Queste carenze dovrebbero preoccupare, perché noi umani abbiamo già indirizzato il nostro sistema alimentare verso una crisi di sostenibilità. Come ogni vegano è in grado di spiegare, il sistema globale basato sull’allevamento di proteine animali a scopo alimentare ha dei difetti.
Utilizziamo il 77% delle terre agricole del mondo per coltivare mangimi per animali da carne, anche se rappresentano solo il 17% delle calorie consumate. Il bestiame emette il 14,5 per cento dei gas serra che causano cambiamenti climatici; l’allevamento di maiali rappresenta un possibile serbatoio di virus influenzali che causano pandemie; l’allevamento di avidi alimenta lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.
Ma questi non sono problemi causati dalle proteine animali in sé; sono problemi di scala e capitalismo. E il futuro degli insetti come cibo minaccia di diventare altrettanto industriale. Alcuni paesi europei dispongono già di “strutture per l’allevamento di massa, enormi, grandi come hangar per aerei“, afferma Berggren. Ma non deve essere necessariamente un problema. Il nuovo interesse per gli insetti è, in effetti, un’opportunità. “Se iniziamo ad allevare questi insetti al posto degli animali, dovremmo essere in grado di organizzare il tutto senza ricadere nei vecchi errori.”
Per esempio, oggi la gente usa un’enorme quantità di terra per coltivare le piante, necessarie a nutrire gli animali di cui ci nutriamo. Gli insetti hanno bisogno di meno cibo per fornire più proteine.
Il fatto che poche persone stiano pensando alla sostenibilità si adatta a un modello. Secondo Bob Martin, direttore del Food Policy Program della Johns Hopkins School of Public Health, la mancata attenzione alla sostenibilità, già avvenuta con i polli e che sta ripetendosi con l’acquacoltura, è un pericolo, perché polli e pesci vengono letteralmente imbottiti di antibiotici e questo non fa altro che aumentare il rischio che si selezionino ceppi batterici resistenti a quegli antibiotici.
Lo stesso potrebbe verificarsi con gli allevamenti di insetti, magari in modo diverso. Ad esempio, l’Aspire Food Group, che produce grilli e farina di grilli, vende le feci dei grilli agli agricoltori, che le usano come fertilizzante del suolo. Le percentuali di azoto, fosforo e potassio nelle feci di grillo non sono molto migliori dei fertilizzanti attualmente disponibili, afferma Gabe Mott, cofondatore e direttore operativo di Aspire, ma alcuni agricoltori pensano che le feci di grillo amplificano i tassi di crescita delle piante. Ma dalla lavorazione dei grilli trattati a scopo alimentare derivano altre tipologie di rifiuti, parti del corpo e altro. Cosa succederò quando la produzione arriverà a migliaia di tonnellate di grilli?.
Quel giorno sta arrivando. “Stiamo mettendo tra i 5.000 ed i 10.000 grilli per contenitore e abbiamo migliaia di contenitori“, dice Mott. “Possiamo fare ricerche su una scala che nessun laboratorio ha mai fatto“. Questo si traduce nell’elaborazione di 1 milione di grilli al giorno.
Per essere chiari, con alcune misure, il problema con l’alimentazione del mondo non è di quantità ma di distribuzione. Taglia la quantità di proteine che mangiano gli americani e la terra usata per produrre le piante che alimentano quella carne potrebbe invece coltivare frutta e verdura. Gli americani mangiano molte più proteine e grassi rispetto alla media mondiale, e da due a tre volte più carne rossa che negli altri paesi anche considerando che alcuni paesi (e le parti più povere degli Stati Uniti) sperimentano la malnutrizione.
Sarà necessario studiare e predisporre le cose in modo che tutto sia alla portata di tutti, altrimenti rischieremo di avere un mondo in cui il 99% delle persone dovrà nutrirsi di insetti a basso costo e l’1% potrà permettersi una bistecca nel piatto. Inoltre, se non verrà studiata, e applicata, una regolamentazione stringente e con verifiche puntuali, rischieremo di ripetere quanto accaduto con polli e pesci e di continuare a scavarci la fossa.