Usando l’editing genetico tramite la CRISPR, gli scienziati hanno portato un gruppo di cellule tumorali ad uccidere quelle non ingegnerizzate.
Le cellule tumorali che finiscono nel circolo sanguigno hanno una specie di istinto che le spinge a tornare nel tumore dove hanno avuto origine. Interessati da questa abilità, un gruppo di ricercatori hanno utilizzato tecniche di ingegneria genetica per portare queste cellule tumorali vaganti a secernere una proteina letale per le cellule tumorali normali del tumore madre. Questa proteina attiva l’interruttore che provoca l’apoptosi (morte cellelare bprogrammata) nelle cellule tumorali residenti che incontrano. In queste cellule killer è stato anche attivato un meccanismo che ne provoca il suicidio una volta rilasciata la proteina. In questo modo, le cellule killer si autodistruggono prima che possano a loro volta provocare tumori. I risultati dell’esperimento sono stati pubblicati dal team che lo ha effettuato su Science Translational Medicine dell’11 luglio .
Il nuovo studio non è il primo tentativo di combattere il cancro con il cancro. Ricerche precedenti, per esempio, hanno utilizzato cellule tumorali circolanti per trasmettere virus che uccidono il cancro alle cellule tumorali non circolanti. Il nuovo approccio utilizza la tecnologia di modifica dei geni chiamata CRISPR / Cas9 per manipolare le cellule tumorali offensive e dare loro proprietà più sofisticate, come la capacità di autodistruggersi una volta non più necessarie.
Cellule circolanti
Quando le cellule tumorali circolanti (in verde), ingegnerizzate con la tecnologia CRISPR per uccidere altre cellule tumorali, vengono iniettate in un topo, migrano nel tempo verso le cellule tumorali residenti da cui hanno avuto origine (in rosso), come si vede in queste microfotografie a fluorescenza.
“La nuova svolta qui è l’uso della tecnologia basata sulla CRISPR per aggiungere resistenza e caratteristiche di sensibilità alle cellule dei genitori“, afferma Renata Pasqualini, biologa del cancro al Rutgers Cancer Institute del New Jersey a Newark.
Per far funzionare la tecnica sono necessari diversi passaggi. In primo luogo, i ricercatori hanno dovuto individuare una proteina in grado di innescare la morte cellulare in molti tipi di cellule tumorali. La proteina selezionata si chiama S-TRAIL e si è dimostrata in grado di uccidere una varietà di cellule cancerose senza essere particolarmente tossica per le cellule sane.
Quindi, il team ha testato due diversi approcci. Prima sono state selezionate cellule di glioblastoma (un tipo di cancro al cervello molto aggressivo) resistenti agli effetti della S-TRAIL. A questo punto i ricercatori hanno usato la CRISPR per modificare i geni in queste cellule tumorali inducendo una abbondante produzione di S-TRAIL, e quindi immesso in circolo queste cellule affinche raggiungessero il tumore principale composto di cellule sensibili alla proteina mortale.
In un altro approccio, gli scienziati hanno prelevato cellule di glioblastoma sensibili agli effetti di S-TRAIL e hanno eliminato i geni che provocano tale sensibilità per poi inserirvi i geni che provocano la produzione della proteina.
Entrambi i tipi di cellule ingegnerizzate hanno ridotto le dimensioni dei tumori nei topi inoculati rispetto al gruppo di controllo composto da topi che non hanno ricevuto il trattamento. I topi trattati hanno vissuto più a lungo.
“Ogni approccio ha vantaggi e svantaggi,” ha affermato il coautore dello studio Khalid Shah, genetista del Brigham and Women’s Hospital di Boston.
“In un contesto clinico – ancora molto lontano da questa ricerca – l’uso di cellule che non sono ancora resistenti a S-TRAIL potrebbe essere un po’ problematico“, spiega Shah. “ma permetterebbe ai medici di raccogliere le cellule tumorali dei pazienti e quindi trasformarle in un’arma mirata contro quel cancro specifico. Ovviamente i tempi necessari per mettere a punto il gruppo di cellule killer attraverso l’ingegneria genetica potrebbe rendere questa opzione inutile per pazienti in uno stadio molto avanzato della malattia.”
Al contrario, un approccio realizzato con ceppi di cellule standard già resistenti alla S-TRAIL, sarebbe più rapido ed accessibile ma difficilmente potrebbe essere efficace poiché quelle cellule sarebbero estranee allo specifico paziente, con un forte rischio di rigetto da parte dell’apparato immunitario.