Quello del Redshift è un concetto chiave per gli astronomi. Il termine può essere inteso letteralmente: significa che, con l’aumentare della distanza, la lunghezza d’onda della luce si allunga, quindi la luce è vista come “spostata” verso la parte rossa dello spettro.
Qualcosa di simile al redshift accade alle onde sonore quando una sorgente sonora si muove rispetto a un osservatore. Questo effetto è chiamato “effetto Doppler” dal nome di Christian Andreas Doppler, un matematico austriaco che scoprì che la frequenza delle onde sonore cambia se la sorgente del suono e l’osservatore si muovono l’uno rispetto all’altro.
Se i due si stanno avvicinando, la frequenza udita dall’osservatore è più alta; se si allontanano l’uno dall’altro, la frequenza ascoltata è più bassa.
Ci sono molti esempi quotidiani dell’effetto Doppler: il tono mutevole delle sirene della polizia e delle ambulanze, o i fischietti dei treni e i motori delle auto da corsa mentre passano. In ogni caso, c’è un cambiamento udibile di intonazione quando la sorgente si avvicina e poi oltrepassa un osservatore.
Tutti hanno sentito il tono aumentato di una sirena della polizia in avvicinamento e il brusco calo del tono mentre la sirena passa e si allontana. L’effetto nasce perché le onde sonore arrivano all’orecchio dell’ascoltatore più vicine tra loro quando la sorgente si avvicina e più distanti quando si allontana.
La luce si comporta come un’onda, quindi la luce di un oggetto luminoso subisce uno spostamento simile all’effetto Doppler, appunto il redshift, se la sorgente si muove rispetto a noi. Sin dal 1929, quando Edwin Hubble scoprì che l’Universo si sta espandendo, sappiamo che la maggior parte delle altre galassie si sta allontanando da noi. La luce di queste galassie ci arriva spostata su lunghezze d’onda più lunghe (e questo significa più rosse), in altre parole, viene “spostata verso il rosso” generando quello che in astronomia viene definito redshift.
Poiché la luce viaggia a una velocità così grande rispetto ai fenomeni quotidiani (un milione di volte più veloce del suono), non sperimentiamo questo spostamento verso il rosso nella nostra vita quotidiana.
Lo spostamento verso il rosso di una galassia lontana o di un quasar può essere facilmente misurato confrontando il suo spettro con uno spettro di laboratorio di riferimento. Le righe di emissione e assorbimento atomico si verificano a lunghezze d’onda ben note. Misurando la posizione di queste righe negli spettri astronomici, gli astronomi possono determinare lo spostamento verso il rosso delle sorgenti che si allontanano.
Tuttavia, per essere precisi, gli spostamenti verso il rosso osservati in oggetti distanti non sono esattamente dovuti al fenomeno Doppler, ma sono piuttosto il risultato dell’espansione dell’Universo.
Gli spostamenti Doppler derivano dal movimento relativo della sorgente e dell’osservatore attraverso lo spazio, mentre gli spostamenti verso il rosso astronomici sono “spostamenti verso il rosso di espansione” dovuti all’espansione dello spazio stesso, cioè alla dilatazione del tessuto dello spazio-tempo che si interpone tra due oggetti nel tempo che la luce impiega a percorrere la distanza dall’uno all’altro.
Due oggetti possono effettivamente essere stazionari nello spazio e subire comunque uno spostamento verso il rosso se lo spazio intermedio stesso si sta espandendo.
Un’analogia classica utilizzata per spiegare l’espansione dell’Universo e l’allontanamento delle galassie con il conseguente redshift è una pagnotta di pane all’uvetta non cotto. Prima che l’impasto lieviti, i chicchi di uvetta sono a riposo l’uno rispetto all’altro. Man mano che l’impasto lievita, però, si espande anche, facendo aumentare lo spazio tra i chicchi di uvetta.
Se l’uvetta potesse vedere, osserverebbe che tutte le altre uvette si stanno allontanando tra loro sebbene esse stesse non si stiamo muovendo all’interno della pagnotta. È solo l’impasto – il loro “Universo” – che si sta espandendo.
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