lunedì, Ottobre 14, 2024
HomeScienzaPaleontologiaPterosauro, nuove scoperte sulla sua evoluzione

Pterosauro, nuove scoperte sulla sua evoluzione

E' stato individuato l'antenato più vicino dello Pterosauro, il quale aveva sviluppato capacità sensoriali simili pur non avendo la capacità di volare

Una recente ricerca ha consentito di stabilire che un gruppo di piccoli rettili, chiamati lagerpetidi sarebbero i parenti più prossimi dello pterosauro, nome che significa “lucertola alata“ e che indica l’iconico rettile volante vissuto durante buona parte del Mesozoico, circa tra i 200 e i 70 milioni di anni fa.

Caratteristiche degli pterosauri

Gli pterosauri avevano le ali e i sensi adattati per il volo ma la loro storia evolutiva è sconosciuta; i loro primi fossili furono descritti nel 1784 e da allora ne sono stati rinvenuti innumerevoli risalenti a 220 milioni di anni durante il periodo Triassico fino a circa 65 milioni di anni fa, alla fine dell’estinzione del Cretaceo.
Ma, oltre a sapere che gli pterosauri erano arcosauri, un gruppo che include dinosauri, uccelli e coccodrilli, gli scienziati non avevano mai individuato, fino a questo momento, chi fossero i suoi antenati più prossimi al fine di trovare indizi per capire le linee evolutive, che lo portarono a essere il primo vertebrato capace di volare.

Gli elementi in comune tra lagerpetidi e pretosauri

I lagerpetidi non sono una novità della ricerca scientifica; sin dagli anni 70, sono stati pubblicati studi basati sui loro fossili, ma fino a questo momento si sapeva solo che esso era vissuto tra 237 milioni a 210 milioni di anni fa e aveva l’arto posteriore e il bacino simile a quelli dei dinosauri, i quale sarebbero apparsi per la prima volta 233 milioni di anni fa.
Con il passare del tempo furono ritrovati fossili più completi in varie parti del mondo; in particolare quello di un Kongonaphon kely, che significa ” minuscolo uccisore di insetti” in Madagascar, analizzando il quale i ricercatori hanno potuto constatare che questo animale presentava maggiori elementi in comune con con gli pterosauri che con i dinosauri.
I ricercatori hanno effettuato sui questi resti una tomografia computerizzata per analizzare la scatola cranica e, in particolare, la parte dove si trovava il cervello.
I risultati hanno mostrato che i lagerpetidi e gli pterosauri avevano cervelli e orecchie interne di forma simile e, conseguentemente, alcuni dei sistemi sensoriali propri dello pterosauro si sono evoluti prima che sviluppasse la capacità di volare.
Queste similitudini riguardano in particolare i canali semicircolari, che sono formazioni dell’orecchio interno che concorrono alla regolazione dell’equilibrio e della sensibilità spaziale e all’orientamento.
“La forma di questi canali dipende dall’ambiente in cui vivi e dal modo più o meno agile con il quale muovi la testa. Gli esseri che volano hanno canali semicircolari con una forma davvero grande e caratteristica perché volando sei nell’ambiente più ampio che si conosca” ha spiegato Sterling Nesbitt, professore associato di geoscienza alla Virginia Tech

Caccia all’antenato comune di lagerpetidi e pterosauri

I lagerpetidi, tuttavia, non sono diretti antenati degli pterosauri; pensando ad un albero genealogico a forma di “Y”, i lagerpetidi e gli pterosauri si trovano su “braccia” diverse della Y, ma condividono un antenato comune alla base della Y.
David Unwin, professore di paleobiologia presso l‘Università di Leicester in Inghilterra che studia gli pterosauri ha affermato che ancora tanti sono i misteri da risolvere.
“I lagerpetidi erano animali piccoli, di corporatura leggera bipedi con arti anteriori relativamente corti”- ha spiegato Unwin – “Gli pterosauri, al contrario, erano quadrupedi e avevano arti anteriori molto allungati”.
In altre parole, c’è un’enorme differenza nelle forme del corpo di lagerpetidi, pterosauri e dinosauri, e Unwin ha spiegato che la ricerca sui lagerpetidi, pur essendo molto importante, non dice nulla dove  “su quando, dove e come si sono evoluti per la prima volta gli pterosauri e la loro capacità di volo”, ha detto Unwin.
Lo studio è stato pubblicato online il 9 dicembre sulla rivista Nature.

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