Secondo l’astrofisico Martin Rees, entro la fine del XXI secolo, dovremmo essere in grado di comprendere se viviamo o meno in un multiverso e quante varietà di leggi mostra ognuno degli universi che lo compongono. La risposta a questa domanda, spiega Rees, “determinerà come dovremmo interpretare l’universo ‘biofriendly’ in cui viviamo (condividendolo con gli alieni con cui un giorno potremmo entrare in contatto)”.
L’intero universo osservabile risponde alle stesse leggi fondamentali della fisica. Se cosi non fosse, i costituenti fondamentali della materia si comporterebbero in maniera anarchica e non riusciremmo a fare nessun progresso nella comprensione del cosmo e delle sue leggi regolatrici, sarebbe il caos. Secondo Rees tutto ciò che osserviamo potrebbe non essere l’unica realtà fisica esistente oggi; alcuni cosmologi ipotizzano che il “nostro” Big Bang non sia stato l’unico, e la realtà fisica sia così complessa da occupare un intero “multiverso“.
Molti astronomi, anche quelli più conservatori, conclude Rees, sono fiduciosi che il volume dello spazio-tempo entro la portata dei nostri strumenti, quello che gli astronomi chiamano tradizionalmente “universo” sia solo una piccola frazione del tutto scaturito dal Big Bang. Ci aspetteremmo molte più galassie poste oltre l’orizzonte osservabile, ormai fuori dalla nostra visuale ognuna delle quali (insieme a tutte le intelligenze che ospita) si evolverà come la nostra.
Seguendo le leggi della fisica, Charles Cockell suggerisce che la vita sulla Terra potrebbe essere un modello per la vita nell’universo, un modello standard di costanti fondamentali per la vita. Cockell, astrobiologo presso l’Università di Edimburgo e direttore del Centre for Astrobiology del Regno Unito, autore di The Equations of Life: How Physics Shapes Evolution, vede il tema della formazione della vita attraverso la lente di un osservatore che sta cercando di capire come la vita presente sulla Terra possa essere utilizzata come banco prova per capire la vita in altri luoghi dell’universo.
Non importa quanto diverse siano le condizioni che regolano la vita su mondi lontani, tutti presumibilmente rispondono alle stesse leggi della fisica, dalla meccanica quantistica alla termodinamica alla legge di gravità. E la vita, come dice Cockell, è semplicemente materia vivente, “materiale in grado di riprodursi ed evolvere”. Se la biologia esistesse altrove nell’universo, la troveremmo sorprendentemente familiare non solo in apparenza, ma anche nei meccanismi più intimi che probabilmente sarebbero basati sul carbonio. Ci sono equazioni e regole che non sono limitate ai sistemi viventi ma sono alla base del modo in cui opera la vita. Queste equazioni sono coerenti, per quanto ne sappiamo, ovunque nell’universo. Per capire come potrebbe essere la vita altrove, è fondamentale avere una conoscenza approfondita di come funziona la vita asulla Terra.
La storia dell’evoluzione e i passaggi DNA, RNA, ATP, il ciclo di Krebs – la trafila di Biologia 101 – probabilmente si ripresenterebbe, qui o in mondi lontani, scrive George Johnson: Le singole cellule si unirebbero insieme, cercando i vantaggi della vita metazoica, finché si svilupperebbe qualcosa di simile a quello che si è sviluppato sul nostro pianeta. Le leggi della biologia imitano le leggi fisiche e sono le stesse ovunque: la gravità è onnipresente, non è un’esclusiva del nostro sistema solare. Le restrizioni sono ovunque: le molecole organiche, sulla Terra o altrove, si disintegrano alle alte temperature e si disattivano a quelle basse. Alcuni ingredienti, quasi ovunque, sono indispensabili per la vita: il carbonio ad esempio è l’elemento ottimale per assemblare la vita perché in grado di formare catene; l’acqua è invece il solvente ideale.
Consideriamo “la vita come la conosciamo“, probabilmente ci sono molti mondi molto simili al nostro, le condizioni in altre parti dell’universo invece possono essere molto diverse. Tuttavia, fintanto che le equazioni funzionano correttamente, la vita può avere un numero infinito di variazioni, ognuna diversa, ma ognuna simile a causa delle equazioni che sono alla base dell’universo fisico.
“Le leggi della fisica incanalano le creature viventi in forme limitate. Riducono la portata dell’evoluzione. La vita aliena può avere molte somiglianze con la vita sulla Terra”.
“Osserva l’oceano”, dice Cockell. in un liquido predominano “creature con corpi snelli e aerodinamici” e, per ovvie ragioni, “si muovono velocemente attraverso l’acqua”. Questo è vero da centinaia di milioni di anni, ovviamente; i delfini, gli squali, l’ittiosauro, mammiferi, pesci e dinosauri estinti, hanno tutti un aspetto ragionevolmente comparabile. “Le cose finiscono per sembrare le stesse, anche se sono lignaggi completamente diversi”, spiega Cockell.
Sulla Terra, la maggior parte degli animali possiede appendici o arti per muoversi; nel cielo, siano essi pterodattili o piccioni, “si osservano le leggi che governano l’aerodinamica”. Anche le farfalle, anche se squisitamente dettagliate seguono le stesse leggi. “Un’ala troppo piccola e una farfalla non può decollare”, afferma Cockell. I dettagli, ammette, possono essere “infiniti”, ma “la fisica limita la forma”.
Gli atomi si combinano per formare strutture sempre più complesse che comprendono sistemi viventi progettati per catturare energia dall’ambiente e creare copie di se stessi. I sistemi viventi, per continuare a farlo nel corso della storia della vita, si adattano ai cambiamenti nell’ambiente, in definitiva evolvono.
Fonte: https://dailygalaxy.com/2019/02/from-the-x-files-physics-of-evolved-extraterrestrial-life/
Vita aliena: la Terra come modello standard universale
L'intero universo osservabile risponde alle stesse leggi fondamentali della fisica. Se cosi non fosse, i costituenti fondamentali della materia si comporterebbero in maniera anarchica e non riusciremo a fare nessun progresso nella comprensione del cosmo e delle sue leggi regolatrici
Indice