Nel 1912 Einstein ebbe l’intuizione che poi sfociò nella teoria della relatività generale ovvero che le masse pesanti incurvano il tempo e che questa curvatura è responsabile della gravità. E calcolò una formula molto precisa per descrivere questo fenomeno.
Tanto più forte è il rallentamento del tempo tanto più marcata è l’attrazione gravitazionale. Sul nostro pianeta il tempo rallenta solo di qualche microsecondo (milionesimo di secondo) al giorno, l’attrazione gravitazionale è modesta. Sulla superficie di una stella di neutroni, dove il tempo rallenta di qualche ora al giorno, l’attrazione gravitazionale è enorme. E sulla superficie di un buco nero, dove il tempo rallenta fino a fermarsi, la gravità è talmente gigantesca che nulla può sfuggirle, neppure la luce.
La cosa straordinaria è che Einstein predisse questo fenomeno in un’epoca dove la tecnologia umana non era in grado di produrre una verifica sperimentale di questa teoria. Ci vollero quasi 50 anni per il primo esperimento che dimostrò l’esattezza delle predizioni del geniale fisico tedesco.
La prima verifica affidabile venne, infatti, effettuata nel 1959, quando Bob Pound e Glen Rebca usarono una nuova tecnica chiamata effetto Mössbauer per confrontare la velocità dello scorrere del tempo alla base di una torre dell’Università di Harvard alta 22,3 metri con quella della sua sommità. La differenza temporale rilevata ad una distanza di poco più di 22 metri era pari a 0,0000000000016 secondi (1,6 picosecondi, ossia millesimi di miliardesimi di secondo). La differenza da loro riscontrata superava di 130 volte questa accuratezza ed era in totale accordo con la legge di Einstein: il tempo scorre più lentamente alla base della torre, rispetto a quanto avvenga in cima, di 210 picosecondi al giorno.
La precisione di questa misurazione progredì nel 1976 quando Robert Vessot di Harvard posizionò un orologio atomico su un razzo della NASA che salì a 10.000 chilometri di altitudine, e usò i segnali radio per confrontare la velocità del suo ticchettio con quella degli orologi a terra. Vessot osservò così che il tempo a terra scorre più lentamente che a 10.000 chilometri di altitudine di circa 30 microsecondi (0,00003 secondi) al giorno. Ovviamente anche questa misurazione confortava la predizione di Einstein.
La consapevolezza scientifica del diverso scorrere del tempo in base alla vicinanza di un oggetto massivo ha avuto influenze concrete nella vita quotidiana di tutti noi. L’esempio più classico che si fa a questo proposito è il sistema GPS che permette ai nostri smartphone di informarci su dove ci troviamo con un margine di errore di soli 10 metri.
Il sistema si basa sui segnali radio di 27 satelliti che orbitano ad un’altitudine di circa 20.000 km. L’insieme dei satelliti visibili contemporaneamente da un punto specifico della Terra varia da un minimo di quattro ad un massimo di dodici. Ogni segnale radio proveniente da un satellite visibile comunica al nostro smartphone la posizione del satellite stesso e l’orario in cui il segnale è stato trasmesso. Lo smartphone misura l’orario di arrivo del segnale e lo confronta con quello della sua trasmissione, calcolando così la distanza da esso percorsa (ossia, la propria distanza dal satellite); quindi, conoscendo le posizioni e le distanze di diversi satelliti, può ricavare tramite triangolazione la propria posizione.
E qui entra in ballo la teoria della relatività generale di Einstein. Infatti all’altitudine di 20.000 km nel quale orbitano i 27 satelliti del sistema GPS il tempo scorre più rapidamente rispetto alla Terra di 40 microsecondi al giorno, e i satelliti devono pertanto apportare le necessarie correzioni: misurano l’orario con i propri orologi e, prima di trasmetterlo ai nostri smartphone, lo correggono tenendo conto del rallentamento del tempo sulla Terra.
Questa però non è l’unica applicazione tecnologica della teoria della relatività generale i suoi postulati sono entrati anche nel laser, nell’energia nucleare e nella crittografia quantistica.