Cento anni fa, oggi, il 29 maggio 1919, le misurazioni effettuate in occasione di un’eclissi solare permisero di verificare e confermare la teoria della relatività generale di Einstein.
Ancora prima, Einstein aveva sviluppato la teoria della relatività speciale che aveva rivoluzionato il modo in cui comprendiamo la luce. Da allora, le intuizioni di Einstein sono state la guida utilizzata dalla fisica per capire come le particelle si muovono attraverso lo spazio, una ricerca fondamentale per l’esplorazione spaziale perchè potrebbe permetterci di salvaguardare mezzi e astronauti dalle radiazioni.
La teoria della relatività speciale ha dimostrato che le particelle che compongono la luce, i fotoni, viaggiano attraverso il vuoto alla massima velocità possibile nel nostro universo, una velocità estremamente difficile da raggiungere e impossibile da superare.
Tuttavia, nello spazio, ci sono particelle che si muovono a velocità incredibili, alcune addirittura raggiungendo il 99,9% della velocità della luce.
Uno dei compiti della NASA è capire meglio come queste particelle raggiungono queste accelerazioni. Studiare queste particelle superveloci, o relativistiche, ci aiuterà a proteggere le missioni che esplorano il sistema solare: una particella che si muove ad una velocità vicina alla luce può colpire l’elettronica di bordo danneggiandola e molte particelle in una volta potrebbero avere effetti negativi sugli astronauti che viaggeranno nello spazio, sulla Luna o oltre.
Ecco tre modi in cui avviene l’accelerazione.
1. Campi elettromagnetici
La maggior parte dei processi che accelerano le particelle a velocità relativistiche vengono attivati da campi elettromagnetici. Le due componenti, campi elettrici e magnetici, sono come le due facce di una stessa moneta, lavorano insieme lanciare particelle a velocità relativistiche in tutto l’universo.
In sostanza, i campi elettromagnetici accelerano le particelle cariche perché le particelle sentono una forza in un campo elettromagnetico che le spinge avanti, in modo simile a come la gravità attira gli oggetti dotati di massa. Nelle giuste condizioni, i campi elettromagnetici possono accelerare le particelle a velocità prossima alla luce.
Sulla Terra, i campi elettrici vengono imbrigliati su scale più piccole per accelerare le particelle nei laboratori. Gli acceleratori di particelle, come il Large Hadron Collider e il Fermilab, utilizzano campi elettromagnetici pulsanti per accelerare le particelle cariche fino al 99,9999996% della velocità della luce. A queste velocità, le particelle possono essere fatte scontrare per produrre collisioni, ciò consente agli scienziati di cercare particelle elementari e capire come fosse l’universo nelle primissime frazioni di secondo dopo il Big Bang.
2. Esplosioni magnetiche
I campi magnetici sono ovunque nello spazio, circondando la Terra e attraversano il sistema solare. Guidano persino le particelle cariche che si muovono attraverso lo spazio, percorrendo un tracciato a spirale intorno ai campi.
Quando i campi magnetici si intrecciano l’un l’altro, possono diventare ingarbugliati. Quando la tensione tra le linee magnetiche incrociate diventa troppo grande, le linee si spezzano in modo esplosivo e si riallineano in un processo noto come riconnessione magnetica.
Il rapido cambiamento nel campo magnetico di una regione crea campi elettrici, che fanno sì che tutte le particelle cariche coinvolte vengano scaricate ad alte velocità.
Gli scienziati sospettano che la riconnessione magnetica sia un modo attraverso cui le particelle, ad esempio il vento solare, che è il flusso costante di particelle cariche dal sole, vengono accelerate a velocità relativistiche.
Queste particelle veloci creano anche una serie di effetti collaterali quando passano vicino ai pianeti. La riconnessione magnetica avviene vicino a noi nei punti in cui il campo magnetico del sole spinge contro la magnetosfera terrestre, il nostro ambiente magnetico protettivo. Quando la riconnessione magnetica avviene sul lato della Terra rivolto verso il Sole, le particelle possono essere scagliate nell’atmosfera superiore della Terra provocando le aurore.
La sonda Magnetospheric Multiscale della NASA è stata progettata e costruita per concentrarsi sulla comprensione di tutti gli aspetti della riconnessione magnetica. Usando quattro sonde identiche, la missione orbita attorno alla Terra per identificare la riconnessione magnetica in azione. I risultati dei dati analizzati potranno aiutare gli scienziati a comprendere come avviene l’accelerazione delle particelle a velocità relativistiche attorno alla Terra e in tutto l’universo.
3. Interazioni onda-particelle
Le particelle possono essere accelerate dalle interazioni con le onde elettromagnetiche, chiamate interazioni onda-particella.
Quando le onde elettromagnetiche si scontrano, i loro campi possono comprimersi.
Questi tipi di interazioni si verificano costantemente nello spazio vicino alla Terra e sono responsabili dell’accelerazione delle particelle a velocità che possono danneggiare l’elettronica su veicoli spaziali e satelliti nello spazio. Le missioni della NASA, come i Van Allen Probes, aiutano gli scienziati a comprendere le interazioni tra particelle e onda.
Si ritiene che anche le interazioni onda-particella siano responsabili dell’accelerazione di alcuni raggi cosmici originati al di fuori del nostro sistema solare.
Dopo l’esplosione di una supernova, un guscio caldo e denso di gas compresso chiamato onda di esplosione viene espulso dal nucleo stellare. L’onda di esplosione, piena di campi magnetici e particelle cariche, può generare interazioni onda-particella che possono lanciare raggi cosmici ad alta energia al 99,6% della velocità della luce.
Le interazioni onda-particella potrebbero anche essere parzialmente responsabili dell’accelerazione del vento solare e dei raggi cosmici emessi dal sole.