“La posta in gioco è diventata molto alta“, ha detto il cosmologo britannico Martin Rees. “Viviamo nel primo secolo in cui gli esseri umani possono determinare il futuro del pianeta.”
Da qualche giorno, complice il nuovo libro di Rees “On the Future: Prospects for Humanity” (Princeton University Press, 2018) ha ripreso a girare un argomento caro ai complottisti, che potrebbe facilmente fare presa sull’opinione di molti utenti di internet, laureati all’università di You tube con master i Google Search: se le cose vanno male, gli acceleratori di particelle che provocano collisioni tra le particelle subatomiche a velocità immense, come Large Hadron Collider del CERN, situato a Ginevra, in Svizzera, potrebbero trasformare la Terra in una piccola sfera ultradensadensa o in un buco nero.
Si tratta di un mantra che riemerge ogni volta che gli scienziati del CERN annunciano l’avvio di una nuova campagna di esperimenti e test, e che trae spunto da frasi estrapolate dal loro contesto, dette o scritte da scienziati di varie parti del mondo.
Ad esempio, Rees, in una recente intervista, ha spiegato che al contrario di quanto hanno scelto di capire alcuni personaggi, il suo libro afferma proprio il contrario, ovvero che la probabilità che accada qualcosa del genere è molto, molto bassa. L’idea che il Large Hadron Collider (LHC) possa creare dei mini buchi neri circola ormai da qualche anno ma non è certo di questo che c’è ragione di preoccuparsi.
“La certezza che preoccupazioni del genere non debbano sfiorarci sta principalmente in due fatti: il primo è relativo all’immense quantità di energia che sarebbe necessaria per generare un buco nero, quantità di energia che non sarebbe disponibili nemmeno se LHC potesse attingere all’energia in distriubuzione in tutto il mondo. La seconda ragione sta nella natura dell’universo che già esegue questi esperimenti fino alle estreme conseguenze.”
“I raggi cosmici, che sono particelle dotate di energie molto più elevate di quelle realizzabili nei nostri più potenti acceleratori di particelle, spesso si scontrano tra loro nello spazio e non hanno ancora combinato nulla di così disastroso come strappare la struttura dello spazio tempo.” Ha spiegato Rees.
“Non è stupido pensare a queste cose, ma non sono preocupazioni serie.”, ha continuato. Al contrario, “se stai facendo qualcosa sulla quale non hai una guida dalla natura, allora devi essere un po’ più cauto“.
È in questi casi che la tecnologia può rappresentare una minaccia realistica per il futuro.
Bisogna prestare attezione quando la natura non ha già la risposta
Le modifiche genetiche, ad esempio, potrebbero produrre nuovi prodotti biologici che non esistono in natura, con conseguenze non prevedibili.
Se “armeggi con un virus, non puoi essere abbastanza sicuro di quali siano le conseguenze“, ha continuato Rees. “Può darsi che tu possa creare una forma di virus di cui non conosci le capacità e, non essendosi evoluta in natura, potrebbero non esserci adguate difese naturali contro di lui“.
Si parla molto,e con molta leggerezza, di ingegneria genetica. Ultimamente, per esempio, si è parlato molto della possibilità di introdurre delle modifiche nel codice genetico delle zanzare ma non si tiene conto che, anche se potremmo ottenere una diminuzione della trasmissione di quelle malattie che usano le zanzare come vettore, gli effetti ambientali di un tale cambiamento sono completamente imprevedibili.
Non c’è dubbio sul fatto che la tecnologia sta rendendo sempre più facile che le azioni di un singolo possano avere conseguenze di vasta portata.
“Un piccolo gruppo di persone determinate a fare guai, può provocare qualcosa che ha conseguenze globali in un modo tutto nuovo: un esempio è un attacco informatico globale.”
Un’altra grande minaccia che gli stessi uomini stanno portando al proprio futuro è la pesante influenza che stanno collettivamente esercitando sul clima, l’ambiente e la biodiversità. È certamente importante confrontarsi su come combattere le pressioni che l’umanità sta ponendo al mondo. Peraltro, secondo Rees, è molto più facile risolvere i problemi del mondo combattendo il cambiamento climatico, piuttosto che imballando le nostre cose e andando su un nuovo pianeta.
Secondo il venerando astronomo, “È un’illusione pericolosa pensare che possiamo sfuggire ai problemi del mondo andando su Marte“. A suo avviso, sarao i robot, più adatti ai viaggi spaziali rispetto agli uomini, ad esplorare il cosmo.
Rees non pensa che i robot e l’IA siano davvero una minaccia per il futuro.
“Non mi preoccupo tanto quanto alcune persone fanno sul fatto che l’IA prenda il sopravvento“, ha spiegato l’autore de “Our final Hours” (Il secolo finale). Gli umani si sono evoluti dai precedenti primati a causa della selezione naturale, e le caratteristiche che che hanno permesso questo successo sono state l’intelligenza e l’aggressività. L’elettronica “non è impegnata in una lotta per la sopravvivenza come nella selezione darwiniana, quindi non c’è nessun motivo per cui dovrebbe voler predere il sopravento sugli esseri umani”.
Sarà questo il motivo per cui i robots on sentirao il bisogno di annientare la razza umana e di espandersi nell’universo. Sarebbe troppo “antropomorfo“.
Le IA potrebbero semplicemente volersi sedere a pensare.
Come si può notare, Martin Rees manifesta un pensiero diametralmente opposto a quello più volte espresso dall’illustre astrofisico Stephen Hawking quando era in vita, secondo il quale le IA potrebbero costituire una grave minaccia per l’umanità, se non programmate adeguatamente. Lo stesso Hawking si è anche più volte espresso circa la necessità di rendere l’umanità una specie multiplanetaria, allo scopo di preservarla da eventuali disastri o catastrafi a livello di estinzione che dovessero colpire la Terra, catastrofi che potrebbero andare dall’estinzioe dovuta a modifiche climatiche irreversibili all’impatto di grandi asteroidi, fino ad altri possibili eventi cosmici.
Fonte: Space.com