Zombie fires dell’Artico: causati dal cambiamento climatico?

I cosiddetti "zombie fires" nelle torbiere dell'Alaska, del Canada e della Siberia scompaiono dalla superficie terrestre e bruciano sottoterra durante l'inverno prima di tornare in vita la primavera successiva

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Zombie fires

I cosiddetti “zombie fires” nelle torbiere dell’Alaska, del Canada e della Siberia scompaiono dalla superficie terrestre e bruciano sottoterra durante l’inverno prima di tornare in vita la primavera successiva.

Zombie fires

Zombie fires: ecco le possibili cause

I zombie fires hanno lasciato perplessi gli scienziati perché compaiono all’inizio di maggio, molto prima della solita stagione degli incendi nell’estremo nord, e possono riaccendersi per diversi anni.

La maggior parte degli scienziati ritiene che gli zombie fires siano i resti degli incendi in superficie, ma è stata individuata una causa alternativa. Una ricerca ha indicato che il rapido riscaldamento atmosferico in superficie può far sì che i terreni torbosi si riscaldino improvvisamente fino a raggiungere temperature fumanti nel sottosuolo, il tutto senza alcuna scintilla o altra accensione. Questi incendi potrebbero essere un caso di combustione spontanea guidata dai cambiamenti climatici.

Zombie fires



Le segnalazioni degli zombie fires risalgono agli anni ’40, quando erano eventi rari. Tuttavia, la frequenza e l’intensità di questi incendi sono aumentate in modo significativo negli ultimi due decenni, di pari passo con il riscaldamento accelerato nell’Artico, la regione a più rapido riscaldamento del pianeta.

Lo studio

All’inizio del 2024, nella sola provincia canadese della Columbia Britannica erano attivi più di 100 zombie fires. Gli incendi sono stati registrati anche vicino al villaggio più freddo della terra, Oymyakon, nella Siberia nord-orientale , dove si sono protratti per diversi inverni e rappresentano circa il 3,5% dell’area bruciata nella regione più ampia.

Nei terreni torbosi artici sensibili alla temperatura è intrappolato più carbonio di quanto si trova nell’intera atmosfera, e questi incendi ne stanno rilasciando gigatonnellate nell’atmosfera. Gli studiosi hanno voluto capire se il riscaldamento improvviso potesse essere direttamente responsabile.

Gli studiosi hanno sviluppato un modello matematico per esplorare diversi scenari ipotetici, compreso il modo in cui la temperatura e il contenuto di carbonio dei terreni torbosi rispondono ai cambiamenti meteorologici e climatici. Fondamentalmente, il nostro modello cattura il modo in cui alcuni microrganismi generano calore mentre distruggono il suolo e rilasciano il suo carbonio nell’atmosfera.

I ricercatori hanno ottenuto due risultati notevoli: Il primo è che questi microrganismi possono generare così tanto calore che la torba sotterranea può bruciare a circa 80° C durante l’inverno, pronta ad accendersi in primavera, e questo può accadere senza che ci sia mai stato un incendio in quel punto fuori terra, e senza che il tempo sopra terra raggiunga il tipo di temperatura che normalmente sarebbe necessaria perché il suolo bruci.

Questa nuova condizione è stata definita lo stato caldo metastabile dei terreni torbosi. In questo contesto, “metastabile” significa una lunga combustione: lo stato caldo dura per un tempo lungo ma limitato, fino a dieci anni, finché la torba non brucia.

L’altra scoperta chiave è che un’improvvisa transizione dal normale stato freddo allo stato caldo metastabile può essere innescata solo da modelli climatici realistici, comprese leondate di caldo estivo e gli scenari di riscaldamento globale.

La cosa più interessante è che l’aumento della temperatura atmosferica deve essere più veloce di un certo tasso critico per innescare la transizione. Se la temperatura atmosferica aumenta della stessa quantità, ma a un ritmo più lento, il terreno torboso bioattivo rimane nel normale stato freddo e non passa mai allo stato metastabile caldo.

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Non ci sono ancora prove che questo accada nel mondo reale e non è stato dimostrato in laboratorio: per ora si tratta di un fenomeno osservato solo modelli dedicati.

Il compost (molto simile alla torba) può prendere fuoco allo stesso modo. Ad esempio, un grande incendio alla periferia di Londra durante un’ondata di caldo nel 2022 è stato probabilmente causato da diverso compost in combustione spontanea.

Tutto questo ha indicato che la temperatura atmosferica non è in realtà il fattore critico chiave per gli zombie fires. Piuttosto, è il tasso di riscaldamento atmosferico che innesca lunghi incendi della torba sotterranea. In parole povere, non è il caldo, è il tasso.

Man mano che il clima si riscalda, diventa sempre più estremo e queste sono proprio le condizioni che possono portare a sempre più zombie fires. Questo è preoccupante perché potrebbe innescare un circolo vizioso: le gigatonnellate di carbonio rilasciate dagli antichi terreni torbosi nell’atmosfera probabilmente renderebbero i cambiamenti climatici ancora peggiori, il che significa più incendi, quindi condizioni meteorologiche più estreme e così via.

Conclusioni

In effetti, gli zombie fires sono un esempio di punto di svolta indotto dalla velocità, in cui un sistema non riesce ad adattarsi a cambiamenti troppo rapidi delle condizioni esterne e passa dal suo stato normale a uno stato diverso, spesso indesiderato.

È possibile che il clima contemporaneo si stia avvicinando, o abbia già superato, tassi di cambiamento pericolosi per alcuni sistemi naturali, come i terreni torbosi bioattivi, il che potrebbe spiegare il recente aumento degli zombie fires.

Zombie fires

Sembra che l’unica soluzione per prevenire ulteriori zombie fires sia limitare la variabilità climatica. Mentre i policy maker si concentrano sui livelli pericolosi della temperatura atmosferica (il caldo), la variabilità climatica (il tasso di cambiamento) potrebbe essere altrettanto o addirittura più rilevante per la nostra resilienza a breve termine.

La ricerca è stata pubblicata su The Royalty Society Publishing.

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