La maggior parte delle persone nel mondo parla una o due lingue. Ma alcuni possono parlarne tre o più. Queste persone sono chiamate poliglotti. E stanno aiutando i ricercatori a capire meglio come il cervello umano gestisce il linguaggio.
Studio sui poliglotti
In un nuovo studio, un team di scienziati ha monitorato l’attività cerebrale di 34 poliglotti. I poliglotti parlavano dalle cinque alle 54 lingue.
Gli scienziati hanno utilizzato un metodo chiamato risonanza magnetica funzionale o fMRI. Nella fMRI, il cervello viene studiato attraverso immagini che misurano i cambiamenti nel flusso sanguigno in diverse aree del cervello. I ricercatori hanno utilizzato la risonanza magnetica per studiare il cervello mentre i poliglotti ascoltavano lingue diverse.
I ricercatori hanno scoperto che, quando i volontari ascoltavano una lingua che conoscevano, l’attività aumentava in un’area del cervello coinvolta nell’elaborazione del linguaggio. Quella zona è la corteccia cerebrale. Quando ascoltavano una lingua che non conoscevano o conoscevano meno bene, c’era meno attività nella corteccia cerebrale.
Evelina Fedorenko, una scienziata del cervello presso il Massachusetts Institute of Technology e membro del McGovern Institute for Brain Research del MIT. È stata anche una delle autrici senior dello studio, recentemente apparso nella pubblicazione Cerebral Cortex, ha spiegato i risultati.
I risultati dello studio
“Pensiamo che questo sia dovuto al fatto che quando elabori una lingua che conosci bene, puoi impegnare l’intera gamma di operazioni linguistiche, le operazioni supportate dal sistema linguistico nel tuo cervello“, ha detto Fedorenko.
Un’eccezione ha attirato l’attenzione dei ricercatori. Per molti dei partecipanti poliglotti, ascoltare la propria lingua madre ha prodotto una risposta cerebrale inferiore rispetto all’ascolto di altre lingue che conoscevano. In media, la risposta è stata inferiore di circa il 25%. E in alcuni di essi, l’ascolto della propria lingua madre attivava solo una parte della rete linguistica del cervello, non l’intera rete.
Olessia Jouravlev è una scienziata del cervello presso la Carleton University in Canada che ha partecipato alla ricerca e ha spiegato che i processi neurali del cervello erano più efficienti, o efficaci, quando i poliglotti ascoltavano la loro lingua madre.
“Pertanto, la rete linguistica nel cervello non si attiva tanto quando elaborano il linguaggio nativo rispetto a quello non nativo“, ha specificato Jouravlev.
La rete linguistica del cervello coinvolge alcune aree nei lobi frontali e temporali.
Conclusioni
Saima Malik-Moraleda, dottoranda presso il programma Harvard/MIT in Bioscienze e tecnologie del linguaggio e dell’udito e st una delle autrici principali dello studio, ha detto che i risultati hanno indicato che il modo in cui il cervello trova, o estrae, il significato nel linguaggio, governa la risposta del cervello al linguaggio.
“Più significato riesci a ricavare dall’input linguistico che ricevi, maggiore sarà la risposta nelle regioni linguistiche, ad eccezione della lingua madre“, ha affermato.
Dei 34 poliglotti che hanno preso parte allo studio, 20 erano uomini e 14 donne. Avevano tra i 19 ed i 71 anni. Ventuno erano di madrelingua inglese. Il resto erano madrelingua francese, russo, spagnolo, olandese, tedesco, ungherese e cinese mandarino.
I ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale dei poliglotti mentre ascoltavano registrazioni in otto lingue. Una era la loro lingua madre. Tre erano le lingue che parlavano bene. Le altre quattro erano lingue che non conoscevano.
Durante lo studio sono state ascoltate, da metà dei partecipanti, registrazioni di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll k. L’altra metà ha ascoltato registrazioni di storie tratte dal libro religioso cristiano della Bibbia.
Fedorenko ha osservato che gran parte del lavoro nella ricerca linguistica si è concentrato su individui con difficoltà linguistiche, ma ha aggiunto che i ricercatori possono imparare molto sul processo linguistico studiando anche i cosiddetti “esperti” del linguaggio, questo fattore include i poliglotti analizzati durante la ricerca.