Una tecnica per comprimere la luce tra i bracci dell’interferometro di LIGO ha consentito alle sue misurazioni di onde gravitazionali di oltrepassare la barriera quantistica.
Per LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), si tratta dell’acquisizione di una sensibilità molto maggiore, che offre al rilevatore di onde gravitazionali la capacità di trovare il 60% in più di fusioni di stelle rispetto a prima, quando ne individuava uno o due a settimana. La tecnica si chiama frequency-dependent squeezing e aggira le precedenti limitazioni che impedivano a LIGO di effettuare rilevamenti su scala quantistica.
La sensibilità di LIGO era già assolutamente sbalorditiva. L’interferometro funziona rilevando le increspature nello spazio-tempo generate dalla collisione di buchi neri e stelle di neutroni, distanti milioni o miliardi anni luce.
Queste deviazioni sono incredibilmente piccole, fino a trilioni di volte più piccole di un capello umano. Ma una volta entrati nelle scale subatomiche – il regno quantistico – le capacità di LIGO erano limitate. Questo perché, su scale inimmaginabilmente piccole, le particelle entrano ed escono casualmente dallo spazio, creando un sibilo di fondo costante di rumore quantistico che è più forte di qualsiasi segnale.
La compressione dipendente dalla frequenza è un modo per amplificare i segnali in modo che siano “più forti” del rumore quantistico. È, dicono i fisici, un po’ come spremere un palloncino. Quando schiacci un palloncino da un’estremità, l’altra estremità diventa più grande. Allo stesso modo, se si pizzica una proprietà della luce, come l’ampiezza (o la potenza), altre proprietà, come la frequenza, possono essere misurate in modo più accurato.
“Prima dovevamo scegliere dove volevamo che LIGO fosse più preciso“, spiega il fisico Rana Adhikari del Caltech. “Ora possiamo fare molto meglio. Sappiamo da un po’ come scrivere le equazioni per far funzionare questo ma fino ad ora non era chiaro se saremmo effettivamente riusciti farlo funzionare“.
La nuova tecnologia funziona attraverso l’uso di cristalli che trasformano i singoli fotoni vaganti nei tubi a vuoto lunghi 4 chilometri di LIGO in due fotoni intrecciati con energia inferiore.
Questi fotoni interagiscono con i raggi laser che brillano lungo i tunnel per comprimere la luce laser nel modo desiderato. Quando le onde gravitazionali attraversano i tunnel, provocano un’oscollazione dei laser tale che è possibile captare l’oscillazione, per quanto sottile, all’altro capo del tunnel.
Ciò significa che con questa maggiore sensibilità probabilmente vedremo un aumento significativo nel numero di collisioni di buchi neri e stelle di neutroni che osserviamo nell’Universo.
Fonte: Physical Review X.