Ci può stare che non siano disponibili due tute spaziali di taglia piccola, molto meno che si pubblicizzi ai quattro venti che una delicata missione spaziale sarà svolta da sole donne e, all’ultimo momento, ci si renda conto che non è possibile per una ragione così stupida.
Le tute spaziali per lavorare nello spazio, al di fuori della Stazione Spaziale Internazionale, sono attrezzature estremamente specializzate e molto costose. Queste tute spaziali sono così costose che la NASA le ha fatte realizzare 18 anni fa e le sta mantenendo ancora in servizio, ben oltre la durata prevista di 15 anni.
Sono solo 11 le tute spaziali per attività extraveicolari ancora attive e solo alcune di esse sono attualmente in dotazione alla ISS mentre le altre sono a terra per manutenzione. In pratica, non c’è una tuta spaziale personalizzata per ogni astronauta ma alcune misure standard tra le quali gli astronauti in missione scelgono la più adatta al proprio fisico.
Dopo la sua prima passeggiata nello spazio, l’astronauta Anne McClain si rese conto di necessitare di una tuta spaziale più piccola. La tuta spaziale è l’unica protezione di un astronauta in attività extraveicolare contro il gelido vuoto dello spazio che può provocare la morte quasi istantanea, per questo ogni tuta spaziale richiede un’ispezione e una preparazione minuziose prima dell’uso.
Logisticamente è più facile cambiare astronauti piuttosto che cambiare tuta spaziale, quindi sostituire la McClain è stata una scelta più sicura che modificare una tuta spaziale per adattarla a lei. La sicurezza viene prima di tutto, specialmente quando si lavora in ambienti estremi.
È, però, frustrante rendersi conto che in oltre 50 anni di passeggiate nello spazio, con centinaia di astronauti, donne ed uomini, che si sono alternati nella ISS, non sia ancora possibile, per queste ragioni tecniche, affidare un incarico in EVA a due donne contemporaneamente.
Le tute spaziali disponibili sono di dimensioni medie, grandi e molto grandi, il che rende meno probabile che gli astronauti donna possano utilizzare una tuta spaziale sicura e aderente.
È frustrante che gli astronauti donna di taglia più minuta che si addestrano sulla Terra siano ostacolati da tute spaziali troppo larghe che gli impediscono di raggiungere i quadranti di controllo o, a volte, non riescono nemmeno a vedere fuori del casco. Fa arrabbiare che l’equipaggiamento inadatto sia un fattore che determina quali astronauti saranno assegnati alle passeggiate nello spazio.
Fa rabbia che in cinquanta anni non si sia pensato di realizzare tute spaziali per le donne che non siano dotate di un fisico da uomo.
Sono ormai oltre 550 gli esseri umani che sono stati nello spazio, di questi solo 63 sono donne. Insomma, nello spazio esistono ancora discriminazioni sessiste, coperte con scuse legate alle limitazioni tecnologiche ma ingiustificabili pensando a quanti anni sono che esistono astronauti donne pienamente operative.
Questa, però, è una situazione che si presenta continuamente in ogni ambito lavorativo: le donne sono ancora, troppo spesso, una seconda scelta, soprattutto in campi come la scienza, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica.
È frustrante il fatto che quando il budget limita la gamma di taglie della tuta spaziale disponibili, si decide che extra-large sia più importante che small. Troppo spesso la competenza viene ostacolata da equipaggiamenti inadeguati, forse anche con una precisa scelta voluta.
Quanto tempo ci vorrà prima che si possa veder realizzata un’effettiva parità di genere, l’uguaglianza in tutti i settori lavorativi in modo che la meritocrazia e la competenza siano gli effettivi valori discriminanti?