“Sarebbe orribile, ed improbabile. In oltre 60 anni di esplorazione spaziale, nessuno è mai morto in questo modo.” Esordisce così Tom Broiles, fisico con un dottorato di ricerca nella fisica spaziale e ricercatore specializzato sul “vento solare”.
“Non sono sicuro che qualcuno sappia esattamente cosa succederebbe a un corpo umano nello spazio. Un medico di volo potrebbe dare una risposta migliore. Tuttavia, farò la mia ipotesi migliore in base alla mia conoscenza dello spazio”.
La cosa più ovvia sarebbe il soffocamento, poiché non c’è ossigeno da respirare. Ci vuole tempo però, circa 5 minuti. Tutti gli organi pieni d’aria (seni, polmoni, stomaco, intestino, ecc.) si espanderebbero rapidamente rompendosi a causa della grande differenza di pressione.
Una rottura dei polmoni causerebbe uno pneumotorace (polmone collassato) o un’embolia gassosa arteriosa (parte dell’aria nei polmoni entra in un vaso sanguigno importante), portando un blocco del flusso sanguigno al cervello che procurerebbe uno svenimento.
L’interruzione dell’afflusso di sangue al cervello porta alla morte dopo 15 secondi circa.
Dopo la morte, molte cose interessanti inizierebbero probabilmente ad accadere al corpo (e non).
Morire nello spazio, senza tuta spaziale
Sulla Terra, il calore si trasferisce in uno di questi tre modi: convezione, conduzione e radiazione. I primi due richiedono il contatto fisico con la materia affinché il calore possa fuoriuscire, ma ce n’è pochissima nello spazio, quindi il corpo resterebbe probabilmente caldo molto più a lungo di quanto farebbe sulla Terra. Come in un thermos sottovuoto.
Il sangue si congelerebbe ma poi sublimerebbe lentamente. Sulla Terra l’acqua ha tre stati (solido, liquido e gas) in base alla sua temperatura, tuttavia, lo stato della materia dipende in realtà dalla pressione e dalla temperatura.
Nello spazio l’acqua passa direttamente dal ghiaccio al gas. Di conseguenza, un astronauta appena morto probabilmente sembrerebbe normale ma, dopo poche ore, si congelerebbe, e dopo alcuni mesi probabilmente si esiccherebbe.
La decomposizione sulla Terra si verifica perché batteri, funghi e animali scompongono il corpo per nutrirsi.
Tuttavia, quasi tutti richiedono ossigeno per vivere. Pertanto, è molto probabile che la decomposizione nella spazio sarebbe estremamente lenta. Se il corpo fosse esposto alla luce solare diretta, potrebbe schiarirsi nel tempo.
Paul Sutter è ricercatore presso l’Osservatorio Astronomico di Trieste e visiting scholar presso il Center for Cosmology and Astro-Particle Physics della Ohio State University.
Sutter ospita anche i podcast Ask a Spaceman e RealSpace e la serie di YouTube Space In Your Face. Lui ha rilasciato questa ipotesi:
L’azoto disciolto nel flusso sanguigno vicino alla superficie della pelle si raccoglierebbe in piccole bolle. Queste bolle espandendosi, farebbero gonfiare il corpo fino a circa il doppio della dimensione, partendo dalle mani e dai piedi.
Si chiama ebullismo. La temperatura, o meglio, la mancanza di temperatura, non ucciderà subito.
Il motivo per cui puoi ottenere l’ipotermia così rapidamente nell’acqua non è la temperatura dell’acqua stessa, è che l’acqua è davvero brava a condurre e convogliare il calore lontano da te.
Qualsiasi calore prodotto dal metabolismo del corpo viene risucchiato. Ecco perché i subacquei indossano le mute: per intrappolare uno strato d’acqua e impedire che porti via quel prezioso calore corporeo.
Nel vuoto non c’è convezione e nemmeno conduzione. Questo lascia solo la radiazione. Ogni essere umano emette luce, nello spettro infrarosso, per irradiare calore a circa 100 watt.
Una lampadina era l’analogia perfetta per la produzione di energia di una persona, finché non siamo passati tutti ai CFL e ai LED.
Nello spazio non c’è niente che isoli, quindi alla fine si morirebbe per congelamento. Quella perdita di 100 watt di calore non è poi così tanto rispetto alla pura massa del corpo.
Ciò che alla fine condanna è il sistema circolatorio del tuo corpo. Non c’è aria nello spazio il che significa che non c’è ossigeno. Ma il tuo sangue non lo sa. Supera i tuoi polmoni, pronto a prendere altro O2, e continua ad andare, con o senza passeggero.
Il tuo cuore continua a battere e quel sangue privo di ossigeno va ovunque dovrebbe andare. Ad esempio, nel cervello.
Affamato di ossigeno, il cervello entra in modalità di spegnimento per risparmiare energia. Circa 15 secondi dopo aver lasciato la sicurezza della camera di equilibrio, si perderebbe conoscenza.
Non si è ancora un cadavere, però. Tutti gli altri organi dovranno spegnersi per la mancanza di ossigeno, per raggiungere quella che negli ambienti medici è chiamata “morte”.
Una morte orribile, gli astronauti ne sono a conoscenza ma l’amore, il fascino per il paesaggio spaziale è talmente assuefacente che una morte così, la farebbero volentieri pur di stare nello spazio infinito.