Un test per la biogenicità delle strutture a bastoncino trovate nel Vera Rubin Ridge, su Marte
Su “Geosciences” l’articolo di quattro ricercatori (tre italiani) che hanno esaminato migliaia di immagini trasmesse dal rover della Nasa “Curiosity” per confermare la presenza, miliardi di anni fa, di forme di vita semplici su Marte. Le prove sono molto convincenti ma ancora non bastano a smentire completamente l'origine abiotica delle strutture.
Uno studio pubblicato su “Geosciences”, rivista autorevole con revisione paritaria, il cui autore principale è Andrea Baucon, paleontologo dell’Università di Genova, che ha lavorato con Carlos Neto de Carvalho, geologo dell’Università di Lisbona, Fabrizio Felletti, professore di sedimentologia all’Università di Milano, e Roberto Cabella, professore di georisorse all’Università di Genova, sostiene che nuove immagini, riprese dal rover Curiosity nei depositi fluvio-lacustri di Vera Rubin Ridge, il cui ambiente deposizionale è stato riconosciuto come potenzialmente abitabile miliardi di anni fa quando su Marte c’erano fiumi, laghi e piccoli mari, mostrano strutture millimetriche e allungate simili a bastoncini. La morfologia, le dimensioni e la topologia delle strutture sono ancora sconosciute e la loro biogenicità rimane non testata. ma gli autori forniscono la prima descrizione quantitativa delle strutture di Vera Rubin Ridge, dimostrando che gli ichnofossili terrestri, cioè il prodotto delle interazioni vita-substrato, sono tra i loro analoghi morfologici più vicini.
La crescita di cristalli e il cracking sedimentario sono plausibili processi genetici non biologici per le strutture, sebbene i cristalli, le fessure di essiccazione e di sineresi non presentino in genere tutte le caratteristiche morfologiche e topologiche delle strutture di Vera Rubin Ridge.
Gale, lago asciutto
Le immagini delle microstrutture sono state riprese dal rover della Nasa Curiosity nel cratere Gale, che tre miliardi di anni fa era un lago e poi si è lentamente prosciugato a mano a mano che Marte perdeva nello spazio gran parte della sua umidità. Tre miliardi di anni sono tantissimi e Marte ha più o meno l’età della Terra, cioè 4,5 miliardi di anni. Sappiamo che certo che circa 3,8 miliardi di anni fa sulla Terra erano già presenti forme di vita molto semplici e alcune evidenze ne fanno risalire la comparsa ad almeno 4,3 miliardi di anni fa. Questo significa che Marte potrebbe avere avuto abbastanza tempo a disposizione per sviluppare forme di vita molto semplici.
Le strutture riprese dal Rover Curiosity appaiono come formazioni millimetriche e allungate conservate in rocce sedimentarie depositate in ambienti fluvio-lacustri all’interno del cratere Gale. Sulla Terra, tali ambienti sono abitati da un’enorme diversità di macro e microrganismi che producono tracce di interazioni vita-substrato simili alle strutture di Vera Rubin Ridge.
Da quando sono stati notate, le strutture di Vera Rubin Ridge sono state controverse. In un post sul blog, gli scienziati della NASA hanno etichettato le strutture come enigmatiche caratteristiche stick-like, proponendone un’origine abiotica come vene minerali resistenti all’erosione. Al contrario, DiGregorio ha suggerito una potenziale natura biogenica come prodotti fossilizzati delle interazioni vita-substrato (ichnofossils). Questa ipotesi biogenica è stata contestata in modo informale in una serie di post di blog che includono interviste a scienziati della Terra e planetologi.
Nonostante questo dibattito, la morfologia, le dimensioni e la topologia delle strutture a forma di bastoncino sono ancora sconosciute e la loro potenziale biogenicità rimane non testata.
Ad oggi, non esiste un documento peer-reviewed che discute dell’ipotesi abiotica per le strutture a forma di bastoncino.
Tra biologia e geologia
Andrea Baucon ha esaminato più di diecimila immagini di Curiosity tra quelle a più alta risoluzione, senza trovare nulla che facesse pensare alla vita. E’ stato il confronto di idee avuto con il collega portoghese Carlos Neto de Carvalho a indirizzare lo studio verso misure di interesse biologico.
La “geometria” della vita
La vita ha una sua geometria caratteristica, che la distingue dal non vivente. “Partendo dal codice delle lenti della camera fotografica che Curiosity ha usato per riprendere le immagini – spiega Baucon – tramite particolari algoritmi siamo risaliti alle dimensioni reali delle strutture, e in particolare agli angoli con cui le strutture a bastoncino sono disposte l’una rispetto all’altra. Gli angoli sono tali da escludere una disposizione dovuta a normali processi di sedimentazione. Al contrario, sono perfettamente compatibili con strutture di origine biologica: per esempio le gallerie che scavano i lombrichi evitando di intersecarle tra loro e in genere le tane fossili che troviamo sulla Terra originate da cellule ameboidi microscopiche riunite in masse macroscopiche, i cosiddetti funghi mucillaginosi”.
Una prova inoppugnabile
“Non possiamo dire di avere in mano la pistola fumante – ha continuato Baucon – ciò che abbiamo trovato non fornisce una prova incontrovertibile. Altre interpretazioni delle immagini sono possibili, ma meno convincenti. In casi come questo è bene essere prudenti. Nel nostro gruppo sono l’unico paleontologo, gli altri colleghi sono geologi e geochimici. E’ una garanzia: per formazione io tendo all’interpretazione biologica dei fossili, i miei colleghi inclinano per quella geologica. Tre contro uno. Eppure davanti alle foto inviate da Curiosity abbiamo trovato una buona convergenza interpretativa”.
Nuova formula di Drake
Vale la pena di mettere il lavoro pubblicato su “Geosciences” in relazione con uno studio recentissimo svolto all’Università di Nottingham. Qui i ricercatori hanno ricalcolato con una nuova formula di Drakeil possibile numero di civiltà extraterrestri intelligenti e comunicanti nella nostra Via Lattea portandolo ad almeno 36. Recente è anche la scoperta di asteroidi e comete interstellari.
Questi corpi vaganti potrebbero contribuire a disseminare molecole complesse che favoriscono la comparsa della vita, come immaginava quel visionario di Francis Crick, premio Nobel per la scoperta della doppia elica del DNA. Quanto ai pianeti,oggi sappiamo che sono comuni e numerosissimi e che molti sono paragonabili alla Terra, almeno per massa e posizione.
I nuovi dati osservativi e morfometrici qui riportati hanno implicazioni di vasta portata per la ricerca della vita extraterrestre. I dati morfometrici e topologici sono unici per le strutture a bastoncino tra le caratteristiche geologiche marziane e mostrano che gli ichnofossili sono tra gli analoghi morfologici più vicini a queste caratteristiche uniche.
In effetti, le strutture a bastoncino mostrano caratteristiche morfologiche (forma allungata; presenza di curve; larghezza costante; distribuzione raggruppata) e caratteristiche topologiche (relazioni trasversali, coalescenti) che sono comunemente osservate negli ichnofossili.
Anche il contesto e le dimensioni geologiche sono compatibili con gli ichnofossili. Al contrario, i fianchi scoscesi e la sezione trasversale alquanto poligonale sono raramente osservati in ichnofossils sulla Terra, con poche eccezioni (rthrophycus, Oblongichnus, Bulbichnus).
A seguito dell’interpretazione di altre strutture biogeniche extraterrestri, l’assenza di prove inequivocabili della vita su Marte è l’unica prova che favorisce l’ipotesi un’origine abiotica delle strutture a forma di bastoncino.
Tuttavia, i dati disponibili non possono smentire completamente due importanti ipotesi abiotiche, che sono il cracking sedimentario e la crescita dei cristalli evaporitici come processi genetici per le strutture. La sezione poligonale e i fianchi ripidi supportano l’ipotesi del cristallo, sebbene le strutture a forma di bastoncino non abbiano le facce piane lisce e i contorni nitidi a forma di cristallo che caratterizzano le punte dei monocristalli euedrici. Le giunzioni a T e i poligoni incompleti formati dalle strutture a forma di bastoncino ricordano le crepe sedimentarie piene, sebbene le crepe da contrazione, a differenza delle strutture a bastoncino, siano solitamente a forma di fuso e possano presentare punte affusolate.
Di conseguenza, le osservazioni disponibili su Vera Rubin Ridge non consentono di rivendicare la biogenicità delle strutture a forma di bastoncino, ma dovrebbero incoraggiare la raccolta di ulteriori dati, in particolare geochimici, su questo tipo di strutture sedimentarie su Marte.
Di conseguenza, questo caso di studio solleva la questione di come confutare l’origine abiotica di una struttura simile a un ichnofossile negli antichi depositi sedimentari sulla Terra e oltre. La risposta a questa domanda risiede necessariamente nello studio della morfologia e del contesto geologico, poiché la composizione chimica degli ichnofossili riempiti passivamente non è necessariamente correlata ai processi biologici.
Questa domanda e il suo contrario (come dimostrare la biogenicità delle strutture simili agli ichnofossili) sono di fondamentale importanza non solo perché gli ichnofossili sono le prove macroscopiche più persistenti per la vita sulla Terra, ma anche perché sono indipendenti dalla morfologia, dalle dimensioni e dalla biochimica del produttore.
In quanto tal, gli ichnofossili consentirebbero di riconoscere anche forme di vita diverse d quelle note sulla Terra.