Loma Linda, California, è una cittadina che sorge tra le vette delle montagne nel mezzo della San Bernardino Valley. E’ conosciuta come un centro di salute e benessere, con oltre 900 medici presso il campus della Loma Linda University e Medical Center.
Questa città di 21.000 abitanti è una delle cinque zone blu del mondo (come lo sono Ikaria in Grecia, la Sardegna in Italia, Okinawa in Giappone e Nicoya in Costa Rica). Le zone blu, sono regioni del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Infatti, le persone in questa comunità tendono a vivere in media da 8 a 10 anni in più.
Gli esperti affermano che Loma Linda ha una delle più alte concentrazioni al mondo di avventisti del settimo giorno (movimento religioso cristiano). La religione, infatti, impone uno stile di vita sano e una vita di servizio alla chiesa e alla comunità che contribuisce alla loro longevità.
“Non mi sono mai stressato”
“Per quanto mi riguarda, lo stress è una cosa costruita” ha dichiarato il dr. Ellsworth Wareham, esponente degli avventisti e cardiochirurgo di professione. Egli afferma di non essersi mai stressato in tutta la sua vita e di avere una sua filosofia, “fai il meglio che puoi e non ti curare di tutto il resto”.
Wareham raccontava che fino ai 95 anni di età ha assistito negli interventi chirurgici, aggiungendo anche che sarebbe stato in grado di operare fino all’età di 100 anni.
Una volta ha detto che “potrei fare un intervento a cuore aperto in questo momento. Le mie mani sono ferme e ho una vista eccellente. La mia pressione sanguigna è di 117. Non ho notato alcun deterioramento delle mie capacità mentali con l’età. Se mi dessero qualcosa da memorizzare, la memorizzerei con la stessa velocità di quando avevo 20 anni”.
Il ruolo del vegetarianismo
Il dr. Wareham è deceduto l’anno scorso, all’età di 104 anni. Come il 10% della comunità avventista, Wareham era vegano. Un altro 30% è costituito da vegetariani “lacto ovo”, ovvero coloro che mangiano latticini e uova, mentre un altro 8% mangia pesce ma non altra carne. Il vegetarianismo è così diffuso che non è possibile acquistare carne nelle mense dell’università e del centro medico.
“Anche coloro che non sono vegetariani, non sono dei grandissimi consumatori di carne“, spiega il dott. Michael Orlich, principale ricercatore dell’Adventist Health Study-2. Con i suoi studi, egli si occupa di esaminare il legame tra fattori di stile di vita sani e malattie in 96.000 avventisti negli Stati Uniti Stati e Canada.
Secondo le statistiche sulla carne venduta del Department of Agriculture degli Stati Uniti, l’anno scorso gli americani avrebbero dovuto consumare 222 chili di carne rossa e pollame a testa. In confronto, coloro tra gli avventisti che mangiano carne, ne consumano meno di 46 chili all’anno.
A cosa porta lo stile di vita vegetariano? Sicuramente una peso più basso per ciascun individuo. Secondo i dati dello studio, i vegetariani hanno un indice di massa corporea media (BMI) di 23, ben al di sotto del valore soglia salutare di 25. Coloro che mangiano carne, invece, non importava quanto poco ne mangiassero, hanno un BMI medio di 29.
Fattori di uno stile di vita sano
Vi sono però degli altri fattori che contribuiscono alla longevità. Per esempio, secondo gli studi condotti, solo l’1% della comunità avventista fuma. C’è un bassissimo consumo di alcol e giornalmente vengono svolti svariati esercizi all’aria aperta, volontariato e molto altro ancora.
La religione gioca un ruolo molto importante nella vita degli avventisti i quali hanno un “appuntamento settimanale con Dio“, in cui devono andare in chiesa, non lavorare e dedicare la giornata al riposo e al ringiovanimento.
Un sottogruppo di ricerche sulla comunità, chiamato “religione biopsicosociale e studio sulla salute”, ha esaminato 20.000 avventisti scoprendo che è stata la loro connessione con la chiesa a dare il via alle loro sane abitudini ma anche al loro benessere emotivo.
Kelly Morton, collaboratrice dello studio e professoressa di medicina e psicologia alla Loma Linda University, ha dichiarato che coloro che sono impegnati religiosamente, seguono una dieta più sana, fanno più esercizio fisico e hanno più benessere emotivo e meno depressione. “Così facendo, riescono a vivere più a lungo”.
La Morton è andata a fondo nella questione analizzando le caratteristiche di resilienza dei membri più anziani della comunità, quelli con più di 100 anni. Ancora una volta, emerge che l’impegno religioso è un fattore importante nella loro longevità.
Mettendo insieme tutti questi fattori, si ottiene sicuramente un corpo più sano e con meno probabilità di soccombere a malattie legate all’obesità, come diabete, ipertensione, cancro e malattie cardiache. La ricerca sugli avventisti del settimo giorno, iniziata negli anni ’50, ha costantemente dimostrato queste teorie.
Inoltre, secondo Orlich: “nel nostro studio sulla salute della comunità avventista, i vegetariani tendono ad avere una pressione sanguigna più bassa, un colesterolo LDL (colesterolo cattivo) più basso, una minore prevalenza della sindrome metabolica e meno diabete. I vegani invece hanno un rischio inferiore di cancro alla prostata“.
L’Adventist Health Study-2, iniziato negli anni ’90, si è basato su un’analisi dettagliata della longevità e dei fattori dati dallo stile di vita religioso. Lo studio ha collegato l’aumento di una maggiore durata di vita a cinque semplici abitudini: non fumare, mantenere un peso ideale inferiore a 25 BMI, seguire una dieta a base vegetale, mangiare noci regolarmente e condurre una regolare attività fisica.
E’ troppo tardi?
Pochi di noi praticano queste sane abitudini di vita e tanto meno le praticano tutte in una volta. La buona notizia, dice Orlich, è che non è mai troppo tardi per iniziare.
“La maggior parte delle prove suggerisce che cambiare alcune semplici abitudini dello stile di vita, può fare la differenza diminuendo il rischio di malattie gravi e aumentando le probabilità di vivere una vita lunga. In qualche modo, il corpo ha una straordinaria capacità di guarire se stesso”.
Prendiamo il fumo come esempio. Molti baby boomer (coloro che sono stati protagonisti del “baby boom” demografico tra il 1946 e il 1964), sono dei fumatori incalliti in quanto hanno vissuto in un periodo in cui il fumo, secondo la società, era la norma. Orlich afferma che per coloro che hanno smesso di fumare da più di 20 o 30 anni, non ci sono più differenze con una persona che non ha mai fumato. Alla luce di questi fatti, non è mai troppo tardi per iniziare ad adottare uno stile di vita sano da cui si possono ottenere notevoli benefici per la salute.