Il giuggiolo è una pianta caducifoglia e latifoglia, generalmente si presenta in forma di albero ma, qualche volta, può svilupparsi come arbusto; con gli anni raggiunge un’altezza variabile tra i 6 ed i 12 metri.
Le foglie si presentano arrotondate e di un colore verde chiaro e brillante.
Le radici vanno molto in profondità, permettendo al giuggiolo di resistere a calura e siccità anche in terreni detritici. La struttura dell’albero è molto articolata e i rami sono ramificati e contorti con una corteccia molto corrugata che si sfalda, come quella del fusto; i rami sono ricoperti di spine.
Il giuggiolo produce fiori di piccole dimensioni dal colore bianco verdastro; la fioritura avviene tra giugno e agosto; la maturazione dei frutti tra settembre e ottobre.
I frutti sono delle drupe provviste di un unico seme all’interno; hanno le dimensioni più o meno di un’oliva, con buccia di un colore che va dal rosso porpora al bruno rossastro, la loro polpa è giallastra. La zizifina, un composto che si trova nelle foglie del giuggiolo, sopprime nell’uomo la percezione del sapore dolce.
Se colto quando non ancora maturo (ossia quando presenta un colore verde uniforme), il frutto del giuggiolo ha un sapore simile a quello di una mela. Con il procedere della maturazione, il frutto si scurisce, la superficie si fa rugosa e il sapore diviene via via più dolce, fino ad assomigliare a quello di un dattero. Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia quando sono leggermente raggrinzite.
Il giuggiolo, nome scientifico Ziziphus jujuba, appartiene alla famiglia delle Rhamnaceae e al genere dei Ziziphus, ed è noto anche come dattero cinese.
Si ritiene che il giuggiolo sia originario dell’Africa settentrionale e della Siria, e che sia stato successivamente esportato in Cina e in India, dove viene coltivato da oltre 4000 anni. I romani lo importarono per primi in Italia, e la chiamarono ziziphum (dal greco ζίζυφον, zízyphon).
In Italia però fu diffuso dai veneziani, che lo importarono direttamente dall’oriente e lo diffusero dapprima in Dalmazia, poi sulle isole della laguna e infine sulla terraferma, nella zona dei Colli Euganei, quella più idonea nel nord-est alla loro coltura per esposizione e clima.
Le giuggiole, in generale, sono molto amate, sia per il loro gusto particolare, che per le loro proprietà terapeutiche.
Oggi le giuggiole vengono coltivate con una certa intensità solo in alcune zone del nostro Paese, come la Toscana, la Campania e in particolare in Veneto. Nella zona dei colli Euganei, in un piccolo borgo chiamato Arquà Petrarca, ancora oggi viene prodotto il famoso brodo di giuggiole. Si tratta di un tipico liquore, dolce e gustoso, che si prepara utilizzando giuggiole appassite.
Le giuggiole si possono consumare fresche subito dopo la raccolta oppure si possono conservare per lungo tempo essiccandole o mettendole sotto spirito; si prestano inoltre per preparare confetture e sciroppi, o come ingrediente per farcire dolci secchi e biscotti.
E’ un frutto gustoso e con molte proprietà che possono aiutare il nostro corpo a stare meglio. Ricco di vitamina C, è ottimo anche per digerire ed è anche blande proprietà di tranquillante. La Giuggiola può risultare utile anche a chi soffre di stipsi o di pressione alta. Ha anche proprietà vagamente antinfiammatorie e, essendo ricco di fosforo e ferro, quella di coadiuvare la circolazione sanguigna. Chi è più avanti con l’età, può contare su questo frutto per aiutare le ossa e per la lotta ai radicali liberi, grazie alla la vitamina C che rafforza il sistema immunitario. Alla giuggiola viene anche attribuita la proprietà di potenziare la Memoria.
La miglior ricetta che vede la Giuggiola protagonista è quella dei biscotti, ottimi da gustare con il té o a colazione. Per preparare 20 biscotti di giuggiola classici servono 200 grammi di farina gialla per polenta, 150 di farina 00, 60 grammi di zucchero, 1 uovo, 2 cucchiai di lievito per dolci, 50 grammi di burro, mezzo bicchiere di latte, un po’ di sale. Si può aggiungere della grappa, ma soprattutto ci vogliono le giuggiole, un etto, da tagliare a pezzi dopo averle private del nocciolo. Dopo aver setacciato le due farine, aggiungiamo il lievito e in una ciotola mescoliamo alle farine, il burro fuso messo al centro a cui sovrapporre zucchero, uovo, latte, sale e grappa. Solo dopo aver amalgamato tutto, possiamo aggiungere i nostri frutti e preparare delle palline da cuocere adagiate sulla lastra del forno coperta con carta forno a 180° per 20 minuti.
È noto il detto popolare “Andare in brodo di giuggiole” riferito all’essere particolarmente felici sensazione che sembra si appropri di chi consuma una quantità esagerata di questo liquore a base di giuggiole appassite. Le giuggiole trovano posto anche nella cosmetica: gli estratti di giuggiole sono tra gli ingredienti di molti prodotti per la pelle: creme anti rughe o pomate per le scottature.