Nel 1953 Ivan Langmuir, Premio Nobel per la Chimica 1932, coniò l’espressione scienza patologica intendendo con questa locuzione riferirsi alle idee scientifiche che per alcuni scienziati si trasformano in vere e proprie fissazioni da cui diventa difficile liberarsi.
Convincimenti che a volte non vengono neppure scalfiti se il resto della comunità scientifica li ha messo in dubbio o addirittura sperimentalmente smentiti. Non dobbiamo infatti mai dimenticare che gli scienziati sono prima di tutto uomini, soggetti come tutti noi ad un complesso sistema di emozioni: orgoglio, ambizione, vanità.
Fortunatamente esistono robusti “anticorpi” per la scienza patologica che rappresenta una quota minoritaria della “buona scienza” prodotta ogni giorno da milioni di scienziati e ricercatori in tutto il mondo. I casi eclatanti però non sono mancati nel corso della storia.
Nel 1903 il fisico francese René Prosper Blondlot si convince di aver scoperto un nuovo tipo di radiazioni. Il ricercatore lavora nella cittadina francese di Nancy e così battezza queste nuove “radiazioni” come raggi N. Questi raggi vengono osservati in un triennio da una quarantina di altri scienziati, in gran parte francesi e vengono pubblicati decine di studi sulla rivoluzionaria scoperta.
Un giorno Robert Wood, professore alla John Hopkins University visita il laboratorio di Blondlot. E durante un esperimento rimuove di nascosto un pezzo della strumentazione che Blondlot sta utilizzando. Lui non si accorge di nulla, e continua a “vedere” i raggi N.
Wood smaschera il povero Blondlot sulla prestigiosa rivista Nature. Nonostante questo il fisico francese spalleggiato da numerosi colleghi transalpini continueranno a difendere l’esistenza dei raggi N fino a sfiorare il ridicolo.
Molti errori della scienza si verificano anche per il timore di contraddire l’impianto teorico consolidato del tempo. E’ ad esempio il caso di Frédéric Joliot e la moglie Irène Curie (figlia di Pierre e Marie Curie, Premi Nobel per la fisica nel 1903) che nel gennaio del 1932 scoprono le particelle che oggi chiamiamo neutroni, ma questa scoperta collide con quanto allora conosciuto sul nucleo atomico e non pubblicizzano la loro scoperta.
Morale la scoperta del neutrone viene attribuita qualche anno dopo a James Chadwick che per questo otterrà il Nobel nel 1935. Sempre in quegli anni Enrico Fermi ed i ragazzi di via Panisperna scoprono la fissione nucleare ma come nel caso dei coniugi Joliot l’eccessiva adesione al modello teorico consolidato dell’epoca non permise al grande fisico italiano ed ai suoi collaboratori di accorgersi della straordinaria scoperta fatta. Pensano di aver scoperto due nuovi elementi a cui danno il nome di Esperio e Ausonio. Elementi che, in realtà, non esistono.
Qualche secolo prima, nel 1773 il prete gesuita Gerolamo Saccheri dimostra una serie di teoremi che costituiscono la base della cosiddetta geometria non euclidea iperbolica. Il gesuita però è convinto che non possa esistere altra geometria al di fuori di quella inventata da Euclide e quindi passa oltre. Anche in questo caso i frutti della scoperta saranno colti oltre un secolo dopo da Nikolaj Ivanovič Lobačevskij prima e da János Bolyai poi.
Con il passare degli anni e l’esponenziale aumento della platea di scienziati e ricercatori gli errori sono aumentati anche per la corsa sfrenata alla pubblicazione scientifica fatta per battere la concorrenza di altri gruppi di ricerca. La scienza moderna infatti è anche competizione, una corsa a giungere “primi” che genera spesso esperimenti di bassa qualità e conclusioni mediocri.
Nella ricerca invece sono molto importanti anche i risultati negativi perché sapere che cosa è falso, nella scienza è necessario per conoscere ciò che è vero. Nel dicembre del 1926 Albert Einstein scrive al collega Max Born: «Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato».
Questo principio fu poi ripreso e generalizzato da Karl Popper in quello che fu chiamato principio di falsifificabilità. Il vero progresso scientifico consiste nell’eliminare gli errori, uno dopo l’altro.
Errare è umano, perseverare è da scienziati!
Gli errori rivestono un ruolo fondamentale nel progresso scientifico. Il vero progresso scientifico consiste nell'eliminarli uno dopo l'altro.
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