martedì, Aprile 1, 2025
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Proxima Centauri: i frequenti flares potrebbero rendere inabitabile il suo pianeta roccioso

Proxima Centauri possiede un pianeta roccioso che le orbita intorno, particolarmente interessante per la ricerca della vita essendo molto vicino a noi. Purtroppo Proxima B è particolarmente esposto alle intemperanze della sua stella

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Proxima Centauri è una fredda nana rossa con circa un ottavo della massa del sole. E’ la stella più vicina al sistema solare, distante appena 4,2 anni luce, fa parte del sistema triplo di Alpha Centauri e non è visibile ad occhio nudo.

Oltre ad essere la stella a noi più vicina c’è un’altra cosa che la rende interessante: Proxima Centauri possiede un pianeta simile alla Terra nella sua zona di abitabilità e la sua vicinanza ne fa un candidati unico per essere studiato e capire se ha sviluppato la vita.

Alcuni modelli tuttavia hanno dimostrato che Proxima Centauri b ha probabilmente perso una grande quantità della sua acqua durante i suoi primi stadi di vita, quantità paragonabile a un oceano terrestre.

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Nonostante questo possibile disastro planetario, è ancora probabile che sulla superficie del pianeta sia rimasta ancora dell’acqua, forse in qualche regione tropicale o nell’emisfero rivolto verso la stella nel caso in cui proxima b rivolga sempre la stessa faccia al suo sole.

Questo fatto rende importanti altri fattori che vanno a incidere sull’abitabilità, fattori come l’attività magnetica della stella madre legati ad altre attività come flares, espulsioni di massa coronale, eccesso di raggi UV, tutte attività in grado di erodere l’atmosfera del pianeta rendendolo sterile e morto.

Gli astronomi avevano da tempo individuato una forte attività di flaring di Proxima Centauri con osservazioni che avevano registrato anche diversi superflares che rilasciano elevate quantità di energia pari a 10 elevato 33 merg, 10 volte l’evento di Carrington del 1859, il bagliore più potente emesso dal nostro Sole. Nel 2016, durante uno di questi superflares, la luminosità di Proxima Centauri è aumentata di un fattore 70 rispetto al suo stato di quiescenza  diventando visibile a occhio nudo per qualche minuto.

I ricercatori dell’Osservatorio Konkoly dell’MTA CSFK (Budapest, Ungheria), guidati da Krisztián Vida, hanno studiato Proxima Centauri utilizzando i dati più recenti del telescopio spaziale Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS), raccolti durante la ricerca di esopianeti simili alla Terra attorno alle stelle più luminose e vicine. TESS nei primi due anni di operatività, coprirà quasi tutto il cielo, passando al setaccio per circa un mese ogni regione celeste. TESS ha osservato Proxima Centauri in due settori tra aprile e giugno di quest’anno.

Nei circa 50 giorni di osservazione, i ricercatori hanno identificato 72 flare, e hanno trovato segni di oscillazioni nelle curve luminose dei due più grandi bagliori durati alcune ore. L’energia stimata delle eruzioni era compresa tra 10 elevato 30 e 10 elevato 32 erg. Questi non raggiungono il livello di un superflare, ma secondo la distribuzione degli eventi osservati, si prevede che si verifichino flare con un’energia di 10 elevato 33 erg tre volte l’anno, mentre ogni due anni si verificherebbero eruzioni di magnitudine ancora maggiore.

Queste eruzioni ravvicinate nel tempo e con una così alta energia hanno quasi certamente un impatto negativo dell’atmosfera di Proxima Centauri b che dovendo subire esplosioni di energia con tempi cosi ravvicinati sarà tutt’altro che stabile. Proxima centauri mostra un’intensa attività paragonabile all’attività che mostrano stelle a rapida rotazione, pur essendo una stella a lenta rotazione con un periodo di circa 80 giorni.

Lo scenario che coinvolge Proxima centauri e il suo pianeta è simile a quanto accade nel sistema TRAPPIST-1, un altra nana rossa che ospita diversi esopianeti alcuni dei quali nella fascia potenzialmente abitabile.

Fonte: Flaring activity of Proxima Centauri from TESS observations: quasi-periodic oscillations during flare decay and inferences on the habitability of Proxima b, Astrophysical Journal, arxiv.org/abs/1907.12580

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