Un gruppo di ricercatori è stato in grado di indurre cellule umane di tumore mammario a trasformarsi in cellule adipose durante uno studio di prova effettuato sui topi.
Per raggiungere questo obiettivo, il team ha sfruttato uno strano percorso che hanno le metastasi delle cellule tumorali; i loro risultati sono solo un primo passo, ma si tratta di un approccio davvero promettente.
Quando si taglia un dito o quando un feto fa crescere organi, le cellule dell’epitelio iniziano a sembrare meno simili a se stesse e più “fluide”, trasformandosi in un tipo di cellula staminale chiamata mesenchimale in grado di diventare qualsiasi tipo di cellula di cui il corpo ha bisogno.
Questo processo è chiamato transizione epiteliale-mesenchimale (EMT) ed è noto da tempo che il tumore mammario possa usare sia questa che la via opposta chiamata MET (transizione mesenchimale-epiteliale), per diffondersi in tutto il corpo generando metastasi.
I ricercatori hanno impiantato una forma aggressiva di tumore mammario umano nei topi e li hanno trattati sia con un farmaco per il diabetico chiamato rosiglitazone sia con un trattamento anticancro chiamato trametinib.
Grazie a questi farmaci, quando le cellule tumorali hanno utilizzato uno dei suddetti percorsi di transizione, invece di diffondersi, sono cambiate da cancerose in cellule adipose, un processo chiamato adipogenesi.
“I modelli utilizzati in questo studio hanno consentito la valutazione della diffusione dell’adipogenesi delle cellule tumorali nelle immediate vicinanze del tumore mammario”, ha scritto il team nel loro articolo, pubblicato a gennaio 2019.
“I risultati indicano che in un contesto rilevante per il paziente la terapia combinata con rosiglitazone e trametinib si rivolge specificamente alle cellule tumorali con maggiore plasticità e induce la loro adipogenesi“.
Sebbene non tutte le cellule cancerose si siano trasformate in cellule adipose, quelle che hanno subito adipogenesi non sono cambiate di nuovo in cellule tumorali.
“Le cellule tumorali al seno che hanno subito un EMT non solo si sono differenziate in cellule adipose, ma hanno anche smesso completamente di proliferare“, ha affermato l’autore senior Gerhard Christofori, biochimico dell’Università di Basilea, in Svizzera. “Per quanto ne sappiamo dagli esperimenti di cultura a lungo termine, le cellule tumorali trasformate in cellule grasse rimangono cellule adipose e non si ritrasformano in cellule tumorali“.
Quindi come funziona?
Il farmaco trametinib aumenta entrambi i tipi di processi di transizione delle cellule aumentando il numero di cellule tumorali che si trasformano in cellule staminali, aumentando, quindi, il numero di queste cellule staminali in cellule adipose.
Il rosiglitazone sembra meno importante, ma in combinazione con il trametinib, pare che aiuti le cellule staminali a convertirsi in cellule adipose.
“La terapia di differenziazione adipogenica con una combinazione di rosiglitazone e trametinib inibisce efficacemente l’invasione delle cellule tumorali, la diffusione e la formazione di metastasi in vari modelli preclinici di carcinoma mammario“, ha scritto il team.
L’immagine sopra mostra questo processo, con le cellule tumorali marcate con una proteina fluorescente verde e un normale globulo rosso a sinistra. Le cellule cancerose trasformate in grasso appaiono come marroni (a destra) perché il rosso delle cellule adipose si combina con il verde del marker proteico delle cellule tumorali.
L’aspetto più interessante dello studio è che è basato su due farmaci già approvati dalla FDA, quindi dovrebbe essere più facile ottenere questo tipo di trattamento negli studi clinici su esseri umani.
Purtroppo sappiamo che molti trattamenti testati sui topi non riescono a raggiungere o la fase della sperimentazione clinica oppure falliscono proprio in questa fase. Il fatto che questo abbia funzionato sulle cellule tumorali umane dà una piccola speranza in più.
Nel frattempo, il team sta cercando di capire se questa terapia potrebbe funzionare in combinazione con la chemioterapia e se sia applicabile ad altri tipi di tumori.
“In futuro, questo approccio terapeutico innovativo potrebbe essere utilizzato in combinazione con la chemioterapia convenzionale per sopprimere sia la crescita tumorale primaria sia la formazione di metastasi mortali“, ha spiegato Christofori in una dichiarazione.
“La valutazione clinica dell’effetto repressivo del trattamento sulle metastasi sperimentali del carcinoma mammario e, quindi, del suo potenziale nel trattamento del carcinoma mammario in stadio IV richiederà combinazioni adiuvanti con la chemioterapia in modelli preclinici avanzati“, ha concluso il team.
La ricerca è stata pubblicata su Cancer Cell.