All’alba del 22 settembre 1979, il satellite statunitense VELA 6911, progettato per rilevare esplosioni nucleari, individuò un doppio flash proveniente da un punto della vasta area del Sud Atlantico / Oceano Indiano.
Il doppio lampo, che è una caratteristica di una detonazione nucleare, mise in ansia l’apparato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Qual era stata la fonte del segnale VELA? Una nazione aveva fatto esplodere segretamente un’arma nucleare e probabilmente aveva violato il Trattato sul divieto dei test? Chi era il colpevole? O forse si trattò solo di un malfunzionamento o di qualcosa di naturale?
Nei mesi seguenti, le agenzie governative statunitensi avviarono indagini riservate per capire cosa fosse realmente accaduto. Inizialmente, il segnale VELA venne interpretato come il molto probabile effetto di un’esplosione nucleare a basso rendimento nell’estremo Sud Atlantico, forse da parte del Sud Africa o di Israele o da entrambi. In seguito un gruppo scientifico di alto livello della Casa Bianca, presieduto dal professore di ingegneria elettrica del MIT Jack Ruina, concluse che il segnale era probabilmente il risultato di un evento “zoo” non nucleare inspiegabile (ad esempio, un meteorite).
In conclusione, le agenzie governative statunitensi non giunsero mai a un consenso, né produssero una dichiarazione pubblica, sebbene i risultati del Ruina Panel divennero la posizione semi-ufficiale della Casa Bianca. Nonostante questo, il punto di vista è stato fortemente contestato da esperti sia dell’intelligence sia delle comunità scientifiche all’interno del governo degli Stati Uniti. Alla fine del 1980, era noto pubblicamente che la controversia intra-governativa sull’incidente VELA si inasprì. Eppure gli studi che ispirarono il dibattito sono rimasti riservati.
Negli anni successivi, alcune parti della controversia sull’incidente VELA furono declassificate o trapelarono. Ora sappiamo che la CIA aveva “valutato la probabilità di un test nucleare come a più del 90%”. Il Naval Research Laboratory (NRL) condusse il proprio studio altamente classificato sull’argomento, utilizzando i dati del sistema di sensori idroacustici globali della Marina (e altri sistemi classificati degli Stati Uniti), che sembravano non solo corroborare, ma anche individuare la posizione di una presunta detonazione nucleare a basso rendimento.
Nel 2010, il presidente Jimmy Carter pubblicò i suoi diari della Casa Bianca, una fonte che rende evidente che entro il 27 febbraio 1980 – in forte contrasto con i risultati classificati preliminari del Ruina panel della Casa Bianca emessi solo un mese prima – ritenne che l’incidente VELA fosse un test. Scrisse: “Abbiamo una crescente convinzione tra i nostri scienziati che gli israeliani abbiano effettivamente condotto un’esplosione nucleare di test nell’oceano vicino all’estremità meridionale del Sud Africa”. L’opinione di Carter potrebbe essersi basata sul rapporto preliminare NRL. Il suo consigliere per la sicurezza nazionale, il compianto Zbigniew Brzezinski, espresse un’opinione simile in un’intervista con il biografo di Carter Kai Bird, nel 2016.
Per decenni, l’incidente VELA del 1979 è stato visto come un mistero irrisolto dell’era nucleare; uno di quegli eventi storici che richiedono la declassificazione dei documenti chiave sull’incidente e sulla controversia che ne è derivata. Al momento, il dibattito pubblico rimane aperto, in mancanza di una “pistola fumante”, sebbene siano emerse nuove informazioni e analisi scientifiche a sostegno dell’idea che i dati VELA provenissero da un test nucleare. Tuttavia molti – forse la maggior parte – dei documenti rilevanti per l’incidente VELA sono ancora classificati.
Gli Stati Uniti dopo la chiusura del caso VELA continua a fingere di non sapere che Israele possiede armi atomiche. Il programma atomico israeliano, aperto negli anni ’50, è stato rivelato nel 1986 al Sunday Times da un tecnico della centrale di Dimona (Neghev), Mordechai Vanunu, che ha pagato le rivelazioni con 18 anni di carcere ed isolamento, dopo essere stato rapito dal Mossad a Roma.
In un articolo del New Yorker del giugno 2018 si afferma che Israele avrebbe lettere di Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama e Donald Trump, in cui i quattro presidenti si impegnano a proteggere le armi nucleari. Le Amministrazioni Usa non solo non hanno imposto a Israele la firma del trattato di non proliferazione ma hanno accettato la linea ambigua dello Stato ebraico che non conferma e non smentisce di possedere armi atomiche.
La cooperazione militare tra Israele e il Sudafrica dell’apartheid è andata avanti per decenni anche se il primo ministro israeliano Menachem Begin nel 1977 ne negò la collaborazione per lo sviluppo di armi. Il giornalista e ricercatore Sasha Polakow-Suransky la descrive dettagliatamente nel suo libro del 2010, “The Unspoken Alliance: Israel’s Secret Relationship with Apartheid South Africa”. Polakow-Suransky, dopo aver consultato oltre 7000 pagine di documenti ufficiali sudafricani declassificati, presenta nel libro prove sull’offerta di testate nucleari fatta dal leader israeliano Shimon Peres al ministro della difesa sudafricano Botha nel 1975.
Testate che il Sudafrica non comprò in quanto intenzionato a costruirle chiedendo però la collaborazione di Israele. La cooperazione bellica tra i due paesi, è andata avanti per decenni, “quasi fino alla vigilia della presidenza di Mandela“, secondo quanto afferrmato da Polakow-Suransky.
Fonte: https://ilmanifesto.it/incidente-vela-un-segreto-del-nucleare-israeliano-40-anni-dopo/