Viviamo in una simulazione? Le probabilità sono circa 50-50

Fisici, filosofi, cosmologi si pongono la domanda se viviamo in una realtà di base o in una realtà simulata. Alcune prove dimostrerebbero che le possibilità sono equivalenti

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È ipotizzabile pensare a una situazione in cui gli esseri umani possano vivere all’interno di una simulazione al computer? Se ciò fosse vero, la simulazione potrebbe creare delle percezioni della realtà a domanda, piuttosto che simulare la realtà per tutto il tempo, un po’ come un videogioco ottimizzato per rendere visibili a un giocatore solo alcune parti di una scena.

Da quando, nel 2003, Nick Bostrom, dell’Università di Oxford, ha scritto un articolo sulla simulazione, filosofi, fisici, e personaggi dello spettacolo, si sono trovati alle prese con l’idea della indissolubilità della nostra realtà. Alcuni hanno cercato di individuare dei modi attraverso i quali possiamo essere in grado di capire se ci troviamo in un mondo simulato. Altri hanno tentato di calcolare le possibilità che abbiamo, di essere delle entità virtuali. Una nuova analisi dimostra che le probabilità di trovarci in una realtà “vera” – cioè in un’esistenza non simulata – sono pari all’evento opposto. Lo studio, inoltre, dimostra che se l’uomo dovesse sviluppare la capacità di simulare esseri coscienti, allora lo stato di “realtà non simulata” diventerebbe più probabile, in quanto abitanti virtuali all’interno del computer di qualcun altro.

Nel 2003, Bostrom ha immaginato una civiltà tecnologicamente avanzata, in possesso di un’ingente potenza di calcolo, che, con una piccola frazione di questa potenza, riesce a simulare nuove realtà contenenti esseri coscienti. Considerato questo scenario, la sua argomentazione sulla simulazione ha mostrato che, almeno una delle proposizioni del seguente trilemma deve essere vera:

  • Primo, gli esseri umani, quasi sempre, si estinguono prima di raggiungere lo stadio di “esperto in simulazione”

  • Secondo, anche se gli esseri umani raggiungono questo stadio, non sono assolutamente interessati a simulare il loro passato ancestrale

  • Terzo, la probabilità che stiamo vivendo in un mondo simulato, è prossima a uno.

Prima dell’articolo di Bostrom, il tema della simulazione era stato trattato già nelle tradizioni filosofiche occidentali e orientali, dalla metafora della caverna di Platone, al sogno della farfalla di Zhuang Zhou. Più recentemente, Elon Musk ha dato un forte impulso all’idea che la nostra realtà sia una simulazione: in una conferenza del 2016, lo stesso Musk ha asserito che la probabilità che l’essere umano si trovi dentro una realtà “vera” è una su un miliardo. Secondo l’astronomo David Kipping, della Columbia University, Musk avrebbe ragione se si assumono false la prima e la seconda proposizione del trilemma.

Per sostenere l’argomentazione di Bostrom sulla simulazione, Kipping ricorre all’analisi bayesana del ragionamento, secondo la quale è possibile calcolare la probabilità di occorrenza di un evento (chiamata probabilità “a posteriori”), facendo prima delle ipotesi su ciò che deve essere analizzato (assegnandogli una probabilità “a priori”).

Innanzitutto Kipping ha ridotto il trilemma a un dilemma, raggruppando in una sola assunzione, la prima e la seconda proposizione, poiché il risultato di entrambe prevedeva comunque l’assenza di simulazione. Quindi, il dilemma pone di fronte un’ipotesi fisica (non ci sono simulazioni), e un’ipotesi di simulazione (vi è una realtà di base, e vi sono anche delle simulazioni). A ognuno di questi modelli bisogna assegnare una probabilità a priori. Dal momento che non si dispone di dati o di informazioni specifiche, Kipping decide di applicare in questo caso il principio di indifferenza. In questo modo, a ogni ipotesi viene assegnata una probabilità a priori pari a un mezzo.

Nel passaggio successivo dell’analisi si sono prese in considerazione le realtà multipare – in grado di generare altre realtà – e quelle nullipare – che non possono generare altre realtà. Se l’ipotesi fisica fosse vera, allora sarebbe facile calcolare la probabilità che il genere umano stia vivendo in un universo nulliparo: essa sarebbe del 100%. Kipping ha dimostrato che, anche nell’ipotesi della simulazione, la maggior parte delle realtà simulate sarebbe comunque nullipara. Questo si verifica perché, quando da una simulazione discendono più simulazioni, le risorse di calcolo, disponibili a ogni generazione successiva, si riducono fino al punto in cui la stragrande maggioranza delle realtà sarà rappresentata da quelle che non hanno la potenza di calcolo sufficiente per simulare altre realtà, in grado a loro volta di ospitare degli esseri coscienti.

Inserendo queste condizioni all’interno di una formula bayesana, si ottiene che, la probabilità che gli esseri umani si trovino dentro una realtà di base, è circa uguale alla probabilità “a posteriori” di trovarsi dentro un universo simulato – con una leggera prevalenza della probabilità verso la realtà di base.

Queste probabilità cambierebbero in modo radicale se gli esseri umani riuscissero a creare una simulazione contenente esseri coscienti, in quanto un tale evento andrebbe a modificare i valori di possibilità che vengono assegnati a priori all’ipotesi fisica. Quando questa tecnologia sarà inventata, secondo i calcoli effettuati da questa analisi, si passerebbe dall’attuale 50-50 (con leggera prevalenza della realtà di base), a una situazione di assoluta realtà simulata.

Il risultato dell’analisi di Kipping è che, date le prove attuali, l’affermazione di Musk, che attribuisce a uno su un miliardo la probabilità che ci troviamo in una realtà di base, è errata. Bostrom concorda con i risultati di Kipping, con alcune osservazioni. Egli infatti afferma che le deduzioni di Kipping non vanno contro le sue argomentazioni sulla simulazione, che fa riferimento solo all’idea che una delle tre proposizioni del trilemma sia vera.

Bostrom non condivide però l’idea di Kipping di assegnare le stesse probabilità a priori, all’inizio dell’analisi, all’ipotesi fisica e a quella della simulazione. Definisce poco attendibile l’uso del principio di indifferenza, per questa analisi. Quel principio si sarebbe potuto applicare alle tre alternative di Bostrom, assegnando a ognuna di loro un terzo delle probabilità.

Non essendoci delle evidenze scientifiche che permettono di far prevalere un approccio su un altro, ogni ipotesi, al momento, può risultare valida.

La questione è stata affrontata da Houman Owhadi, un esperto di matematica computazionale al California Institute of Technology. Egli dice che se la simulazione avesse una potenza di calcolo infinita, non avremmo alcun modo per accorgerci di vivere dentro una realtà virtuale, perché ogni cosa potrebbe essere calcolata con il massimo grado di realismo desiderato. Se un qualcosa può essere rilevato, si deve partire dal principio che esso possiede delle risorse di calcolo limitate.

Secondo Owhadi, il metodo più efficace per cercare paradossi potenziali, creati da tali cortocircuiti di calcolo, può derivare da esperimenti di fisica quantistica. I sistemi quantistici si possono trovare in una sovrapposizione di stati, descritta da uno strumento matematico, chiamato funzione d’onda. Nella meccanica quantistica standard, l’osservazione fa collassare questa funzione d’onda su uno dei tanti stati possibili. I fisici sono ancora divisi se tale processo di collassamento della funzione d’onda sia qualcosa di reale o riflette un cambiamento nella nostra comprensione del sistema. Se si trattasse di una pura simulazione, non vi sarebbe alcun collassamento. Ogni cosa viene decisa nel momento in cui viene osservata. Il resto è solo simulazione.

Quindi, Owhadi, assieme ad alcuni suoi collaboratori, ha ideato cinque variazioni concettuali dell’esperimento della doppia fenditura, ognuno progettato per far scattare una simulazione. Tali esperimenti, però, rappresentano per il momento solo delle congetture e non è possibile, oggi, fare delle previsioni sulla loro attendibilità.

Anche Zohreh Davoudi, una fisica della Unversity of Maryland, ritiene che l’idea di una simulazione con infinite risorse di calcolo potrebbe essere plausibile. Il suo lavoro si focalizza sulle interazioni forti, o forza nucleare forte – una delle quattro forze fondamentali della natura. Le equazioni che descrivono le interazioni forti, che tengono insieme i quark per costituire protoni e neutroni, sono così complesse che non possono essere risolte analiticamente, ma solo attraverso delle simulazione numeriche. E, a differenza di ogni ipotetica superciviltà, dotata di potenza di calcolo infinita, i fisici della realtà base devono inventare delle scorciatoie, per rendere praticabili quelle simulazioni di calcolo – generalmente, considerando lo spazio-tempo discreto, piuttosto che continuo.

Secondo Davoudi, nei prossimi 10/20 anni i computer classici non saranno più in grado di sostenere i processi di simulazione dei sistemi fisici. Ci si dovrà rivolgere al calcolo quantistico, che si basa sulla sovrapposizione, e su altri effetti quantistici, per rendere trattabili alcuni problemi di calcolo, che risulterebbero impossibili attraverso un approccio classico. Se il calcolo quantistico dovesse diventare una realtà accessibile per il mondo della ricerca, allora si accederebbe a un’era della simulazione completamente diversa.

Tutti questi fattori hanno condotto la Davoudi a speculare sull’ipotesi della simulazione. Se viviamo in una realtà simulata, allora è probabile che il simulatore discretizzi anche lo spazio-tempo, per risparmiare sulle risorse di calcolo. Delle evidenze di questo spazio-tempo discreto potrebbero essere viste nella direzione da cui arrivano i raggi cosmici ad alta energia: avrebbero una direzione preferita nel cielo, per effetto della rottura della cosiddetta simmetria rotazionale.

Finora però nessun telescopio ha mai osservato una deviazione di quell’invarianza rotazionale. E anche se un effetto del genere fosse visto, non sarebbe comunque un’evidenza inequivocabile che ci troviamo dentro una realtà simulata. Anche la realtà di base potrebbe avere le stesse proprietà.

Lo stesso Kipping nutre dei timori sul fatto che l’ipotesi della simulazione si trovi su una sottile lastra di ghiaccio. Egli afferma che, di fatto, non siamo in grado di verificare se ci troviamo, o meno, dentro una realtà simulata. Quindi, se non è falsificabile, come si può affermare che si tratta di scienza?

A questa domanda, Kipping risponde con il principio di economia, detto pure rasoio di Occam, per il quale, in assenza di altre prove, la spiegazione più semplice è la più corretta. Kipping quindi dice che, dal momento che l’ipotesi di simulazione è un modello molto elaborato e complicato, per effetto del principio di economia (rasoio di Occam), la sua efficacia potrebbe essere considerata inferiore rispetto alla spiegazione della semplice realtà di base.

Forse, dopotutto, ci troviamo dentro una realtà di base, nonostante Musk e la fisica quantistica.

Fonte: scientificamerican.com