Bayraktar TB2, Orion, droni kamikaze e Wing Loong. Sono loro i protagonisti indiscussi, e non sempre visibili, della nuova fase che sta attraversando la guerra in Ucraina. Non stiamo parlando di generali o strateghi, bensì di droni silenziosi e letali. Tra apparecchi volanti richiesti a Paesi terzi e apparecchi già operativi nei cieli ucraini, la situazione è piuttosto complessa e richiede una guida minimale.
Partiamo con gli Orion, i droni utilizzati dalla Russia. Come ha sottolineato Repubblica, in un primo momento erano rimasti sottotraccia onde evitare gli assalti della contraerea avversaria; quando, poi, i russi hanno capito che i loro timori erano infondati – o comunque da ricalibrare -, eccoli sfrecciare nell’atmosfera. Adesso gli Orion rientrano sempre più spesso all’interno dei filmati trasmessi e diffusi dalla propaganda russa.
E non solo per mostrare agli avversari e al mondo intero i danni che sono capaci di fare, ma anche e soprattutto per evidenziare il livello tecnologico raggiunto da Mosca. Sul fronte ucraino troviamo invece i Bayraktar TB2 di produzione turca. Piccoli, agili e realizzati da Ankara, questi bombardieri in miniatura hanno sferrato colpi sensazionali, distruggendo diversi mezzi russi. Vista la loro centralità nel conflitto, cerchiamo di capire meglio quali sono le caratteristiche di questi strumenti.
I droni russi
Uno dei primi filmati virali aveva come protagonista un Orion intento a distruggere senza pietà una postazione ucraina nel Donbass. L’Orion, simile al Predator statunitense, è un velivolo da combattimento a pilotaggio remoto, ovviamente di fabbricazione russa (sviluppato da Kronstadt Group), in grado di effettuare voli di lunga durata a medie altitudini. Non è nuovissimo, visto che ha effettuato il suo primo volo nel 2016 e che i primissimi esemplari sono stati consegnati nella primavera del 2020.
In precedenza erano stati utilizzati in Siria per supportare il governo di Assad. Data la loro efficienza, Mosca ha deciso di implementarne la produzione. A quanto pare, in Ucraina la Russia potrebbe contare su una trentina di questi droni. Tra le loro caratteristiche più interessanti troviamo il fatto che possano restare in volo per un giorno intero e lanciare quattro missili controcarro volando a circa 200 chilometri orari. Dall’altro lato, avendo ali di 16 metri, risultano lenti e non sempre agilmente manovrabili.
A Kiev, inoltre, è precipitato un drone kamikaze realizzato dalla Kalashnikov. Si tratta di un apparecchio silenzioso incaricato di centrare il bersaglio predisposto distruggendolo e autodistruggendosi. Da qui le origini del suo nome: kamikaze.
I droni ucraini
L’Ucraina si affida invece ai Bayraktar TB2, realizzati dalla turca Baykar Technologies. La loro propulsione è assicurata da un motore a 4 cilindri contrapposti Rotax 912 da 100 shp di potenza, prodotto dall’austriaca Rotax. La versione TB2 può trasportare un carico di 150 chilogrammi tra mini bombe a guida laser, missili anticarro a lungo raggio e razzi. Esiste una seconda versione dei Bayaraktar, la TB2S, con un sistema di controllo remoto a guida Gps e dotata di apparecchiature satellitare situate in una sporgenza del drone.
Il modello TB2, invece, può essere definito come un hunter-killer da impiegare per la sorveglianza a lunga autonomia e a medie altitudini. Sembra che i russi non riescano in nessun modo a fermare gli attacchi di questi droni. È per questo che, secondo alcune indiscrezioni, Mosca avrebbe chiesto aiuto a Pechino. In particolare, il Cremlino avrebbe messo gli occhi sui Wing Loong cinesi. Vedremo se anche questi droni si uniranno o meno al conflitto ucraino.