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Principio di indeterminazione: un esperimento di fisica quantistica dimostra che Heisenberg aveva ragione

Il Principio di indeterminazione dimostra che non possiamo mai conoscere tutte le proprietà di una particella allo stesso tempo

di Howard Wiseman

L’incertezza intrinseca era fondamentale nel modo in cui il fisico tedesco Werner Heisenberg, uno dei fondatori della meccanica quantistica, presentava la sua teoria. Il Principio di indeterminazione dimostra che non possiamo mai conoscere tutte le proprietà di una particella allo stesso tempo.

Heisenberg sbagliava?

Heisenberg ha usato il Principio di indeterminazione per spiegare come la misurazione avrebbe distrutto la caratteristica classica della meccanica quantistica, il modello di interferenza a due fenditure.

Ma già negli anni ’90 alcuni eminenti fisici quantistici sostenevano di aver dimostrato che è possibile determinare quale delle due fessure attraversasse una particella, senza disturbare significativamente la sua velocità.

Significa che la spiegazione di Heisenberg era sbagliata?

In un lavoro pubblicato su Science Advances, è dimostrato che non sarebbe saggio saltare a qusta conclusione. Il lavoro dimostra che un disturbo della velocità – delle dimensioni attese dal Principio di indeterminazione – esiste sempre, in un certo senso.

Ma prima di entrare nei dettagli, dobbiamo spiegare brevemente l’esperimento delle due fenditure.

L’esperimento delle due fenditure

In questo tipo di esperimento c’è una barriera con due fori o fenditure. Abbiamo anche una particella quantistica con un’incertezza di posizione abbastanza grande da coprire entrambe le fessure se viene lanciata contro la barriera.

Poiché non possiamo sapere quale fenditura attraverserà la particella, essa agisce come se attraversasse entrambe le fessure. La firma di questo è il cosiddetto “modello di interferenza“: si tratta delle increspature nella distribuzione dei punti dove la particella può essere trovata su uno schermo posizionato oltre le fessure, il che significa una lunga strada (spesso diversi metri) oltre le fessure.

Ma cosa succede se mettiamo un dispositivo di misurazione vicino alla barriera per scoprire quale fenditura attraversa la particella? Vedremo ancora il modello di interferenza?

Sappiamo che la risposta è no, e la spiegazione di Heisenberg era che se la misurazione della posizione fosse stata sufficientemente accurata da dire quale fenditura avesse attraversato la particella, questo avrebbe provocato un disturbo casuale alla sua velocità abbastanza grande da influenzare il punto in cui incontrerà il campo lontano e quindi eliminare le increspature di interferenza.

Ciò che questi fisici quantistici realizzarono è che scoprire quale fenditura attraversa la particella non richiede una misurazione della posizione in quanto tale. Qualsiasi misura darà risultati diversi a seconda della fenditura che la particella avrà attraversato.

Per effettuare questa misura hanno inventato un dispositivo il cui effetto sulla particella non è quello di un calcio di velocità casuale mentre attraversa. Quindi, sostenevano, non è il Principio di indeterminazione di Heisenberg che spiega la perdita di interferenza, ma qualche altro meccanismo.

Principio di indeterminazione: come previsto da Heisenberg

Non ci interessa entrare in quello che quei fisici sostenevano essere il meccanismo per eliminare le interferenze, perché il nostro esperimento ha dimostrato che c’è un effetto sulla velocità della particella, proprio della dimensione che Heisenberg predisse.

In realtà, il disturbo sulla velocità della particella non si verifica quando la particella passa attraverso il dispositivo di misurazione, piuttosto è ritardato fino a quando la particella non supera le fessure e avviene sulla strada verso il campo lontano.

Com’è possibile?

Perché le particelle quantistiche non sono in realtà solo particelle. Sono anche onde.

In effetti, la teoria dietro il nostro esperimento era quella secondo cui si manifestano sia la natura delle onde che quella delle particelle – l’onda guida il movimento della particella secondo l’interpretazione introdotta dal fisico teorico David Bohm, una generazione dopo Heisenberg.

Sperimentiamo

Nell’ultimo esperimento, gli scienziati cinesi hanno seguito una tecnica suggerita da me nel 2007 per ricostruire il moto ipotizzato delle particelle quantistiche, da molti diversi possibili punti di partenza attraverso entrambe le fessure, e per entrambi i risultati della misurazione.

Hanno confrontato le velocità nel tempo sia in assenza di un dispositivo di misurazione sia con il dispositivo installato, e così hanno potuto determinare il cambiamento delle velocità come risultato della misurazione.

L’esperimento ha mostrato che l’effetto della misurazione sulla velocità delle particelle continuava a lungo anche dopo che le particelle avevano superato il dispositivo di misurazione, addirittura fino a 5 metri di distanza da esso.

A quel punto, nel campo lontano, il cambiamento cumulativo della velocità era abbastanza grande, in media, da eliminare le increspature nel modello di interferenza.

Quindi, alla fine, il Principio di indeterminazione di Heisenberg viene confermato.

A questo punto, cosa abbiamo imparato? a non fare affermazioni di vasta portata su quale principio può o non può spiegare un fenomeno finché non hai considerato tutte le formulazioni teoriche del principio.

È vero che è un messaggio un po’ astratto, ma è un consiglio che potrebbe applicarsi anche in campi lontani dalla fisica.

Questo articolo è ripubblicato da The Conversation sotto una licenza Creative Commons. Leggi l’articolo originale.

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