Pianeti disabitati potrebbero orbitare attorno ai buchi neri. A sostenere la suggestiva ipotesi nel 2019, Avi Loeb fisico e astronomo di Harvard e Jeremy Schnittman, della NASA.
Questi strani pianeti sarebbero simili al “mondo oceanico” che orbita attorno al buco nero gigante Gargantua nel film Interstellar.
Loeb, noto al grande pubblico per aver ipotizzato che l’oggetto interstellare ‘Oumuamua sia un probabile veicolo alieno, nel corso della sua lunga carriera si è dedicato allo studio dei buchi neri, all’origine dell’Universo e ai Gamma Ray Burst (GBR), avanzando spesso teorie innovative e spesso provocatorie. Nonostante ciò si è guadagnato il rispetto della comunità scientifica.
Subrahmanyan Chandrasekhar astrofisico indiano a cui è stato riconosciuto il premio Nobel per la fisica nel 1983 (con William A, Fowler) per “... studi teorici dei processi fisici importanti per la struttura e l’evoluzione delle stelle”, sosteneva che i buchi neri rappresentano gli oggetti più perfetti esistenti nel cosmo, i soii in cui sono compresi i concetti di spazio e di tempo.
I suoi studi matematici dell’evoluzione stellare hanno portato a molti degli attuali modelli teorici degli stadi evolutivi successivi di stelle massicce e buchi neri. A Chandrasekhar, è stato dedicato il Chandra X-Rayy Observatory della NASA.
Oggi, molti astronomi sostengono che migliaia di pianeti disabitati orbitano in una zona sicura, catturati dall’intensa forza gravitazionale dei buchi neri. Secondo Loeb e Schnittman, è probabile che su questi pianeti disabitati possano svilupparsi delle forme di vita in grado di sopravvivere a condizioni estreme.
Sappiamo dagli anni ’90 che attorno alle pulsar orbitano dei pianeti.
Il primo a dichiarare la scoperta di un pianeta orbitante attorno a una pulsar fu Andrew G. Lyne che annunciò nel 1991 l’individuazione del primo pianeta extrasolare attorno a PSR 1829-10. la scoperta fu tuttavia ritrattata poco tempo dopo.
L’anno seguente Aleksander Wolszczan e Dale Frail annunciarono la scoperta di un sistema planetario composto da due pianeti in orbita attorno alla pulsar PRS 1257+12. I due pianeti furono i primi pianeti extrasolari confermati .
È quindi ragionevole supporre che possano esistere dei pianeti attorno ai buchi neri, i quali, però, avrebbero sul loro ambiente un impatto minore rispetto alle pulsar.
I pianeti disabitati potrebbero esistere anche attorno ai buchi neri che sono localizzati nei nuclei delle galassie, i cosiddetti buchi neri supermassicci.
Ed è probabile che in questi pianeti possano evolvere forme di vita. Anche sul nostro pianeta molti organismi si sono adattati a condizioni estreme, quali temperature molto elevate o molto basse, ambienti estremamente acidi, altamente salini o radioattivi.
Esistono sul nostro pianeta delle forme di vita che si sono adattate a vivere in ambienti estremi. Il Bacillus subtilis, il Caenorhabdits elegans, il Deinococcus radioduran, ad esempio, sono riusciti a sopravvivere attraverso il mezzo interstellare; di conseguenza, anche su questi pianeti disabitati in orbita attorno a buchi neri potrebbero prosperare, con un po di fortuna, forme di vita altrettanto estreme.
Una ricerca condotta nel 2017 dalla Oxford University, intitolata “The Resilience of Life to Astropysical Events” (La Resilienza della vita agli eventi astrofisici), ha scoperto che la specie terrestre più resistente, l’estremofilo, un tardigrado, un batterio dotato di otto zampe, sopravviverà fino alla morte del Sole.
Per questo, non sappiamo cosa può nascere ed evolvere lontano dalla Terra, in luoghi con condizioni ancora più estreme di alcune zone del nostro pianeta. Probabilmente da qualche parte nell’universo esistono e prosperano forme di vita ancora più estreme.
Pianeti disabitati e “blanets”
Ma i pianeti non solo possono essere catturati da un buco nero, ma probabilmente possono anche formarsi. Lo ha ipotizzato recentemente un team guidato da Keiici Wada della Kagoshima University in Giappone.
Il team ritiene probabile l’esistenza di una nuova classe di esopianeti che si formano direttamente attorno a buchi neri supermassicci, che vivono nella zona sicura lontana decine di anni luce, oltre il letale orizzonte degli eventi.
Questi pianeti disabitati prossimi ai buchi neri, che Wada ha chiamato blanets, si potrebbero formare dall’aggregazione dei grani di polvere che orbita attorno ai buchi neri. I blanets potrebbero essersi formati attorno ai nuclei galattici attivi, con luminosità relativamente bassa.
I calcoli effettuati dal team hanno dimostrato che, a 10 anni luce, da un buco nero si potrebbero formare decine di migliaia di pianeti con una massa 10 volte superiore a quella della Terra, mettendo in evidenza che le dinamiche di formazione dei pianeti sono probabilmente simili a quelle che avvengono nei dischi proto planetari.
Secondo i ricercatori, i dischi attorno ai buchi neri giganti contengono fino a un miliardo di volte la polvere contenuta in un disco protoplanetario. È probabile che attorno ai buchi neri possano esistere dei sistemi planetari di dimensioni impressionanti.
Anche Sean Raymond, della University of Bordeaux, pensa che è molto alta la probabilità che si formino dei pianeti nei pressi di un buco nerosupermassiccio.
Nella Via Lattea potrebbero esistere almeno un miliardo di stelle di neutroni, delle quali non meno di 200 mila sono pulsar, stelle di neutroni che grazie al loro potente campo magnetico emettono impulsi regolari di raggi X e altre particelle altamente energetiche.
Fino ad oggi sono state prese in esame circa 5000 pulsar e trovati solo 5 pianeti attorno a questi fari cosmici.
Nel 2017, alcuni scienziati della Leiden University e della Cambridge University hanno confermato la possibile esistenza di pianeti abitabili attorno alle pulsar. Questi pianeti devono avere un’atmosfera molto spessa che trasformi i raggi X e le particelle delle pulsar a energia elevata in calore.
A queste conclusioni sono giunti Alessandro Patruno e Mihkel Kama. I due ricercatori sono convinti che possa esserci comunque un qualche tipo di vita nei pressi di queste stelle.
I loro calcoli mostrano che la distanza tra una stella di neutroni e la sua zona abitabile è simile alla distanza tra la Terra e il Sole.