L’umiliazione di Canossa è un avvenimento storico che avvenne presso il castello Matildico durante la lotta politica che ebbe come protagonisti la chiesa, all’epoca guidata da Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, il quale per riuscire a ottenere la revoca della scomunica impostagli dal papa fu costretto ad umiliarsi. La leggenda vuole che Enrico IV dovette stare ben tre giorni e tre notti inginocchiato di fronte al portale d’ingresso del castello di Matilde di Canossa durante una terribile bufera di neve.
Il periodo storico
Enrico IV apparteneva alla dinastia salica di Franconia, regione della Baviera del nord, al centro quindi della Germania, che fu una dinastia che resse il trono del Sacro Romano Impero dal 1024 al 1125.
Il periodo storico dominato da questa dinastia fu caratterizzato dal forte scontro con il papato in seguito alla cosiddetta lotta per le investiture. Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero, ha cercato durante il suo regno di trovare un modo per equilibrare sia l’alleanza della classe nobiliare che l’appoggio del pontefice, cercando così di rafforzare l’autorità imperiale. Purtroppo, con il tentativo di assegnare la diocesi di Milano, Enrico IV si è trovato nella condizione di poter perdere entrambe le sue alleanze. Questo episodio innescò un conflitto con papa Gregorio VII, personaggio storico divenuto famoso per la sua lotta alle investiture.
La lotta per le investiture
Enrico IV nel 1072 decise di invitare il conte Eberardo in Lombardia per riuscire a combattere i Patari, un movimento sorto all’interno della chiesa milanese, occasione in cui decise di nominare il chierico Tedaldo all’arcidiocesi di Milano. Questa sua scelta scatenò una lunga e astiosa diatriba con papa Gregorio VII, che decise di replicare alla decisione dell’imperatore con una lettera datata 8 dicembre, in cui l’imperatore veniva accusato di esser venuto meno alla parola data e di appoggiare i consiglieri scomunicati.
Il papa Gregorio VII decise, vista la gravità delle azioni di Enrico IV, di mandare anche un messaggio verbale, sottolineando così i crimini compiuti, che lo avrebbero portato non soltanto al bando ma anche, da parte della chiesa. alla perdita della corona.
Enrico IV non curante delle accusa del papa durante il sinodo di Worms, avvenuto il 24 gennaio del 1076, decise di dichiarare deposto il papa, chiedendo ai romani di nominarne uno nuovo. Il papa trovò pertanto nella condizione di dover combattere proprio all’interno di Roma, Arnaldo da Brescia, che si trovava a capo degli estremisti che pretendevano una chiesa assolutamente povera e per limitare le mire di Milano, una città di gran lunga già molto forte in Italia.
La reazione di papa Gregorio VII non si fece attendere e il 22 febbraio del 1076 pronunciò la sentenza di scomunica nei confronti di Enrico IV, liberando tutti i sudditi dal giuramento rivolto all’imperatore di fedeltà, desacralizzando così l’Impero.
La situazione divenne molto grave per Enrico IV che si vide inimicare i principi tedeschi, che gli imposero ad ottobre, a Tribur, di riuscire ad ottenere la riconciliazione con il papa entro un anno. Inoltre, fissarono un appuntamento per un’assemblea che si sarebbe tenuta l’anno successivo insieme a Gregorio, ad Augusta il 2 febbraio.
Enrico IV appena seppe che il papa stava per partire per Augusta, intraprese il viaggio con il suo esercito in Italia, a dicembre diretto verso Roma. Il papa Gregorio VII preoccupato della decisione di Enrico IV decise di rifugiarsi presso il castello di Canossa, dove fu ospite di Matilde.
L’umiliazione di Canossa
Enrico IV durante l’inverno tra il 1076 e il 1077, insieme alla suocera, alla contessa Adelaide, decisero di intraprendere la loro processione penitenziale verso Canossa, sperando così di ottenere la revoca della scomunica da parte di Gregorio VII. Insieme a loro si unirono anche il cognato Amedeo II di Savoia e il marchese Azzorre d’Este.
Enrico IV arrivato davanti il castello dovette umiliarsi attendendo tre giorni e tre notti, dal 25 al 27 gennaio del 1077, prima di poter entrare nella dimora della marchesa Matilde di Canossa, inginocchiato con capo cosparso di cenere, a piedi completamente scalzi, vestito soltanto con un saio nel bel mezzo di una fortissima bufera di neve. Fu grazie all’intervento del padrino di Enrico IV, l’abate Ugo di Cluny, e della marchesa Matilde che l’imperatore fu ricevuto da papa Gregorio VII il 28 gennaio.
L’impatto storico dell’umiliazione dell’imperatore
L’umiliazione di Canossa ebbe una forte ripercussione politica. Enrico IV una volta rientrato in Germania si rese conto che non aveva più un seguito. Il 15 marzo i principi tedeschi lo avevano deposto, eleggendo in sua vece il cognato Rodolfo di Svevia, che fu incoronato a Magonza, dall’arcivescovo Sigfrido.
Enrico IV dovette scontrarsi ben due volte con il suo rivale Rodolfo di Svevia in battaglia, sconfiggendolo, decisione che il 7 marzo fece arrivare un ulteriore scomunica da parte di Gregorio VII nei confronti dell’imperatore. Questa volta l’accusa era di non aver rispettato i patti di Canossa, e di aver impedito lo svolgimento dell’assemblea ad Augusta.
La lotta per le investiture proseguì con la sconfitta di Rodolfo, che perse la vita in battaglia, la nomina a Bressanone dei vescovi fedeli ad Enrico IV in un concilio convocato dall’imperatore stesso avvenuto il 25 giugno 1080, e la nomina di un antipapa, Guiberto arcivescovo di Ravenna, che assunse il nome di Clemente III. Successivamente, Enrico IV intraprese la discesa in Italia e la conquista da parte del suo esercito della città di Roma, dove papa Gregorio VII rimase asserragliato in Castel Sant’Angelo.
Gregorio VII per riuscire a contrastare Enrico IV e l’antipapa, decise di allearsi con il normanno Roberto il Guiscardo, non prima però di avergli tolto il 29 giugno del 1080, a Ceprano, la scomunica che gli aveva comminato sei anni prima per aver invaso il territorio pontificio di Benevento.
Curiosità sull’umiliazione di Canossa
Dal fatto storico dell’umiliazione di Canossa è nata la locuzione “andare a Canossa” riferita a chi si umilia o ammette di aver sbagliato, e quindi riferita a colui che chiede perdono o fa penitenza. L’espressione è utilizzata anche in altre lingue, come in quella francese, ossia “aller à Canossa”, in inglese tradotta in “go to Canossa”, e in tedesco in “nach Canossa gehen”.
L’espressione deriva da una frase pronunciata dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck nel 1872, che recita: “Noi non andremo a Canossa, né con il corpo né con lo spirito” o, in tedesco, “nach Canossa gehen wir nicht, weder körperlich noch geistig”.