Degli studi riguardanti antichi manufatti d’argilla, con impressa un’iscrizione che menzionava il re mesopotamico Iakun-Diri, hanno rivelato come essi siano stati importanti nell’approfondire la ricerca sui campi magnetici del nostro pianeta.
Migliaia di anni fa, il campo magnetico terrestre ha subito un significativo aumento di potenza su una parte del pianeta che ha coinvolto l’antico regno della Mesopotamia. Le persone all’epoca probabilmente non si sono accorte della fluttuazione, ma i segni dell’anomalia, inclusi dettagli precedentemente sconosciuti, sono rimasti custoditi in antichi manufatti d’argilla.
Campi magnetici rintracciati in antichi manufatti d’argilla: ecco cosa ha rivelato la ricerca
Quando gli scienziati hanno esaminato i manufatti d’argilla risalenti al periodo compreso tra il terzo e il primo millennio a.C. in Mesopotamia, che riguarda l’attuale Iraq e parti di quelle regioni che oggi comprendono Siria, Iran e Turchia, hanno rilevato segni magnetici in quelli del primo millennio, indicando che i manufatti sono stati prodotti in un momento in cui il campo magnetico terrestre era insolitamente forte. I timbri su tali oggetti antichi hanno permesso ai ricercatori di confermare l’intervallo di tempo del picco magnetico.
Le scoperte degli scienziati hanno identificato un noto aumento magnetico chiamato “Anomalia geomagnetica dell’età del ferro levantina”, avvenuto tra il 1050 e il 550 a.C. precedentemente documentato in manufatti provenienti dalle Azzorre, Bulgaria e Cina utilizzando l’analisi archeomagnetica. Sono stati esaminati quelli in ceramica e altri ritrovati archeologici per rintracciare indizi sull’attività magnetica della Terra.
“È davvero entusiasmante che gli antichi manufatti della Mesopotamia aiutino a spiegare e registrare eventi chiave nella storia della Terra, come le fluttuazioni del campo magnetico“, ha affermato il coautore dello studio Mark Altaweel, Professore di archeologia del Vicino Oriente e scienza dei dati archeologici presso l’University College di Londra.
“Questo dimostra perché preservare l’antico patrimonio della Mesopotamia è importante per la scienza e l’umanità in generale“, ha aggiunto Altaweel.
Quando un antico manufatto contiene materia organica, come ossa o legno, gli scienziati possono scoprire quanti anni ha attraverso la datazione al radiocarbonio, che confronta i rapporti di decadimento conservati negli isotopi del carbonio. Ma per i ritrovati inorganici è necessaria l’analisi archeomagnetica per rivelare la loro età, ha spiegato l’autore principale dello studio Matthew Howland, assistente Professore presso il dipartimento di antropologia della Wichita State University in Kansas.
Poiché la ceramica è il tipo di manufatto più comune nei siti archeologici di tutto il mondo, questa tecnica è un complemento vitale alla datazione al radiocarbonio: “La datazione archeomagnetica può essere applicata a qualsiasi tipo di materiale magneticamente sensibile che sia stato riscaldato“, ha osservato Howland.
“I geologi usano spesso l’analisi delle rocce per studiare i campi magnetici della Terra, ma quando non c’è la possibilità di studiare rocce molto recenti perché non hanno ancora avuto il tempo di formarsi, dobbiamo usare reperti archeologici”, ha specificato lo studioso: “Possiamo pensare ai manufatti d’argilla o alla ceramica come a rocce create dall’uomo per studiare i campi magnetici della Terra”.
Prima di questo nuovo studio, sono state identificate poche prove archeomagnetiche precise provenienti da manufatti mesopotamici risalenti a questo periodo.
“La mancanza di dati ha davvero limitato la nostra capacità di comprendere le condizioni del campo magnetico terrestre in quella regione“, ha detto Howland. Questo ha significato anche che gli archeologi non hanno potuto calcolare con precisione l’età di molti siti in Mesopotamia: “Una regione incredibilmente importante nell’archeologia mondiale”.
La Terra è circondata da una magnetosfera, una bolla invisibile di magnetismo generata dalla potente agitazione dei metalli fusi nel nucleo terrestre che impedisce che la nostra atmosfera venga spazzata via dai venti solari che la allontanano dal sole. Sebbene la magnetosfera sia una presenza costante da miliardi di anni, la sua forza aumenta e diminuisce nel tempo.
I manufatti d’argilla cotti ad alte temperature conservano un'”impronta digitale” del magnetismo terrestre di allora in minerali come l’ossido di ferro influenzato dal magnetismo stesso. Il recupero dell’impronta digitale comporta una serie di esperimenti magnetici che riscaldano e raffreddano ripetutamente l’oggetto, esponendolo a campi magnetici e quindi rimuovendoli. Questo processo crea una serie di nuove impronte digitali, che vengono confrontate con l’intensità magnetica originale dell’oggetto.
Gli scienziati possono quindi abbinare i manufatti a uno specifico periodo di attività nel campo magnetico terrestre.
“Nel complesso, si tratta di un lavoro entusiasmante perché ci aiuta a capire cosa fa il campo magnetico terrestre nel tempo e aiuterà anche a determinare l’età dei manufatti che altrimenti sarebbe impossibile“, ha affermato Cauê S. Borlina , ricercatrice presso il dipartimento di Scienze della Terra presso la Johns Hopkins University.
Borlina, che non è stata coinvolta nello studio, conduce ricerche sui campi magnetici antichi e moderni e sul loro impatto sulla formazione e sull’abitabilità dei pianeti.
“Ancora più importante, queste registrazioni ad alta risoluzione sono cruciali per capire come i picchi magnetici sulla superficie potrebbero connettersi con ciò che sta accadendo all’interno della Terra”, ha spiegato Borlina: “Soprattutto nel nucleo esterno dove viene generato il campo magnetico terrestre”.
La nuova analisi non solo ha colmato un’importante lacuna di dati, ma ha anche rivelato nuovi indizi sull’anomalia magnetica di quel periodo. Dei 32 manufatti campionati dai ricercatori, cinque sono caratterizzate da timbri che le hanno collegate al regno di Nabucodonosor II, tra il 604 e il 562 a.C.
Le misurazioni del magnetismo nei manufatti hanno mostrato che il campo magnetico si è rafforzato rapidamente e intensamente durante la loro fabbricazione. I timbri hanno quindi creato un’istantanea di un’ondata di energia magnetica durata solo pochi decenni.
“I prossimi passi sono: continuare questo lavoro, applicarlo a più manufatti di argilla della Mesopotamia e migliorare ulteriormente la curva che possiamo produrre dell’intensità del campo magnetico terrestre nel tempo“.
“Forse ancora più interessante è che gli archeologi che lavorano nei siti in Iraq e Siria possano esaminare i nostri dati e applicare le stesse tecniche a manufatti non datati. Questo può aiutare a risolvere molti dibattiti sulla cronologia dei re“, ha concluso Howland.