Ve ne parlammo in questo articolo qualche tempo fa. Un team di scienziati ha trascorso 12 mesi ad analizzare campioni di acqua prelevati praticamente ovunque intorno e all’interno del lago di Loch Ness, con lo scopo di analizzare campioni organici da cui estrarre il DNA e capire quali animali abitano il lago.
Il team ha utilizzato una metodologia di indagine chiamata eDNA, Environmental DNA (Dna ambientale), che permette di ricostruire le caratteristiche di un ecosistema campionando le sostanze organiche presenti in un’area: un minuscolo frammento di pelle, una particella di escremento, un pezzetto di pelo… Questo metodo ha permesso di scoprire che in alcune grotte della Spagna e della Francia vissero dei Neanderthal, anche se di questi non vi sono testimonianze, oppure che un gran numero di balene nuota di fronte alle coste del Qatar.
Ebbene, i risultati delle analisi, anticipati dal team, sono interessanti ma non del tutto conclusivi.
L’analisi dei campioni non ha rilevato alcun tipo di DNA che potrebbe risalire a qualche animale del Giurassico e nemmeno sono state rilevate tracce della presenza di squali o pesci gatto, protagonisti di altre due ipotesi sull’identità del famigerato mostro.
Ciò, però, non significa che la ricerca sia stata inutile. C’era un’altra teoria, abbandonata fin dal primo avvistamento, però, secondo cui il mostro potrebbe essere un’anguilla gigante.
Ebbene, le analisi hanno permesso agli scienziati di rilevare DNA di anguilla.
“Troviamo una grande quantità di DNA di anguille. Le anguille sono molto abbondanti a Loch Ness, con DNA di anguille trovato in quasi tutte le località campionate“, hanno scritto i ricercatori sul sito web del progetto.
“Ricerche precedenti avevano già suggerito che un’anguilla gigante potesse spiegare alcuni avvistamenti. Quell’idea ha poi perso popolarità quando sono emerse le ipotesi basate su rettili estinti, ma risultano nell’area numerose segnalazioni di anguille molto grandi da un certo numero di testimoni“.
In particolare, il DNA proviene da anguille europee (Anguilla anguilla), cosa che, però, presenta un altro problema. Per quanto ne sanno i biologi, questi pesci non crescono più di 1,5 metri circa. Per essere coerente con i rapporti su Nessie, un’anguilla dovrebbe essere molto più grande.
I dati non rivelano la dimensione delle anguille che spargono il loro DNA nel lago di Loch Ness, ma l’idea non è senza precedenti. Un’altra strana bestia avvistata in un lago dell’altopiano avrebbe potuto essere un’anguilla.
Nel 1865, un enorme “serpente di mare” fu avvistato nel lago di Leurbost, dall’aspetto simile ad un’anguilla – portando alla conclusione che era, probabilmente, un’anguilla.
Ulteriori ricerche dovranno essere intraprese per capire in che modo un’anguilla si adatta agli avvistamenti del mostro, ammesso sia possibile ma i risultati del team hanno rivelato molto più che escludere semplicemente possibili mostri. Finora hanno trovato alcune specie dentro e intorno al lago, la maggior parte delle quali è nota per essere residente. Il team ha identificato il DNA di 11 specie di pesci, 3 anfibi, 22 uccelli e 19 mammiferi.
“Una delle scoperte più intriganti è stata la grande quantità di DNA proveniente da specie terrestri nel sistema Loch“, hanno scritto i ricercatori.
“Questi includevano alti livelli di DNA dall’uomo e una varietà di specie associate a noi, come cani, pecore e bovini. Abbiamo anche rilevato specie selvatiche locali nell’area, ad esempio cervi, tassi, volpi, conigli, arvicole e diverse specie di uccelli. Questi risultati mostrano che le indagini eDNA sulle principali vie navigabili possono essere utili per rilevare rapidamente la diversità biologica a livello regionale“.
E ci sono state altre sorprese. Molta diversità microbica precedentemente sconosciuta è stata rivelata dal DNA, ad esempio un batterio che di solito vive in acqua salata. Ci sono ancora migliaia di specie di microbi rilevate nei campioni che non sono stati ancora identificati, quindi il lavoro continua.
“Loch Ness è vasto e dato che i segnali di eDNA nell’acqua si dissipano rapidamente, durando al massimo giorni o settimane, rimane la possibilità che ci sia qualcosa di presente che non abbiamo rilevato perché abbiamo campionato in luoghi sbagliati nel momento sbagliato, o il nostro il metodo di metabarcoding non è riuscito a rilevare “Nessie” perché la sequenza non poteva essere abbinata a nulla nei database delle sequenze“, hanno scritto i ricercatori.
“La nostra indagine, come ogni indagine precedente, non ha prove definitive sul mostro. Provare che qualcosa non esiste è praticamente impossibile. Abbiamo comunque un’ulteriore teoria da testare, quella dell’anguilla gigante, e potrebbe valere la pena di esplorarla questo in modo più dettagliato“.
Un documento che illustra in dettaglio i risultati dello studio è stato rilasciato sul sito dell’iniziativa.
Fonte: LochNessHunter