L‘ Universo è in continua espansione, e con lui la voglia di sapere se è abitato da altre forme di vita intelligente. Molti hanno la certezza che i c.d. alieni siano già tra di noi e aspettino il momento opportuno per manifestarsi, chi invece coltiva il dubbio e appartiene alla comunità scientifica, anziché perdersi in adoranti attese, preferisce sviluppare strumenti di ricerca.
È il caso di un team di ricercatori dell’Università di Roma Tor Vergata ccordinato da Amedeo Balbi e dal gruppo del Politecnico federale di Losanna (Epfl) guidato da Claudio Grimaldi che ha pubblicato uno studio sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas), che riguarda la creazione di uno strumento capace di calcolare la probabilità di vita aliena nella nostra galassia in base ai segnali rilevati nell’atmosfera di altri pianeti.
La nuova tecnologia, che su basa su studi statistici, promette di aiutare gli astronomi grazie alla tecnica della spettroscopia che analizza la luce che viene diffusa dall’ atmosfera di un pianeta e che potrebbe svelare importanti indizi sui gas che contiene. Il rilevamento di ossigeno, metano oppure ozono, per esempio, potrebbe indicare l’esistenza di organismi viventi: se si riuscisse a identificare anche solo una “firma biologica“, sarebbe possibile calcolare la probabilità statistica di vita nella nostra galassia.
Partendo dall’ ipotesi che le forme di vita intelligente possono emergere su qualsiasi pianeta, se venisse rintracciata anche solo una firma biologica, si potrebbe concludere, con una probabilità superiore al 95%, che i pianeti abitati nell’universo siano più di 100.000.
Gli studiosi hanno anche valutato l’ipotesi della “panspermia“, e cioè la possibilità che la vita venga diffusa attraverso organismi microscopici trasportati su comete. Questa teoria porterebbe ad ipotizzare le ragioni per cui la vita su un pianeta sia legata dalla possibilità di resistere a determinate condizioni estreme dello spazio, di viaggiare e adattarsi al nuovo pianeta.