutto il continente, raggiungendo in meno di tre anni anche la Scandinavia. Si trattava di peste polmonare, praticamente letale quasi al 100%, ma anche di forme di peste bubbonica. Il contagio avveniva attraverso le pulci dei topi o i morsi di questi animali ma anche per via aerea attraverso starnuti e tosse.
Si calcola che la Grande Peste Nera – come fu chiamata con macabro realismo – uccise in soli quattro anni da un terzo a un quarto della popolazione europea, con intere zone che furono letteralmente spopolate ed uno spaventoso abbassamento dell’aspettativa di vita.
Le grandi epidemie del Medio Evo
L’AI individua alcuni asteroidi potenzialmente pericolosi
I ricercatori grazie a delle simulazioni eseguite con un supercomputer hanno sviluppato le orbite dei pianeti attorno al Sole per i prossimi 10 mila anni. Osservando i movimenti a ritroso nel tempo, hanno incluso gli asteroidi per studiare le loro orbite fino ai giorni nostri. I modelli hanno consentito l’acquisizione di un database di asteroidi che si abbatteranno sulla superficie del nostro pianeta.
L’astronomo ed esperto di simulazione Simon Portegies Zwart dell’ Università di Leida spiega: “Se riavvolgi l’orologio, vedrai i famosi asteroidi atterrare di nuovo sulla terra. In questo modo puoi creare una biblioteca delle orbite degli asteroidi che sono atterrati sulla terra“, La biblioteca di asteroidi è stata quindi utilizzata come materiale di formazione per la rete neurale.
La prima serie di calcoli è stata eseguita sul nuovo super computer ALICE di Leida. La rete neurale è installata su un semplice laptop. I ricercatori chiamano il loro metodo Hazardous Object Identifier o “HOI”, “ciao” in olandese.
Il supercomputer a reti neurali è capace di riconoscere oggetti noti nei pressi della terra. HOI è anche in grado di scoprire un certo numero di oggetti pericolosi non classificati in precedenza come tali.
Il supercomputer HOI ha scoperto undici asteroidi che tra il 2131 e il 2923 si porteranno a una distanza di circa dieci volte la distanza Terra-Luna e hanno un diametro di oltre 100 metri. Questi asteroidi non sono mai stati identificati prima d’ora perché le loro orbite sono caotiche e i software attuali non riescono a calcolare la loro posizione.
Secondo Portegies Zwart la ricerca è solo all’inizio: “Ora sappiamo che il nostro metodo funziona, ma vorremmo sicuramente approfondire la ricerca con una migliore rete neurale e con più input. La parte difficile è che piccole interruzioni nel i calcoli dell’orbita possono portare a grandi cambiamenti nelle conclusioni”.
I ricercatori sperano che in futuro sia possibile utilizzare una rete neurale artificiale per rilevare oggetti potenzialmente pericolosi. Un tale metodo è molto più veloce dei metodi tradizionali che le organizzazioni spaziali utilizzano oggi.
Scoprendo gli asteroidi in rotta di collisione con il nostro pianeta con largo anticipo, secondo i ricercatori, le organizzazioni che se ne occupano potranno attuare una serie di strategie per prevenire l’impatto.
Fonte: Phys.org
Confermata la formazione stagionale di pozze di acqua salata su Marte
Durante certi periodi dell’anno può formarsi acqua salata sulla superficie di Marte, secondo una ricerca dello scienziato senior del Planetary Science Institute Norbert Schorghofer.
L’acqua liquida è difficile da trovare su Marte, perché il ghiaccio si dissipa rapidamente o sublima nell’atmosfera molto prima che raggiunga il suo punto di fusione. Questo perché la pressione atmosferica su Marte si trova vicino alla pressione del triplo punto di H2O, la pressione minima necessaria per l’esistenza di acqua liquida.
“Marte ha molte regioni fredde ricche di ghiaccio e molte regioni calde libere da ghiaccio, ma le regioni ghiacciate in cui la temperatura sale sopra il punto di fusione sono molto difficili da individuare. Queste zone sono quelle in cui si potrebbe formare acqua liquida“, Ha detto Schorghofer.
Il processo funziona come segue: un grosso masso appoggiato sulla superficie di Marte a certe latitudini getta un’ombra sul terreno nel periodo invernale. L’area continuamente ombreggiata dietro il masso è molto fredda, così fredda che il ghiaccio d’acqua vi si accumula in inverno. Quando il Sole sorge di nuovo in primavera, il ghiaccio si riscalda improvvisamente. Nei calcoli dettagliati del modello, la temperatura sale da -128° C al mattino a -10° C a mezzogiorno, un cambiamento enorme nel corso di un quarto di giorno. In così poco tempo, non tutto il gelo si perde nell’atmosfera.
Il sale deprime il punto di fusione di H2O, quindi su terreni ricchi di sale, il ghiaccio d’acqua si scioglierà a -10° C. Salamoie o pozze di acqua salata si formeranno fino a quando tutto il ghiaccio non si sarà trasformato in liquido o vapore. L’anno successivo, il processo si ripete.
Le aree ombreggiate dietro i massi sono così fredde in inverno che non solo si accumula il ghiaccio d’acqua ma anche ghiaccio di biossido di carbonio. Per Marte, il primo giorno senza ghiaccio di biossido di carbonio in primavera si chiama “data del croco“. La fusione avviene alla data del croco o immediatamente dopo di essa, e quindi si usa il termine “fusione del croco”.
“Rispondere alla domanda se lo scioglimento del croco stagionale del ghiaccio d’acqua si verifica effettivamente su Marte ha richiesto una serie di calcoli quantitativi dettagliati: i numeri contano davvero“, ha detto Schorghofer. “Ci sono voluti decenni per sviluppare i necessari modelli quantitativi“.
Fonti: Norbert Schorghofer. Marte: valutazione quantitativa di Crocus Melting behind Boulders, The Astrophysical Journal (2020). DOI: 10.3847 / 1538-4357 / ab612f
Cosa sappiamo della materia oscura
In breve, la materia oscura è ancora piuttosto misteriosa. Il termine è in realtà solo il nome che gli scienziati hanno dato a un ingrediente che sembra mancare dalla nostra comprensione dell’universo.
Ma ci sono alcune cose che gli scienziati possono definitivamente dire sulla questione.
Natalia Toro è una fisica teorica presso il National Accelerator Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e membro del Light Dark Matter Experiment (LDMX) e del Beam Dump Experiment (BDX) per la ricerca della materia oscura.
In un recente convegno ha fatto il punto sulla Materia Oscura:
1. È fatta per durare.
La materia oscura si è formata molto presto nella storia dell’universo. L’evidenza di ciò è evidente nel fondo cosmico a microonde, o CMB, lo strato etereo di radiazione lasciato dai primi momenti terribilmente caldi dell’universo.
Il fatto che esiste ancora tanta materia oscura circa 13,7 miliardi di anni dopo, ci dice subito che ha una durata di almeno 1017 secondi (o circa 3 miliardi di anni), sostiene la Toro.
Ma c’è un altro indizio più ovvio che la durata della materia oscura è molto più lunga di così: non vediamo alcuna prova di un decadimento della materia oscura.
Le particelle più pesanti nel Modello standard decadono, rilasciando la loro energia sotto forma di particelle più leggere. La materia oscura non sembra farlo, dice la Toro. “La materia oscura di qualunque cosa sia fatta, dura molto a lungo“.
Questa proprietà non è inaudita: elettroni, protoni e neutrini hanno una durata di vita estremamente lunga, ma è insolito, soprattutto se la materia oscura si rivelasse più pesante di quelle particelle leggere e stabili.
“Una possibilità è che ci sia una sorta di carica in natura, e la materia oscura è la cosa più leggera che porta quella carica“, dice Toro.
Nella fisica delle particelle, la carica deve essere conservata, il che significa che non può essere creata o distrutta. Prendiamo il decadimento di un muone, una versione più pesante dell’elettrone. Un muone spesso decade in una coppia di neutrini, che non portano carica, e un elettrone, che condivide la carica negativa del muone. Quindi, anche se il muone è decaduto in altre tre particelle, la sua carica elettromagnetica è complessivamente conservata nei risultati del decadimento.
L’elettrone è la particella più leggera con una carica elettromagnetica negativa. Dal momento che non c’è nulla con una massa più piccola in cui decadere, rimane stabile.
Ma la carica elettromagnetica non è l’unico tipo di carica. I protoni, ad esempio, sono la particella più leggera che trasporta una carica chiamata numero barionico, che è legata al fatto che sono fatti di particelle chiamate quark (ma non anti-quark). Quark e gluoni hanno ciò che i fisici chiamano carica di colore, che sembra essere conservata nelle interazioni tra particelle.
È possibile che le particelle di materia oscura siano particelle stabili con un nuovo tipo di carica.
2. Modella intere galassie senza toccare nulla.
L’apparente stabilità della materia oscura sembra essere la chiave di un’altra delle sue qualità: la sua capacità di influenzare l’evoluzione dell’universo. Gli astrofisici pensano che la maggior parte delle galassie probabilmente non si sarebbero formate come hanno fatto senza l’aiuto della materia oscura.
Negli anni Trenta l’astrofisico svizzero Fritz Zwicky notò che qualcosa sembra influenzare le galassie nel Cluster Coma che si comportano come se fossero 400 volte più pesanti di quanto lo sarebbero se contenessero solo materiale luminoso. Questa discrepanza, attualmente, è stata ricalcolata in un valore più basso, ma esiste ancora. Zwicky coniò il termine “materia oscura” per descrivere qualsiasi cosa possa dare alle galassie la loro massa extra.
Negli anni ’70 Vera Rubin, un’astronoma della Carnegie Institution di Washington, usò prove spettrografiche per determinare che anche le galassie a spirale come la nostra sembrano agire come se avessero più massa di quanto appare. Questa galassie ruotano molto più rapidamente di quanto dovrebbero, cosa che potrebbe accadere se, ad esempio, fossero circondate da aloni invisibili di materia oscura.
Gli scienziati hanno visto un altro effetto della materia oscura sul materiale luminoso. Grappoli di materia oscura agiscono come buche cosmiche sul percorso della luce mentre attraversa il cosmo, piegandolo e distorcendolo in un processo chiamato “lente gravitazionale”. Gli astronomi possono mappare la distribuzione di materia oscura altrimenti invisibile studiando grazie alle lenti gravitazionali.
Proprio come la materia normale, la materia oscura non è uniformemente distribuita in tutto l’universo. Gli astrofisici pensano che quando le galassie si formarono, le aree dell’universo che avevano un po’ più di materia oscura (e quindi una maggiore attrazione gravitazionale) attirarono più materia, portando alla distribuzione di galassie che ora vediamo.
Se ci fosse stato un diverso schema di materia oscura in tutto l’universo – leggermente di più o di meno – le galassie avrebbero potuto formarsi più tardi, con densità diverse o, addirittura, avrebbero potuto non formarsi affatto, dice Toro. “Le galassie diventano molto più dense e potresti finire in una situazione in cui si formano molti buchi neri o potresti finire con molta più materia oscura“.
La materia oscura, notoriamente, non ha la maggior parte dei tipi di interazioni che le particelle del Modello Standard comunemente subiscono fin dall’inizio. “Una cosa che sappiamo concretamente osservando il CMB è che c’era un componente di quel plasma che non interagiva con gli elettroni e i protoni“, dice. “Questo è un chiaro vincolo: i componenti della materia oscura interagiscono meno degli elettroni e dei protoni“.
La materia oscura è così non reattiva che potrebbe persino non interagire con sé stessa; quando due galassie si fondono, i loro rispettivi aloni di materia oscura si incrociano semplicemente come fantasmi.
3. Rappresenta l’85% di tutta la materia dell’universo.
Sorprendentemente, nonostante sia poco chiaro ciò che la materia oscura è, gli astrofisici hanno determinato che rappresenta l’85% di tutta la materia presente nell’universo conosciuto. I fisici chiamano questa quantità “abbondanza cosmologica” della materia oscura.
L’abbondanza cosmologica può dirci molto sulla composizione dell’universo, spiega Toro, in particolare durante i suoi primi giorni, quando era molto più piccolo e denso. Durante l’evoluzione dell’universo primordiale, “la densità media era molto rappresentativa” dell’attuale materia oscura presente in qualsiasi area di esso”, dice.
Attualmente, afferma Toro, l’abbondanza cosmologica della materia oscura è “l’unico numero su cui i fisici possono avere certezze”. Gli scienziati hanno proposto – e stanno attivamente cercando – un numero di possibili candidati diversi della materia oscura. Sia che la materia oscura sia composta da un numero minore di WIMP pesanti o da un numero maggiore di assioni di luce, la sua massa totale deve sommarsi alla misura dell’abbondanza cosmologica.
La professoressa Toro sostiene che è importante prendere quel numero per quanto può essere preso e cercare di estrapolare diverse strategie per cercare la materia oscura da esso.
Quantificare qualsiasi altra cosa sulla materia oscura – la sua forza di interazione, il suo tasso di dispersione e un elenco di altre potenziali proprietà – sarebbe “sorprendente”, dice. “Avere qualsiasi conferma, trovare un’altra proprietà della materia oscura che potremmo effettivamente quantificare, sarebbe un enorme salto in avanti per la nostra comprensione di essa“.
Nuovo coronavirus, aggiornamenti 13 febbraio 2020
Nelle ultime 24 ore si sono registrati in Cina circa 14.000 casi confermati in più rispetto al giorno precedente. Questa improvvisa recrudescenza è dovuta alla modifica dei parametri di diagnosi dell’infezione imposta ai sanitari dalle autorità cinesi, secondo la quale per attestare la positività ora basta che il paziente presenti uno qualsiasi dei sintomi con cui si presenta l’infezione, a prescindere dal risultato del test.
Questo a portato la conta del numero degli infetti in Cina a 60.347 casi, mentre il numero dei morti è arrivato a 1369. Sono 6122, invece, le persone dichiarate guarite e dimesse dagli ospedali.
Ecco cosa c’è da sapere:
- I numeri: il nuovo coronavirus ha ucciso oltre 1.350 persone e infettato oltre 60.000 persone in tutto il mondo.. La stragrande maggioranza dei casi si trova nella Cina continentale.
- Ampliamento della definizione: i funzionari cinesi hanno ampliato la loro definizione di ciò che costituisce un caso confermato di coronavirus. La modifica ha portato a un balzo dei casi in Cina, ma l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha affermato che è “normale nel corso di un’epidemia adattare la definizione del caso”.
- Crisi della nave da crociera: la nave da crociera di Westerdam che è stata allontanata da quattro diversi porti è stata autorizzata ad attraccare a Sihanoukville in Cambogia. I passeggeri potranno sbarcare e saranno trasferiti tramite voli charter a Phnom Penh da dove ripartiranno per le proprie sedi. Nel frattempo, 44 nuove persone sono risultate positive al coronavirus a bordo della nave da crociera Diamond Princess attraccata a Yokohama, in Giappone. Ciò porta il numero totale di casi sulla nave a 219, incluso un ufficiale di quarantena giapponese; si tratta del più grande focolaio di virus al di fuori della Cina continentale.
- Kit di test difettosi: i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie hanno affermato che alcuni dei kit di test del coronavirus spediti nei laboratori negli Stati Uniti non funzionano come dovrebbero e l’agenzia sta rigenerando un reagente utilizzato nei kit.
- Settimana della moda di Shanghai rinviata: altri eventi vengono annullati o rinviati a causa del virus. La Shanghai Fashion Week, in programma dal 26 marzo al 2 aprile, verrà rinviata.
- Olimpiadi di Tokyo 2020: Ancora all’ordine del giorno, comunque, sono le Olimpiadi di Tokyo 2020. I funzionari sono fermamente convinti che i Giochi si faranno.
Quando la vista ci inganna
Secondo uno studio coordinato da uno dei massimi esperti mondiali sulla visione, Thomas Albright, solo negli Stati Uniti circa 350 persone che stavano scontando lunghe condanne sono state scarcerate sulla base di analisi del DNA. Ebbene, nel 70 per cento di questi casi è stato un errore di identificazione da parte di testimoni oculari la prova “regina” per la loro condanna.
In altre parole la vista di questi testimoni oculari ha giocato un brutto scherzo a loro, ma soprattutto agli innocenti ingiustamente condannati.
Questi errori di identificazione sono più comuni di quanto si creda e possono dipendere sia dal processo fisiologico della visione che da quello psicologico correlato.
Molte informazioni visive vengono scartate dal cervello per meglio focalizzarsi sul “target” ritenuto prioritario.
Facciamo un esempio: se abbiamo un incontro galante, in un centro commerciale molto affollato con una donna mai incontrata prima e che sappiamo si vestirà di verde, io farò attenzione alle persone che indossano abiti verdi e tutto il resto sarà irrilevante.
Questo processo riduce il peso cognitivo sul sistema visivo: non dobbiamo elaborare qualunque cosa. E questo meccanismo può essere alla base di una falsa identificazione.
Il sistema visivo si fonda su due distinti processi: ci sono le informazioni basate sulla luce, raccolte dalla retina. E poi ci sono le informazioni che vengono dal “deposito della memoria”, le cose che uno ha sperimentato nella propria vita. Queste ultime possono essere richiamate sia volontariamente che involontariamente.
Queste “esperienze visive” depositate nella nostra memoria entrano in gioco automaticamente tutte le volte che la nostra visione è ambigua o incompleta. Il cervello tenta, cioè, sulla base dell’esperienza vissuta, di integrare e completare quello che vediamo e questo processo automatico, talvolta, può ingenerare veri e propri “errori di visione”.
Intendiamoci, gli “errori” dovuti a questo meccanismo sono tutto sommato una minoranza ed i vantaggi invece di questo processo sono stati e sono per l’evoluzione davvero significativi.
Le cose che noi crediamo che esistano lì fuori, per lo più sono davvero ciò che c’è lì fuori. Il problema è che talvolta queste inferenze basate sull’esperienza sono sbagliate. Riempiamo ciò che manca con l’informazione sbagliata. E questo può provocare ogni tipo di problema. Perché vedi qualcosa che in realtà non è successo.
Albright sta sviluppando studi che colleghino queste interpretazioni sbagliate della realtà con alcune malattie mentali. Non dobbiamo infatti mai dimenticare che la vista è il senso dominante dell’essere umano.
La stessa schizofrenia, secondo gli studi dello scienziato americano, per una parte significativa dipende da disturbi della visione.
La schizofrenia è una forma di psicosi che colpisce una persona su cento nel mondo ed è molto debilitante. Abbiamo alcuni farmaci che riducono i sintomi, ma nessuna cura e nessuna buona spiegazione di ciò che succede nel cervello. È una malattia con molte facce e quello su cui Albright ha posto l’attenzione sono alcuni dei problemi percettivi che sono associati con la malattia
Un nuovo rivoluzionario metodo di riciclaggio di plastica e rifiuti
La cattura del carbonio, ovvero l’assorbimento e lo stoccaggio di molecole di CO2 all’interno di un oggetto solido, come un edificio o un albero da cui non potrà sfuggire, è uno dei tanti strumenti che uomini d’affari, imprenditori e produttori, possono usare per poter fare la propria parte per combattere la crisi climatica.
Una start-up che lavora in Israele sta estraendo una tossina ambientale e la sta inserendo in un altra. In altre parole, la UBQ Materials sta prendendo i rifiuti domestici, che normalmente finirebbero in discarica, e li sta incorporando nella plastica riciclata liquefatta, creando così “Un materiale termoplastico composito a base biologica sostenibile e quindi compatibile per il clima”.
La spazzatura raccolta viene prima smistata, passandola sopra un magnete per rimuovere i metalli, successivamente viene essiccata e frantumata creando cosi dei pacchetti di spazzatura, che vengono aggiunti alla plastica pronta per essere riciclata e fusi insieme. Il prodotto ottenuto infine viene essiccato e tagliato in piccole palline.
Il prodotto finale ottenuto sono dei pallet che possono essere facilmente spediti e utilizzati in vari processi produttivi, come la stampa a iniezione e la produzione di mattoni compositi. Un colorante può essere aggiunto in qualsiasi momento della produzione per garantire al cliente qualunque colore della plastica voglia.
I fondatori dell’azienda erano fiduciosi del successo della loro produzione e della scienza che sta alla base del loro rivoluzionario processo di riciclaggio, ma hanno voluto comunque incaricare la società svizzera di consulenza ambientale Quantis di eseguire un analisi su quanto la loro attività avrebbe fruttato.
Quantis ha scoperto che sostituendo una tonnellata di pallet UBQ con la stessa quantità di polipropilene, si possono risparmiare circa 15 tonnellate di emissioni di anidride carbonica, rendendo cosi il materiale termoplastico maggiormente eco-sostenibile.
Il concetto di utilizzare rifiuti, che altrimenti andrebbero in discarica e genererebbero dannosi gas serra, per inglobarli all’interno della plastica riciclata, può essere ricondotto, secondo The Post, ad un militare israeliano che pensava che mescolando il fango del fiume Kishon, inquinato dalla plastica, poteva aiutare il fiume a riprendersi.
Ovviamente l’idea non ha funzionato, ma riuscire a racchiudere nella plastica le sostanze dannose per l’ambiente, per poter essere utilizzate successivamente per produrre altri materiali e prodotti, garantendo così l’eliminazione della possibilità di questi materiali di inquinare e peggiorare ulteriormente il clima del nostro pianeta, è stato la base del concetto sviluppato.
Il rabbino Yehuda Pearl è riuscito ad aiutare l’azienda a passare da un idea fallimentare al successo, grazie al suo aiuto finanziario di 3,5 milioni di dollari utilizzati per la ricerca e lo sviluppo. La UBQ, abbreviazione di Ubiquitous, sta già vendendo il suo granulo di plastica composita termoplastica alla Plasgad, una società israeliana che produce pallet, casse e contenitori per il riciclaggio.
L’impianto della UBQ nel Kibbutz di Tze’elim è in grado di produrre in un’ora circa una tonnellata di materiale, arrivando a produrre tra le 5.000 e le 7.000 tonnellate di prodotto in un anno. Il successo dell’azienda sta consentendo la creazione di una nuova struttura, che porterà la produzione a 100.000 tonnellate di prodotto all’anno.
Presentata dalla Casa Bianca la richiesta di finanziamenti per il programma Lunare della NASA Artemis
L’amministrazione Trump ha richiesto $ 25,2 miliardi per la NASA per l’anno fiscale 2021, un aumento del 12% rispetto l’anno precedente che include $ 3,3 miliardi per avviare lo sviluppo di un lander lunare in grado di trasportare esseri umani per il programma lunare Artemis. Quasi la metà della richiesta di bilancio, $ 12,3 miliardi, è dedicata a progetti nuovi e in corso incentrati sul ritorno alla Luna e su eventuali voli verso Marte.
“Questo è un budget del 21° secolo degno dell’esplorazione dello spazio del 21° secolo e uno dei budget più forti nella storia della NASA“, ha dichiarato l’amministratore dell’agenzia Jim Bridenstine. “Se il supporto del presidente alla NASA non era chiaro prima, ora dovrebbe essere ovvio“.
I documenti della NASA indicano che finanziare il programma sulla luna Artemis costerà circa $ 35 miliardi per mandare un uomo e una donna sulla superficie lunare nel 2024. Per far ciò, la richiesta di bilancio afferma che la NASA avrà bisogno di $ 25,2 miliardi nel 2021, $ 27,2 miliardi nel 2022, $ 28,6 miliardi nel 2023, $ 28,1 miliardi nel 2024 e $ 26,3 miliardi nel 2025.
Resta da vedere se il sostegno del congresso andrà di pari passo con quel livello di spesa in un’era di conflitto bipartisan e resta da vedere la richiesta dell’amministrazione di ridurre in modo sostanziale una varietà di altri programmi.
“L’America sta guidando il mondo in una nuova era di esplorazione dello spazio che invierà la prima donna e il prossimo uomo sulla luna nel 2024 e costruirà una presenza sostenibile sulla superficie lunare“, ha affermato la Casa Bianca in un sommario di bilancio.
“Imparando a vivere e lavorare sulla luna, gli Stati Uniti e i nostri partner internazionali e commerciali svilupperanno l’esperienza, la tecnologia e i sistemi di cui avremo bisogno per inviare infine esseri umani su Marte. Questi sforzi consolideranno la posizione dell’America come leader mondiale nell’esplorazione dello spazio“.
La proposta di bilancio riflette un aumento significativo rispetto ai $ 22,6 miliardi approvati dal Congresso per il 2020 e “fornisce finanziamenti solidi e sostenuti dall’esercizio 2021 all’esercizio 2025 per l’esplorazione fino alla data del prossimo sbarco lunare e oltre“, secondo il riassunto della Casa Bianca.
“Il budget del presidente investe oltre 25 miliardi di dollari nella NASA per rafforzare il nostro innovativo programma di esplorazione umana dello spazio, pur mantenendo un forte supporto per l’intera gamma di attività scientifiche, aeronautiche e tecnologiche della nostra agenzia“, ha dichiarato Bridenstine.
“Il supporto del presidente arriva in un momento critico mentre gettiamo le basi per l’atterraggio della prima donna e del prossimo uomo sul polo sud della luna entro il 2024. Questo budget ci mantiene fermamente su quella strada”.
L’amministrazione Trump ha ordinato alla NASA di tornare sulla luna con una direttiva firmata nel dicembre 2017 e l’anno scorso, il vicepresidente Mike Pence, presidente del National Space Council, ha fissato il 2024 come obiettivo di sbarco. La NASA aveva programmato un ritorno sulla luna nel 2028.
L’agenzia afferma che la richiesta di finanziamento del 2021 dell’amministrazione Trump supporta l’obiettivo del 2024, sebbene i dettagli sull’architettura Artemis siano aperti alla discussione, incluso se i voli iniziali richiederanno l’uso di una piccola stazione spaziale lunare nota come Gateway.
“Questo budget ci tiene sulla strada per far sbarcare la prima donna e il prossimo uomo sulla luna entro il 2024 e, con il supporto del Gateway, ci aiuta a prepararci all’esplorazione di Marte e oltre“, ha dichiarato la NASA in una nota interna. “Il presidente ha indirizzato oltre $ 3 miliardi di dollari allo sviluppo di un sistema di sbarco lunare umano, la prima volta che abbiamo ricevuto finanziamenti diretti per un lander umano dall’era Apollo“.
Il budget prevede $ 4 miliardi per finanziare l’esplorazione dello spazio profondo, inclusi $ 2,26 miliardi per lo sviluppo in corso del sistema di lancio spaziale gestito da Boeing – SLS – missile per trasporto pesante; $ 1,4 miliardi per la capsula della Lockheed-Martin Orion che trasporterà gli astronauti da e verso la luna; e $ 385 milioni per i sistemi di terra necessari per supportare l’architettura lunare.
Il gigantesco primo stadio del primo razzo SLS è attualmente allo Stennis Space Center nel Mississippi e viene preparato per un test di durata totale dei suoi quattro motori principali. Se tutto andrà bene, una SLS e una capsula Orion verranno lanciate per un volo di prova non programmato intorno alla luna l’anno prossimo.
Se quella missione – Artemis 1 – andrà bene, la NASA prevede di lanciare un volo di prova pilotato SLS-Orion, Artemis 2, entro il 2023, seguito dal primo atterraggio umano del programma Artemis nel 2024.
L’obiettivo a lungo termine, o “orizzonte”, del programma spaziale umano della NASA rimane puntato sui voli pilotati su Marte. La NASA afferma che il programma Artemis “accelererà” la pianificazione di eventuali voli in orbita o di atterraggio su Marte negli anni ’30 “sviluppando tecnologie e strategie che possono essere perfezionate sulla Luna prima di andare su Marte“.
La richiesta di budget include anche $ 529 milioni per l’esplorazione robotica di Marte, inclusa una missione pianificata riportare campioni di roccia sulla Terra per analisi di laboratorio.
Oltre Artemis, la richiesta di bilancio per il 2021 include $ 1,4 miliardi per la Stazione Spaziale Internazionale. che la NASA prevede di mantenere operativa “almeno” fino al 2024 e $ 1,88 miliardi per il trasporto di astronauti attraverso compagnie private ed i programmi cargo.
Le scienze spaziali riceverebbero $ 6,3 miliardi, di cui $ 2,66 miliardi per la scienza planetaria, $ 831 milioni per l’astrofisica, $ 1,77 miliardi per la scienza della Terra e $ 414,7 milioni per il lavoro finale per preparare il James Webb Space Telescope per il lancio nel marzo 2021.
Vita sulla luna di Giove “Europa”?
Monica Grady, docente di scienze planetarie e spaziali, una delle più note scienziate britanniche, è certa che la vita esiste sulla luna di Giove “Europa”, e che Marte potrebbe ospitare dei microorganismi primitivi. Scoprire forme di vita nella via Lattea, aggiunge la professoressa Grady non è poi cosi inverosimile come potremmo credere.
Secondo la Grady, i mari gelidi sotto le calotte glaciali di Europa potrebbero ospitare esseri viventi simili a “polpi“. Anche Marte potrebbe ancora ospitare nel sottosuolo forme di vita sotterranee che vivrebbero al riparo delle intense radiazioni solari. Il polo sud di Marte, ad esempio nasconde acqua allo stato liquido protetta da un chilometro e mezzo di ghiaccio, secondo quanto dimostrato da un team di ricercatori italiani basandosi sui dati di riflessione radar ottenuti dalla sonda Mars Express dell’Agenzia spaziale europea.
A corroborare questo studio una seconda ricerca portata avanti da due ricercatori dell’Università dell’Arizona a Tucson, che aggiunge alcuni elementi a questa scoperta: secondo i due, l’acqua liquida potrebbe esistere grazie all’emersione del magma dalle profondità marziane che avrebbero creato una camera magmatica posta al di sotto della calotta, il calore, con il passare del tempo avrebbe sciolto parte del ghiaccio dando vita al lago sotterraneo. L’acqua, come sappiamo è fondamentale per lo sviluppo della vita, quindi Marte potenzialmente potrebbe ospitarla ancora oggi nel sottosuolo.
La professoressa Grady non è stata la prima a parlare di possibili forme di vita su Europa, un astrofisico russo, Boris Rodionov nel 1998 si spinse oltre, affermando in un’intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa” delle dichiarazioni ancora più audaci, su Europa, secondo lui, esisterebbe addirittura una civiltà tecnologicamente avanzata.
A scanso di equivoci, Rodionov si basò su poche foto scattate dalla sonda spaziale Galileo e le sue conclusioni sono solamente sue opinioni personali in quanto la NASA all’epoca diede una chiara spiegazione delle foto utilizzate dall’astrofisico per puntellare le sue affermazioni.
La Grady ha rilasciato le sue dichiarazioni alla Liverpool Hope University, dove è appena stata insediata come Cancelliera, rivelando: “Quando si tratta delle prospettive di vita oltre la Terra, è quasi una certezza che ci sia vita sotto il ghiaccio su Europa”.
“Altrove, se ci sarà vita su Marte, sarà sotto la superficie del pianeta”.
“Lì sei protetto dalle radiazioni solari. Ciò significa che esiste la possibilità che il ghiaccio rimanga nei pori delle rocce, il che potrebbe fungere da fonte d’acqua”.
“Se c’è qualcosa su Marte, è probabile che sia molto piccolo: i batteri”.
“Ma penso che abbiamo maggiori possibilità di avere forme di vita leggermente più alte su Europa, forse simili all’intelligenza di un polipo“.
Europa è il quarto satellite naturale del pianeta Giove per dimensioni e il sesto dell’intero sistema solare e uno dei 79 satelliti del gigante del sistema solare. È stato scoperto da Galileo Galilei il 7 gennaio 1610 assieme ad Io, Ganimede e Callisto, da allora comunemente noti con l’appellativo di satelliti galileiani. Europa si trova a circa 628.300.000 km dalla Terra ed è coperta da uno strato di ghiaccio spesso diversi chilometri che probabilmente nasconde acqua liquida in cui potrebbe abitare la vita.
Il ghiaccio funge da barriera protettiva contro le radiazioni solari e gli impatti degli asteroidi.
La potenziale presenza di forme di vita aumenta notevolmente con la possibile presenza di sorgenti idrotermali sul fondale oceanico di Europa e della scoperta del cloruro di sodio.
La Grady ha parlato anche della nostra galassia spiegando che l’esistenza di pianeti come il nostro è “altamente probabile” aggiungendo: “Il nostro sistema solare non è un sistema planetario particolarmente speciale, per quanto ne sappiamo, e non abbiamo ancora esplorato tutte le stelle nella galassia”.
La Grady ritiene probabile che la vita si sia sviluppata altrove e che sia basata sugli stessi elementi che formano la vita sul nostro pianeta.
La Gradi si è espressa anche su un possibile contatto con esseri alieni, anche se ammette, le distanze da superare sono enormi e il contatto resta solo una supposizione, visto che non sappiamo se gli alieni provano a contattarci con segnali radio e tutti quelli analizzati fino ad oggi, non hanno dato risultato positivo.
L’estate prossima, tre missioni separate verranno lanciate su Marte.
ExoMars 2020, che verrà lanciata a luglio, è un progetto congiunto dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e dell’agenzia spaziale russa Roscosmos.
La missione Mars 2020 che vedrà il nuovo rover della NASA, “ammartare” sul Pianeta Rosso nel febbraio 2021.
La Hope Mars Mission, una sonda esplorativa spaziale pianificata, finanziata dagli Emirati Arabi Uniti.
E la professoressa Grady afferma che non è solo la possibilità di importare “virus” marziani a destare preoccupazione, ma anche la prospettiva di contaminare il pianeta con i nostri stessi batteri.
La Professoressa Grady, membro del progetto Euro-Cares progettato per curare campioni riportati dalle missioni ad asteroidi, Marte, Luna e comete — rivela: “Le agenzie spaziali di tutto il mondo stanno lavorando per inviare esseri umani su Marte”.
Oltre a portare uomini sul suolo marziano, bisognerà riportarli sulla Terra sani e salvi e un buon modo per farlo è quello di riportare prima “dei sassi” da Marte. Verso la fine del decennio, una Missione NASA raccoglierà dei campioni di suolo, una seconda missione prenderà i campioni e li manderà in orbita marziana e un’ultima missione aggancerà i campioni in orbita e li porterà sulla Terra.
A questo punto, però, sorge un problema: la Grady afferma che si deve evitare qualsiasi tipo di contaminazione Terra-Marte.
Dobbiamo evitare di riportare qualcosa di pericoloso da Marte ma allo stesso tempo dobbiamo evitare di contaminare Marte con forme di vita terrestri. Sarà un’impresa evitare questo tipo di contaminazione, soprattutto quando invieremo astronauti sul pianeta rosso. Un conto è sterilizzare le attrezzature, un’altro è sterilizzare gli astronauti.
La professoressa Grady ha studiato un granello di roccia portato sulla Terra nel 2010 dalla missione giapponese “Hayabusa“, un veicolo spaziale inviato all’asteroide vicino alla Terra “25143 Itokawa” per raccogliere un campione.
La Grady ha analizzato questo granello di roccia con la speranza di svelare i misteri dell’universo. Il granello è composto da silicati ma contiene anche del carbonio, dall’azoto e l’idrogeno e la loro firma è extraterrestre.
Grazie agli strumenti moderni sappiamo quanto sia complesso studiare e registrare materiali extraterrestri, ma conclude la professoressa, per capire il quadro generale, si deve partire dalle piccole cose.
Fonte: Phys.org
SpaceX lancerà il primo volo con equipaggio tra fine aprile e inizio maggio
SpaceX di Elon Musk ha compiuto notevoli progressi nel rendere i viaggi nello spazio più accessibili ed efficienti grazie a missili riutilizzabili, ma fino ad ora si è concentrata su voli utili a portare carichi paganti a base di merci, rifornimenti, satelliti.
Ora, secondo Eric Berger di Ars Technica, è stata stabilita la data per la missione Demo-2 della Dragon Crew che prenderà il via tra fine aprile ed il 7 maggio.
Berger avverte che la data di lancio è “fluida” e potrebbe essere spostata nella seconda metà di aprile o spinta più avanti a maggio e che non è stata presa una decisione finale sulla durata della missione. Insomma, SpaceX sta per diventare la prima impresa privata a portare astronauti in orbita bassa, sarà anche la compagnia che avrà riportato astronauti americani nello spazio partendo dal suolo americano dal 2011, anno di chiusura del programma Space Shuttle.
Berger chiarisce che SpaceX non conosce ancora la durata della missione perché la NASA vuole ridurre al minimo il tempo in cui l’equipaggio della ISS sarà ridotto a soli tre membri e si sta progettando di prolungare la missione di test.
In ogni caso, questa primavera, se non si presenteranno nuovi problemi, SpaceX effettuerà il suo primo volo con equipaggio – un evento che potrebbe un giorno essere inserito nei libri di storia.