Sempre più spesso le riviste scientifiche si trovano a pubblicare articoli e studi che cercano di individuare una risposta alla domanda che ci facciamo da quando abbiamo cominciato a rivolgere gli occhi verso le stelle: siamo soli nell’universo?
Già verso la fine del 1800 i primi scrittori di fantascienza diedero la propria risposta a questa domanda, immaginando alieni intelligenti e minacciosi che popolavano mondi vicini e lontani. È il caso dei cattivissimi marziani di H. G. Wells protagonisti de “La guerra dei mondi” o, ancora su Marte, delle varie specie di alieni intenti a contendersi le ultime risorse del loro pianeta morente, come immaginato da Edgar Rice Burroughs nella saga di Barsoom che prende il via da “John Carter di Marte“.
Ci furono autori capaci di immaginare intere civiltà e culture sempre più complesse, altri che, come Heinlein nei suoi innumerevoli romanzi, di alieni intelligenti ne incontrano davvero pochi nei suoi numerosi romanzi, per arrivare poi alla saga di Star trek dove le specie intelligenti aliene se ne incontrano moltissime.
Fin dal dopoguerra della seconda guerra mondiale anche la scienza cominciò ad interrogarsi sulla possibile presenza di alieni intelligenti nell’universo. Nascevano i primi radiotelescopi e cominciava a diffondersi la psicosi degli avvistamenti di “UFO“. È del 1950 la formulazione del famoso paradosso di Fermi (dove sono tutti quanti?) cui seguì nel 1961 la formulazione dell’equazione di Drake che tentava di calcolare statisticamente quante possibili civiltà aliene potessero essere presenti nella galassia.
Nacque poi il programma SETI, un tentativo di intercettare segnali di provenienza extraterrestre attraverso l’ascolto sistematico con una batteria di radiotelescopi ma, insomma, in quasi settanta anni non si sono fatti passi avanti verso una risposta sicura. Oggi sappiamo che i costituenti base per la vita organica sono largamente diffusi sui pianeti e sulle lune del sistema solare e spesso ne ritroviamo anche tra i componenti delle meteore che impattano il suolo terrestre.
Anche l’astrofisica oggi ci conferma che ciò che serve alla vita è ovunque nella nostra galassia e gli scienziati si dicono certi che entro pochi anni avremo la conferma dell’esistenza di vita al di fuori del nostro pianeta.
E allora, perchè ancora non troviamo nessuno? Perchè nessuno ci invia segnali? Possibile che nell’universo l’intelligenza sia un fenomeno più unico che raro?
Siamo davvero soli in questo universo sconfinato?
Come dicevamo all’inizio, molti scienziati e filosofi hanno provato, per ora senza esito, a trovare una risposta a questa domanda. Tra gli esperti si moltiplicano le ipotesi per spiegare la nostra solitudine, vediamone alcune:
1. Non ci sono alieni da trovare. Per quanto improbabile possa sembrare in una galassia con centinaia di miliardi di stelle e ben 40 miliardi di pianeti di dimensioni terrestri in zone abitabili, potremmo, effettivamente, essere soli. Potremmo essere la prima civiltà ad essersi sviluppata nell’universo e potremmo essere l’unica che mai si svilupperà.
2. Non c’è vita intelligente oltre a noi. (Ciò presuppone, naturalmente, che gli umani contino come intelligenti). La vita può esistere, ma potrebbe semplicemente assumere la forma di microbi minuscoli o altri animali “silenziosi” cosmicamente. Insomma, l’insieme dei fattori che hanno portato una specie di animali terrestri a sviluppare la tecnologia potrebbe essere irripetibile, per molteplici motivi.
3. Le specie intelligenti dell’universo mancano di tecnologia avanzata. Attualmente, gli astronomi utilizzano i radiotelescopi per ascoltare intensamente il cielo notturno. Quindi se esistessero specie aliene ma non fossero ancora in grado di trasmettere segnali radio, non potremmo avere conferma della loro esistenza.
4. La vita intelligente si autodistrugge. Sia attraverso le armi di distruzione di massa, l’inquinamento planetario o la malattia virulenta prodotta, potrebbe essere proprio l’intelligenza a permettere a qualunque specie di sviluppare tecnologie che, alla lunga, le porterebbero all’autodistruzione. Per cui, le probabilità che, in un universo vecchio di 13 miliardi di anni due specie intelligenti si sviluppino contemporaneamente e sopravvivano per il tempo necessario ad “incontrarsi” sarebbero risibili.
5. L’universo è un luogo mortale. In termini cosmici, parliamo di miliardi di anni, la vita potrebbe essere un fenomeno effimero. Pensiamo che su 13 miliardi di anni di vita dell’universo, l’esistenza dell’uomo come essere senziente copre a malapena un milione di anni e l’umanità come specie tecnologica in grado di comunicare copre un arco di nemmeno ottant’anni… Si ricade, quindi, nel problema del punto precedente sulle pèrobabilità che due civiltà esistano contemporaneamente. In fondo, tutto quello che serve affinchè una civiltà si estingua, escludendo l’auotdistruzione, è un singolo asteroide abbastanza grande, una supernova che esploda ad una distanza di poche decine di anni luce, un raggio di raggi gamma o un brillamento solare, tutti fenomeni piuttosto comuni nell’universo.
6. Lo spazio è grande. La Via Lattea da sola ha un diametro di 100.000 anni luce, quindi è concepibile che eventuali segnali radio inviati da alieni intelligenti, limitati alla velocità della luce, semplicemente non ci abbiano ancora raggiunti.
7. Non abbiamo cercato abbastanza a lungo. Ottant’anni. Questa è la quantità di tempo da cui sono sorti i primi radiotelescopi e l’ascolto specifico alla ricerca di segnali alieni è iniziata circa sessanta anni fa. Un tempo piuttosto breve alla luce del punto precedente.
8. Non stiamo cercando nel posto giusto. Come accennato in precedenza, lo spazio è grande e ci sono miliardi e miliardi di stelle da monitorare per provare ad ascoltare eventuali segnali extraterrestri. Il problema è che per ricevere un segnale dobbiamo necessariamente ascoltare nella direzione giusta e sulla giusta frequenza. In sostanza, è come cercare di parlare con un amico su una radio CB da 250.000.000.000 canali, senza sapere su quale frequenza lui sta trasmettendo.
9. La tecnologia aliena potrebbe essere troppo avanzata. C’è anche la possibilità che la radio come tecnologia, così comune qui sulla Terra, non sia uno strumento adeguato. Civiltà aliene più evolute o che abbiano intrapreso un cammino tecnologico diverso dal nostro potrebbero utilizzare tecnologie di comunicazione più avanzate, magari sfruttando i neutrini, qualcosa che oggi non sapremmo nè ricevere nè interpretare.
10. Nessuno trasmette. Di fatto, noi abbiamo fatto pochissimi tentativi di inviare verso le stelle un segnale abbastanza potente e su una banda abbastanza stretta da essere distinguibile dal rumore di fondo. Insomma, tutti potrebbero essere in ascolto e nessuno si starebbe proccupando di trasmettere. Potrebbe dipendere da diffindenza, tipo di tecnologia, potenza disponibile o altre ragioni. In effetti, se una civiltà aliene avesse radiotelescopi paragonabili ai nostri, non potrebbero ascoltare le nostre trasmissioni televisive e radiofoniche che sarebbero rilevabili solo fino a 0,3 anni luce di distanza dalla Terra. insomma, le nostre trasmissioni non sono sufficientemente potenti nemmeno per raggiungere i confini del sistema solare, figuriamoci le altre stelle.
11. La Terra non viene deliberatamente contattata. Sulla Terra, abbiamo politiche sul contatto con le popolazioni indigene; è possibile che la stessa cosa sia in corso nei nostri confronti. Proprio come in Star Trek con la prima direttiva, società aliene avanzate potrebbero avere delle regole create per limitare i contatti con altre civiltà che non abbiano già raggiunto un certo stadio evolutivo della loro tecnologia. Insomma, ci starebbero evitando e, magari, su di noi potrebbe essere stata imposta una specie di quarantena che non verrà levata finchè non arriveremo ad un certo grado di avanzamento tecnologico.
12. Gli alieni sono già qui e noi non ce ne rendiamo conto. I teorici della cospirazione amano questa spiegazione improbabile. Si tratta di una ipotesi le cui probabilità di essere vera è parecchio remota ma non è impossibile che le agenzie governative nascondano l’effettiva presenza di alieni sul nostro pianeta. Una variante di questa ipotesi è quella che ricorda un’idea presentata romanzo “Guida galattica per autostoppisti” in cui gli alieni sono già tra noi e li vediamo tutti i giorni: sono i topi ed i delfini che ci usano come componenti di un immenso computer per calcolare la domanda per la risposta definitiva alla Vita, l’Universo e tutto quanto. Insomma, potremmo essere un grande laboratorio in cui noi siamo i topi.
Esistono gli alieni? 42.