Il déjà vu è quella sensazione particolare che proviamo quando capita di avere l’impressione di essere già stati un posto che sappiamo di non avere mai visitato oppure di avere già vissuto una situazione nuova in passato.
Bene, chi studia il funzionamento della nostra mente ha scoperto che il déjà vu è in realtà una finestra sul funzionamento del nostro sistema di memoria.
Ma la nostra memoria può giocarci scherzi ancora più misteriosi ed insoliti.
Il fenomeno del Jamais vu può comportare il guardare un volto familiare e trovarlo improvvisamente insolito o sconosciuto. Ai musicisti capita di non riconoscere un passaggio musicale molto familiare. Oppure potrebbe esserti capitato andando in un luogo che ritieni familiare e ritrovandoti disorientato non riconoscendolo.
Nella vita quotidiana, può essere provocato dalla ripetizione di un’esperienza e lo si può capire dallo sguardo fisso che assume chi sta vivendo l’esperienza.
Non se ne sa molto del jamais vu ma i ricercatori immaginavamo che sarebbe stato abbastanza semplice indurlo in laboratorio. Se chiedi semplicemente a qualcuno di ripetere qualcosa più e più volte, spesso scoprirà che diventa privo di significato e confuso.
Ai partecipanti è stato chiesto di copiare la parola il più velocemente possibile, ma è stato detto loro che potevano fermarsi e smettere nel caso si fossero sentiti strani, annoiati o avessero avuto dolore alla mano.
In un secondo esperimento abbiamo utilizzato solo la parola “the”, immaginando che fosse la più comune. Questa volta, il 55% delle persone ha smesso di scrivere per ragioni coerenti con la nostra definizione di jamais vu (ma dopo sole 27 ripetizioni).
Sono stati necessari circa 15 anni per scrivere e pubblicare questo lavoro scientifico. Nel 2003, i ricercatori avevano avviato lo stdio in base alla sensazione che le persone si sarebbero sentite strane mentre scrivevano ripetutamente una parola. Uno di loro aveva notato che le frasi che gli era stato chiesto ripetutamente di scrivere come punizione alle superiori lo facevano sentire strano, come se non fossero reali.
Ci sono voluti 15 anni perché lo studio non era così originale come pensavamo i suoi ideatori. Non era la novità che pensavano fosse. Nel 1907, una delle figure fondatrici non celebrate della psicologia, Margaret Floy Washburn, pubblicò un esperimento con uno dei suoi studenti che mostrava la “perdita del potere associativo” in parole fissate per tre minuti. Le parole diventarono strane, persero il loro significato e si frammentarono nel tempo.
Approfondimenti
Il contributo originale che hanno, infine, dato gli autori è l’idea che le trasformazioni e le perdite di significato nella ripetizione sono accompagnate da un sentimento particolare, il jamais vu.
È logico che ciò accada. I nostri sistemi cognitivi devono rimanere flessibili, permettendoci di dirigere la nostra attenzione dove è necessario piuttosto che perderci in compiti ripetitivi per troppo tempo.
Stiamo appena cominciando a capire il jamais vu. La principale spiegazione scientifica è quella della “sazietà”: il sovraccarico di una rappresentazione finché non diventa priva di senso.
Sembra anche correlato alla ricerca sul disturbo ossessivo compulsivo (DOC), che ha esaminato l’effetto della fissazione compulsiva di oggetti, come i fornelli a gas accesi. Come scrivere ripetutamente, gli effetti sono strani e fanno sì che la realtà inizi a scivolare, ma questo potrebbe aiutarci a comprendere e curare il disturbo ossessivo compulsivo.
In conclusione, i ricercatori si sono detti lusingati di aver ricevuto il premio Ig Nobel per la letteratura. I vincitori di questi premi contribuiscono con lavori scientifici che “fanno ridere e poi fanno pensare“.