Vita aliena: se la trovassimo, sapremmo riconoscerla?

Alcuni scienziati non escludono che possano esserci anche sulla Terra cose viventi non individuate perché non si adattano alle definizioni standard

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Si fa un gran parlare di ricerca di vita aliena, soprattutto ora che, oltre al SETI che esplora l’universo alla ricerca di segnali in arrivo dallo spazio profondo, sono sempre più numerose le missioni spaziali che la NASA (ed ora anche l’ESA) inviano per l’esplorazione di Marte, dei pianeti esterni del sistema solare e delle loro Lune.

Nei prossimi anni, ad esempio, sarà lanciata la sonda Europa clipper che avrà il compito di esplorare gli oceani liquidi al di sotto della crosta di ghiaccio del satellite gioviano Europa con l’obbiettivo, non secondario, di individuare segni di vita nell’acqua del satellite.

Il punto, però, è: siamo certi che riusciremo a riconoscere la vita per quello che è, quando e se, la incontreremo?

In un episodio di 1967 di  Star Trek , il capitano Kirk e il suo equipaggio indagano su misteriosi omicidi ai danni di minatori sul pianeta Janus VI. Alla fine, scoprono che l’assassino era un mostro roccia chiamato Horta. Ma come mai i sensori dell’Enterprise non avevano registrato alcun segno della creatura? Perché l’Horta era una forma di vita a base di silicio. Completamente diverso da qualsiasi forma di vita conosciuta sulla Terra in cui tutto è a base di carbonio.

È probabile che riconoscere forme di vita sviluppatesi su mondi diversi non sarà cosa semplice, anzi potrebbe rivelarsi particolarmente difficile se la ricetta per la vita, altrove, non include ingredienti familiari. Addirittura, alcuni scienziati non escludono che possano esserci anche sulla Terra cose viventi non individuate perché non si adattano alle definizioni standard.



Christoph Adami, un fisico teorico che opera presso la Michigan State University di East Lansing, ha creato una simulazione al computer per dimostrare che la vita è possibile anche su base di silicio oltre che di carbonio.

Adami ha spiegato che, probabilmente, i primi alieni che gli esseri umani incontreranno non saranno omini verdi ma piccoli microbi di un colore o di un altro – o forse di nessun colore o tutti.

Gli scienziati stanno cercando di capire come potrebbero riconoscere quei microbi alieni.

Potrebbe essere davvero difficile individuare forme di vita microscopiche insolite rispetto alla nostra esperienza. Molti insistono sul fatto che certe caratteristiche devono essere presenti in qualsiasi tipo di vita, compresi gli alieni. Tra queste, metabolismo, riproduzione ed evoluzione. Altri aggiungono che il requisito fondamentale per la vita è che vi siano cellule abbastanza grandi da contenere le macchine che assemblano le proteine, i ribosomi (RY-BOH-soams) o un loro equivalente.

La definizione di “vita” non è semplice. Un virus, come il virus Ebola, non è vivo (anche se alcuni scienziati sostengono il contrario).

Ma tali definizioni possono essere eccessivamente rigide. “Fare un elenco dei criteri necessari per la vita può dare agli scienziati una visione limitata“, dice Carol Cleland, dell’Università di Boulder in Colorado, “una visione ristretta potrebbe impedirci di vedere la diversità della vita nel cosmo“.

Alcuni scienziati, per esempio, dicono che i virus non sono vivi perché si basano su cellule ospiti di riprodursi, ma Adami non ha “alcun dubbio” sul fatto che i virus siano vivi. “Loro non portano con sé tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere”, riconosce. “Ma neanche noi.” Quello che è importante, sostiene, è che i virus trasmettono informazioni genetiche da una generazione all’altra. E, di base, la vita è solo informazione che si replica.

Sono oltre 4.000 i pianeti individuati fuori del nostro sistema solare.

Con la loro scoperta, le probabilità che prima o poi scopriremo forme di vita aliene sono più alte che mai e aumentano sempre. Ma anche i più potenti telescopi non possono permetterci di vedere direttamente questi pianeti e quindi è necessario lavorare affidandosi ad altri parametri, come l’analisi spettrografica di eventuali atmosfere per scoprire prove della presenza di metabolismo tipico della vita. Ma, anche in questo caso, siamo limitati alla nostra esperienza e qualcosa di davvero diverso potrebbe sfuggirci.

Nel 1984 fu scoperto in Antartide il  meteorite ALH84001, all’interno del quale una squadra di scienziati della NASA del Johnson Space Center di Houston, identificò dei globuli di carbonato simili ad alcune forme di vita microscopica terreste con cristalli di magnetite sovrapposti ad essi. Alcuni batteri terrestri producono cristalli simili, contenenti ferro, utilizzandoli come bussola per muoversi in cerca di cibo.
Da questi indizi alcuni scienziati conclusero che si trattava di resti fossili di forme di vita microscopiche marziane mentre altri negarono decisamente questa ipotesi affermando che globuli e cristalli potevano prodursi anche attraverso processi chimici spontanei. Oggi l’ipotesi dei fossili marziani è stata ampiamente respinta.
Restando nel sistema solare, a parte gli studi in corso su Marte, sono ritenute interessanti le lune di Giove e Saturno, Europa ed Encelado, verso le quali sono in corso di programmazione missione automatiche per effettuare studi più ravvicinati.
Anche un altro satellite è ritenuto dai ricercatori particolarmente interessante per la ricerca della vita, la luna di Saturno chiamata Titano. Secondo alcune ipotesi, su Titano la vita potrebbe essersi sviluppata all’interno di strutture contenenti azoto chiamati azotosomes.
Su Titano il clima è spaventosamente freddo e la sua atmosfera di metano non permetterebbe la sviluppo della vita così come la conosciamo. Il metano, che qui sulla Terra conosciamo come un gas, su Titano si presenta come un liquido viscoso e il ghiaccio d’acqua presente su quella luna è duro come roccia.
Eppure, certe simulazioni al computer hanno dimostrato che alcune molecole a catena corta potrebbero creare bolle stabili simili alle membrane cellulari. Le condizioni estreme del satellite potrebbero imporre alla eventuale vita un ritmo metabolico estremamente lento a causa della poca luce e del poco calore.
In queste condizioni, la vita su Titano potrebbe avere un metabolismo lentissimo e potremmo non essere in grado di riconoscerla.
Insomma, le possibilità di incontrare la vita là fuori aumentano esponenzialmente con il migliorare della nostra tecnologia e le occasioni, tra pianeti e satelliti, solari ed extrasolari, sono sempre più numerose.
Gli scienziati sono confidenti circa la loro capacità di riconoscere qualsiasi forma di vita, anche molto diversa dalla nostra ma le certezze sono pochissime.
Per quanto ne sappiamo, i nostri rover su Marte potrebbero avere distrutto una colonia di forme di vita a base silicea passandoci sopra con le ruote, magari poteva essere l’ultima. Magari, su Marte, la storia della creazione è finita a causa nostra.
Cercare la vita è importante e necessario, per espandere le nostre conoscenze ed imparare ma, mentre la nostra tecnologia diventa sempre più invasiva, dovremo essere sempre più attenti e rispettosi, partendo dal presupposto di non avere nessuna certezza e di dovere avere la mente aperta ad ipotesi per ora impensabili.
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