Nella stessa settimana in cui il governo svedese tappezzato le città della Svezia con 4,8 milioni di opuscoli che istruivano i cittadini su cosa fare in caso di scoppio improvviso di una guerra, i residenti di Lake Worth, in Florida, hanno ricevuto una notifica alle 2 del mattino che la loro elettricità era stata interrotta a causa di attività di zombi.
In un’epoca di copertura mediatica roboante e di notifiche push che possono ingenerare panico avvertendo del possibile arrivo di onde di tsunami o dell’imminenza del lancio di missili balistici, non è irragionevole pensare che la fine di tutto sia più vicina di quanto non sia mai stata prima. Questi sono tempi allarmanti e una nuova ricerca pubblicata sul Journal of Risk Research afferma che un particolare movimento culturale è l’incarnazione letterale dell’ansia della fine dei tempi, quello dei sopravvissuti o dei “prepper” del giorno del giudizio.
Dopo un’accurata ricerca effettuata intervistando prepper e survivalist di tutti i tipi, è emersa un’immagine più sfumata di queste persone che vengono tipicamente dipinte come accumulatori isterici di cibi in scatola, acqua in bottiglia e munizioni nel caso in cui dovessero crollare il governo e, quindi, l’ordine sociale.
In realtà, la maggior parte dei sopravvissuti non è molto influenzata dai thread di Reddit e da Infowars, ma la sensazione generale che emerge da queste persone è che una risposta del governo in caso di disastro non sarà sufficientemente rapida o efficiente per proteggerli. Questa stessa paura, che non è del tutto irrealistica se si tiene conto di cosa è successo a causa di un evento quasi ordinario come l’uragano Katrina, è alimentata dal continuo martellare dei media con notizie drammatiche sulla pandemia di nuovo coronavirus oppure su un’imminente epidemia di Ebola, notizie allarmistiche basate magari su pochi casi.
“I preparatori sono spesso appassionati consumatori di notizie mass media“, spiega il dott. Michael Mills, che ha guidato lo studio. “La maggior parte di loro ha ammesso nelle interviste che le informazioni che passano nei notiziari sottolineano il senso della preparazione e la realtà che, sebbene probabilmente un evento ‘apocalittico’ non sia imminente, la probabilità che si verifichi un disastro di qualche tipo non può essere esclusa“.
E nel frattempo, i media raccontano ironicamente che gli evangelisti tecnologici nella Silicon Valley stanno accumulando Tesla e acquistando condomini di sopravvivenza sotterranei nel caso in cui le loro peggiori paure si realizzassero.
In realtà, La preparazione avviene su un’ampia gamma di scale. Si va dai bunker per multimilionari, in grado di gestire un attacco diretto di un’arma nucleare, fino alla “preparazione pratica“, quella cosa che molti di noi fanno istintivamente. Se tieni una torcia e un kit di pronto soccorso nel tuo garage, o hai una borsa nel bagagliaio della tua auto per le emergenze, sei un prepper inconsapevole!
Il modo in cui ti prepari dipende davvero da quanta fiducia hai nel futuro. Molti di noi non si sentono molto ottimisti sul futuro al momento, il che sta facendo sembrare più razionali i preparativi elaborati.
Avere un piano di backup, sia che si tratti di dati del computer, accesso ai tuoi soldi o vie di fuga, può fornire molta tranquillità nel presente e avere piani in atto per cose che potrebbero andare storte in futuro, può aiutarti ad affrontare con maggiore serenità il presente. La preparazione non è pessimista, è realistica.
Il COVID-19 ha colto alla sprovvista i governi per quanto riguarda la disponibilità di DPI per tutta la popolazione e ha richiesto di recuperare rapidamente il ritardo tecnologico sull’apprendimento e il lavoro a distanza. Dovremmo guardare ai preparatori per capire come essere pronti per il prossimo disastro. La nostra dipendenza dalla tecnologia è un tallone d’Achille.
In effetti, la nostra dipendenza dall’elettricità e da Internet è un vero problema: per la maggior parte di noi, specialmente ora, perdere l’elettricità per una settimana sarebbe un duro colpo. La pandemia ha anche chiarito quanto dipendiamo dai negozi di alimentari, dalle linee di approvvigionamento, dalle banche e, soprattutto, da altre persone.
Costruire la resilienza per il prossimo disastro (che molto probabilmente non sarà un’altra pandemia) non deve necessariamente riguardare l’accaparramento di rifornimenti o la costruzione di un bunker, può anche riguardare incontrare i tuoi vicini, elaborare alcuni scenari e avere piani pronti per l’imprevisto. La comunità è l’aspetto più cruciale della resilienza.
Ma anche avere una capanna nel bosco, in un luogo abbastanza isolato, il più possibile indipendente da fattori esterni, a poca distanza in auto da tutto, dove ritirarsi se necessario può essere una buona idea. Finché non avviene una catastrofe può tranquillamente essere un luogo di ritrovo per le vacanze in famiglia.