Il nostro Sole è la fonte che fa si che la vita prosperi sul nostro pianeta da miliardi di anni e, un giorno, potrebbe essere in grado di dirci se su pianeti lontani esistono forme di vita simili alla nostra, a patto che noi esseri umani impariamo ad eseguire una complessa manovra nello spazio profondo.
Un’impresa del genere potrebbe trovare gli indizi per confermare l’esistenza della vita extraterrestre.
Gli astrobiologi alla ricerca della vita oltre la Terra cercano sugli esopianeti le cosiddette “biosignature”, segnali spettroscopici nell’analisi delle atomosfere di questi lontani corpi celesti che potrebbero essere legati alla presenza della vita. Purtroppo, gli scienziati sanno che esistono processi alternativi e non di origini biologica che possono generare biosignature, il che significa che identificare queste caratteristiche su mondi distanti non è una garanzia dell’esistenza della vita extraterrestre.
Per questo gli scienziati hanno bisogno di studiare i pianeti che mostrano biosignature con metodi alternativi per avere la certezze che questi segni siano dovuti all’esistenza di forme di vita e non dovuti ad altri processi.
Studiare gli esopianeti con la lente gravitazionale
“Vogliamo trovare un modo per avvicinarci [ai pianeti da osservare]“, ha detto Sara Seager, astronoma del Massachusetts Institute of Technology, al Congresso Astronautico Internazionale durante un panel chiamato Life’s Journey Through the Universe.
“Vorremmo dare un’occhiata più approfondita a questi pianeti. Ma non abbiamo davvero alcun modo per farlo ora“.
Sara Seager ha parlato di una possibile soluzione al dilemma: progettare piccoli satelliti che possono essere spinti da raggi laser per compiere traversate interstellari. Ovviamente, le distanze interstellari rendono questa idea improbabile, si tratterebbe di lanciare queste minisonde ora per ottenere i risultati delle osservazioni solo tra qualche secolo.
“Un altro tipo di idea, ma più realistica, è quella di usare il Sole come lente gravitazionale“, ha aggiunto la Seager.
Gli astronomi usano spesso le galassie come lenti gravitazionali. La tecnica si basa su tre oggetti celesti che si allineano con precisione. Innanzitutto, c’è il primo ingrediente, lo strumento stesso sulla Terra o in orbita attorno ad essa. Il secondo ingrediente è una massiccia galassia o un ammasso di galassie, contenente così tanta massa che la sua gravità deformando lo spazio-tempo distorce il percorso della luce. Il terzo ingrediente è un oggetto distante allineato con l’osservatore e la lente gravitazionale che gli astronomi vogliono studiare in modo più dettagliato.
Quando questi tre ingredienti vengono combinati opportunamente e si verifica un allineamento perfetto, gli scienziati possono catturare immagini molto più nitide del bersaglio che indagano.
Il Sole come lente gravitazionale
Lo stesso principio di base potrebbe funzionare usando il Sole come lente gravitazionale, sebbene questo sarebbe un tipo di impresa completamente diverso, che innanzitutto dovrebbe iniziare con un viaggio incredibile.
“Non sappiamo per certo se possiamo farlo“, ha detto la Seager. “Dovremmo lanciarci attorno al sole, aumentare la velocità e portarci a 500 unità astronomiche (500 volte la distanza Terra al Sole)”.
Per fare un confronto, la navicella spaziale Voyager 1, lanciata nel 1977 ed è la sonda spaziale più distante lanciata dall’umanità in questo momento, si trova oggi a poco più di 160 UA dal Sole, distanza coperta in 47 anni.
Tuttavia la distanza non è l’unica sfida; l’allineamento necessario per sfruttare l’effetto lente gravitazionale deve essere perfetto.
“Non siamo ancora sicuri di poterlo fare, perché è necessario schierare un eventuale telescopio spaziale in modo molto preciso“, ha spiegato.
In una ricerca a tempo indeterminato come la ricerca della vita aliena, ogni potenziale tecnica rappresenta probabilità leggermente migliori di rispondere a una domanda permanente sull’universo.
Varrebbe la pena?
L’idea sembra essere interessante ma, purtroppo, oggi la nostra tecnologia ancora non ci rende possibile metterla in pratica. Avviando oggi un progetto del genere, il tempo necessario per schierare un telescopio spaziale nella giusta posizione ed ottenere le prime osservazioni sarebbe intorno ai 150 anni ed è probabile che la tecnologia coinvolta sarebbe ormai obsoleta al momento di entrare in esercizio.
La realtà è sempre la stessa: fino a quando non disporremo di nuovi e più efficienti sistemi di propulsione spaziale questo tipo di idee, apparentemente buone, non saranno realizzabili.