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Pianeta Nove: la lunga caccia potrebbe aver trovato un indizio infrarosso

La decennale ricerca di un pianeta massiccio nelle regioni esterne del Sistema Solare ha ricevuto un nuovo impulso da un recente studio di Terry Long Phan e colleghi. Attraverso l'analisi di dati nel lontano infrarosso provenienti dalle survey IRAS e AKARI, la ricerca presenta un candidato potenzialmente compatibile con le caratteristiche teoriche del lungamente ipotizzato Pianeta Nove

Un team di ricerca potrebbe aver individuato un candidato promettente che presenta caratteristiche compatibili con il profilo del tanto discusso e finora sfuggente Pianeta Nove.

L’idea di un pianeta massiccio nascosto nelle regioni più remote del nostro Sistema Solare ha catturato l’immaginazione degli astronomi per decenni, alimentando una ricerca appassionante e costellata di sfide.

Un recente studio condotto da Terry Long Phan e dai suoi collaboratori introduce un rinnovato entusiasmo in questa indagine cosmica, attraverso l’analisi approfondita dei dati raccolti nelle lunghezze d’onda del lontano infrarosso dalle survey astronomiche IRAS e AKARI.

Pianeta Nove: la lunga caccia potrebbe aver trovato un indizio infrarosso
Pianeta Nove: la lunga caccia potrebbe aver trovato un indizio infrarosso

Nuove evidenze per il teorizzato Pianeta Nove

Il nostro Sistema Solare, un complesso sistema dinamico composto da pianeti, lune, asteroidi e comete tenuti insieme dalla forza gravitazionale del Sole, è da tempo considerato un ambiente che potrebbe celare ulteriori corpi celesti al di là dell’orbita di Nettuno, il pianeta più esterno ufficialmente riconosciuto.

L’ipotesi dell’esistenza del Pianeta Nove ha guadagnato notevole attenzione nel 2016, quando gli astronomi Konstantin Batygin e Mike Brown, analizzando le orbite di diversi oggetti transnettuniani (TNO), notarono un raggruppamento orbitale anomalo. Questo comportamento peculiare suggeriva l’influenza gravitazionale di un oggetto massiccio e invisibile, significativamente più grande della Terra e situato ben oltre i confini dell’orbita di Plutone.

Nonostante anni di intense ricerche condotte con alcuni dei telescopi più avanzati al mondo, il Pianeta Nove è rimasto confinato al regno delle teorie. L’osservazione diretta di questo ipotetico gigante si è rivelata straordinariamente elusiva, e il mistero si è ulteriormente complicato con l’affinamento dei modelli teorici degli astronomi, che cercano di prevedere la posizione e le caratteristiche osservative del pianeta per facilitarne la rilevazione. La discrepanza tra le predizioni teoriche e la mancanza di osservazioni dirette ha reso la caccia al Pianeta Nove una delle sfide più affascinanti e frustranti dell’astronomia contemporanea.

Sfruttare le survey infrarosse distanziate nel tempo

Nel loro recente studio, il team di ricerca ha intrapreso una strategia inedita per stanare il teorizzato Pianeta Nove, sfruttando in modo ingegnoso l’intervallo temporale di ben 23 anni che separa le osservazioni infrarosse condotte dalle survey IRAS e AKARI. Questa considerevole dilatazione temporale ha consentito loro di focalizzare la ricerca su oggetti celesti caratterizzati da un moto apparente estremamente lento, stimato in circa 3 minuti d’arco all’anno. Questa velocità di spostamento angolare è proprio quella prevista per un pianeta massiccio situato a distanze considerevoli dal Sole.

Un elemento cruciale del successo metodologico del team è stato l’impiego dell’AKARI Far-Infrared Monthly Unconfirmed Source List (AKARI-MUSL), un catalogo specializzato specificamente progettato per identificare sorgenti celesti deboli e caratterizzate da un moto proprio significativo. Questa scelta si è rivelata fondamentale, in quanto ha permesso di superare i limiti dei cataloghi standard, ottimizzati per la rilevazione di sorgenti luminose e stazionarie. I ricercatori hanno accuratamente stimato la luminosità e il moto attesi per il Pianeta Nove, basandosi su sofisticati modelli teorici che ipotizzano una massa compresa tra 7 e 17 volte quella terrestre e distanze eliocentriche variabili tra 500 e 700 unità astronomiche (UA).

Attraverso l’applicazione di rigorosi criteri di posizione e di flusso luminoso, il team ha confrontato meticolosamente le sorgenti rilevate nelle due survey infrarosse. Questa analisi comparativa ha inizialmente portato all’identificazione di 13 coppie di candidati che presentavano separazioni angolari coerenti con le previsioni orbitali del Pianeta Nove. Successivamente, attraverso un processo di selezione approfondito e dettagliato, che ha incluso un’ispezione visiva accurata delle immagini originali acquisite dai telescopi, i ricercatori sono riusciti a restringere la lista a un singolo candidato che si è distinto per la sua elevata affidabilità e coerenza con le caratteristiche teoriche del pianeta elusivo.

La Dark Energy Camera per la conferma definitiva

Il candidato principale individuato attraverso l’analisi comparativa delle survey IRAS e AKARI ha mostrato una notevole concordanza con le caratteristiche teoriche attese per il Pianeta Nove. In particolare, le sorgenti corrispondenti nelle due epoche osservative presentavano una separazione angolare compresa tra 42 e 69,6 minuti d’arco, un intervallo coerente con il lento moto previsto per un oggetto massiccio situato nelle regioni esterne del Sistema Solare. Un ulteriore elemento a sostegno della sua validità è rappresentato dall’assenza di rilevazioni ripetute nella medesima posizione nelle due survey, escludendo la possibilità di sorgenti stazionarie.

Le mappe di probabilità di rilevamento fornite dai dati AKARI hanno ulteriormente corroborato la natura di oggetto in lento movimento del candidato. Queste analisi hanno mostrato rilevazioni del corpo celeste esclusivamente nei periodi temporali previsti dal suo moto ipotizzato, senza alcuna evidenza di presenza sei mesi prima, rafforzando la sua coerenza con un oggetto distante in movimento.

Nonostante l’entusiasmo suscitato da questo promettente candidato, il team di ricerca sottolinea l’importanza di mantenere un approccio cauto e rigoroso. I ricercatori riconoscono che i dati infrarossi di IRAS e AKARI, pur fornendo evidenze significative, non sono sufficienti per determinare in modo definitivo l’orbita dell’oggetto o per identificarlo inequivocabilmente come il tanto ricercato Pianeta Nove.

Al fine di progredire nella validazione di questa scoperta e di caratterizzare ulteriormente il potenziale pianeta, il team raccomanda caldamente l’effettuazione di osservazioni di follow-up utilizzando la Dark Energy Camera (DECam). Questo potente strumento astronomico è specificamente progettato per rilevare oggetti deboli e in movimento con tempi di esposizione relativamente brevi, offrendo la possibilità di confermare la natura dinamica del candidato e di determinarne con maggiore precisione le proprietà orbitali.

Lo studio è stato pubblicato su ArXiv.

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