Si può considerare un luogo comune il fatto che i nostri telefoni ci spiino? Oppure il tutto rientra in un mito da sfatare? Fatto sta che episodi di questo genere sono spesso confermati da alcuni momenti della vita quotidiana. Quante volte è capitato di aver nominato dei prodotti che magari si vorrebbero acquistare e dopo qualche tempo all’interno delle app sullo smartphone o nei social network si notano delle pubblicità proprio relative a quei prodotti. Quindi è vero che i nostri telefoni “ci ascoltano”, per poi proporre delle pubblicità significative? Approfondiamo la questione.
Il problema della privacy
Sebbene molte persone non si pongano il problema della privacy in relazione al fatto che il proprio smartphone le ascolti, è bene sottolineare che esistono dei software appositamente progettati per spiare le attività degli utenti sui loro telefoni. Le cosiddette app spia possono essere di vario tipo – al riguardo segnaliamo che endoacustica.com espone in modo dettagliato le caratteristiche di uno spy phone mobile – e, se installate nel dispositivo, possono accedere a una vasta gamma di informazioni personali e sensibili, tra le quali rientrano i messaggi di testo, le registrazioni audio, la cronologia delle chiamate e altro ancora.
È una questione che non possiamo sottovalutare, perché ci sono in ballo dati sensibili e personali che molti vorrebbero che rimanessero riservati. D’altronde riguardano la vita quotidiana di ciascuno di noi, riguardano le nostre esigenze, le nostre necessità e i bisogni latenti degli utenti. Eppure, nel vasto mondo della tecnologia il discorso è sempre più complicato rispetto a quanto si potrebbe pensare apparentemente.
Le autorizzazioni delle applicazioni
Il discorso è molto complesso, perché ci sono da prendere in considerazione alcuni fattori rilevanti. Per esempio, quando si scarica e si installa un’applicazione sullo smartphone, spesso all’utente viene richiesto di autorizzare l’applicazione ad accedere a tutti quei dati di cui l’app stessa ha bisogno. Senza questi dati, l’applicazione non potrebbe funzionare in maniera corretta.
In questo caso la questione della privacy entra in ballo perché ci sono alcune applicazioni, che potremmo definire “malevole”, che potrebbero essere programmate per richiedere una quantità di autorizzazioni maggiore rispetto a quelle che sono necessarie per il loro funzionamento.
La scelta sta comunque all’utente, che può consultare, attraverso le impostazioni dello smartphone, la sezione privacy, per modificare eventualmente quelle autorizzazioni e quegli accessi a dei dati che non si vogliono dare.
Che cosa sono i bias cognitivi
Rimane aperta poi la questione di quelli che vengono chiamati in gergo tecnico bias cognitivi. Per riuscire a comprendere bene la questione, bisogna specificare che i bias sono delle possibili distorsioni che le persone mettono in atto nel valutare fatti e situazioni di diverso genere.
Per esempio, la scienza ha individuato quello che viene definito bias di conferma. Si tratta della tendenza tipica dell’essere umano, che è portato a ricercare conferme nelle convinzioni personali. Quindi, se ci si convince che il telefono ci spia, anche inconsciamente si potrebbe finire col confondere ciò che è un caso con un nesso causa-effetto.
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Le nostre ricerche su internet forniscono delle informazioni importanti sulle nostre preferenze e in qualche modo ci profilano per suggerirci prodotti e servizi che si adattano alle nostre ricerche. È bene, quindi, fornire alle applicazioni soltanto i permessi che sono necessari alle loro funzionalità, stando bene attenti di volta in volta.