Dei pericolosi rifiuti spaziali, sotto forma di schegge metalliche provenienti da un razzo giapponese H-2A, lo scorso settembre, hanno rischiato di colpire la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e il suo equipaggio che orbita intorno alla terra a 27 mila Km all’ora.
Un’ora prima dell’impatto, i controllori di volo hanno acceso i propulsori della Stazione Spaziale Internazionale mettendola in sicurezza. La scheggia avrebbe potuto forare lo scafo della ISS, questa è stata la terza chiamata ravvicinata della stazione in due settimane.
Fin dal lancio dello Sputnik effettuato dai Sovietici nel 1957, abbiamo immesso in orbita più di 10.000 satelliti artificiali.
Man mano che questi oggetti si scontrano, vanno in pezzi o esplodono, producono enormi nuvole di rifiuti spaziali che incrociano l’orbita terrestre bassa rappresentando una minaccia per i circa 3.300 satelliti ancora operativi su cui facciamo affidamento per la navigazione, la comunicazione e la ricognizione orbitale.
Le agenzie spaziali quali, la NASA, l’ESA con la collaborazione di altre agenzie stanno sviluppando delle tecniche con partner commerciali e istituti di ricerca per ripulire dai rifiuti spaziali l’orbita terrestre bassa.
Una società in particolare, Astroscale con sede a Tokyo, ha proposto un nuovo sistema in grado di rimuovere i rifiuti spaziali utilizzando una piastra magnetica progettata per connettersi con veicoli spaziali in difficoltà e trascinarli fuori dall’orbita.
In caso di successo, il nuovo sistema di recupero potrebbe essere utilizzato da tutte le compagnie spaziali.
Questo marzo, Astroscale ha lanciato la missione ELSA-d, che testerà il nuovo metodo per catturare e deorbitare veicoli spaziali disabili ricorrendo a un satellite di servizio di quasi 200 Kg e un satellite bersaglio di 20 Kg.
Il satellite di servizio immetterà i veicoli fuori uso (in questo caso, il satellite bersaglio) su un’orbita più sicura o lo lancerà verso l’atmosfera terrestre dove brucerà.
Sia il satellite di servizio che il satellite di bersaglio sono dotati di piastre magnetiche che, una volta allineate e azionate, si uniscono grazie al magnetismo. I tecnici tenteranno di effettuare almeno tre test nel corso della missione.
Test di recupero dei rifiuti spaziali
Il primo test sarà effettuato appena i due veicoli si separeranno. Nel secondo test, i tecnici faranno ruotare il satellite bersaglio per simulare l’attracco con dei rifiuti spaziali fuori controllo.
Per il terzo test, il satellite di servizio “perderà” il satellite bersaglio e utilizzerà vari sensori sia a terra che installati a bordo per localizzarlo.
Astroscale non è la sola società ad occuparsi del risanamento dello spazio. Il progetto RemoveDEBRIS del Surrey Space Center dell’Università del Surrey ha dispiegato con successo una rete che intrappola rifiuti spaziali già nel 2018 e un arpione cattura rifiuti spaziali nel 2019.
Anche l’ESA l’Agenzia spaziale europea, sta collaborando con una società svizzera, ClearSpace SA, per lanciare la missione ClearSpace-1 prevista nel 2025; Il veicolo spaziale catturerà un satellite inattivo utilizzando un gigantesco artiglio.
Tuttavia, non tutti i rifiuti spaziali si formano allo stesso modo , quindi occorrerà sviluppare diversi metodi di rimozione sicura per ognuna delle tipologie di rifiuti spaziali in orbita. Questo ovviamente farà lievitare i costi, afferma Chris Blackerby, COO di Astroscale.
Tra tutti i rifiuti spaziali esistenti nello spazio circumterrestre, gli stadi dei razzi sono i più pericolosi, a causa delle loro grandi dimensioni. Spesso contengono del carburante e batterie instabili, e generano altri detriti quando decadono, entrano in collisione o esplodono.
Questi rifiuti spaziali sarebbero i primi da eliminare, sostiene Moriba Jah, Ph.D., professore di aerodinamica dell’Università del Texas, Austin. che aggiunge che questi vettori sono come vere e proprie bombe ad orologeria.
Astroscale spera di installare una piastra di aggancio magnetica su ogni veicolo lanciato in orbita. Questo tipo di approccio potrebbe semplificare e rendere più economica la rimozione dei rifiuti spaziali.
A ogni buon conto, ci vorranno anni prima che questi programmi siano in grado di acquisire ed eliminare in sicurezza enormi quantità di rifiuti spaziale.
Jah insiste sul fatto che queste missioni saranno inutili se le agenzie spaziali mondiali e gli operatori che utilizzano satelliti commerciali non si coordinano per tracciare i detriti e mitigare il numero delle collisioni.
“Ci sono più partecipanti che prendono decisioni in assenza di conoscenza delle decisioni che stanno prendendo altre persone”, sostiene Jah. “Questa è una ricetta per la tragedia dei beni comuni, se mai ne ho sentito uno.”