Continuando nella nostra ricerca di possibili soluzioni al paradosso di Fermi (se l’Universo brulica di alieni, dove sono tutti quanti?) oggi esploreremo un’altra possibile, e per alcuni versi terrificante risposta.
Questa soluzione ci porta nel lontano 1969, quando un giovane studente, che sarebbe diventato uno dei più famosi astrofisici dei nostri tempi, Richard Gott (classe 1947) è a Berlino, a visitare il famigerato Muro simbolo della cortina di ferro.
Gott, allora ventitreenne, aveva da poco visitato il sito di Stonehenge e si chiese se questo simbolo della Guerra Fredda, costruito pochi anni prima, nel 1961, sarebbe durato quanto il sito neolitico che si trova vicino ad Amesbury, nello Wiltshire.
Gott applicò un ragionamento da scienziato per cercare di prevedere la durata della vita del Muro: non aveva visitato la barriera nell’anno della sua costruzione (1961) né nell’anno della sua demolizione, era quindi ragionevole supporre che la sua vacanza nel 1969 si collocasse entro i due quarti intermedi della vita del Muro.
Questa evenienza era corroborata dal 50% di probabilità.
Se la visita stava avvenendo all’interno del primo quarto, il Muro avrebbe di fronte a sé ancora 3/4 di vita, ovvero sarebbe rimasto in piedi tre volte di più del tempo intercorso dalla sua costruzione. Nel caso contrario al Muro rimaneva invece 1/3 degli anni già trascorsi.
All’epoca il Muro aveva una vita di 8 anni e Gott concluse che c’era il 50% di probabilità che il simbolo della Guerra Fredda avesse ancora una vita oscillante dai 2,7 ai 24 anni.
Come sappiamo il Muro fu abbattuto venti anni e qualche mese dopo la visita di Gott, perfettamente dentro il suo range di previsione.
Secondo Gott questa analisi si potrebbe applicare nella previsione di qualunque evento purché l’osservatore si collochi all’interno di esso in modo del tutto casuale.
In fisica, però, si parla di previsione attendibile quando la probabilità che essa si verifichi è del 95% e non del 50%. Per Gott l’argomentazione rimane la stessa, anche se cambiano i numeri, quello che è cruciale è che l’osservazione di un evento non deve avere niente di speciale.
L’argomentazione delta T, come è chiamata questa particolare analisi, può essere applicata anche alla longevità della specie umana (e di conseguenza a qualunque altra specie, anche aliena).
Secondo gli studi più recenti, la nostra specie esiste da circa 175.000 anni. Applicando il ragionamento di Gott, scopriamo che c’è una probabilità del 95% che l’Homo Sapiens rimanga in vita per un periodo oscillante tra i 4.500 e i 6,8 milioni di anni.
L’argomentazione delta T è un’estensione del principio copernicano che afferma che non ci troviamo in punto speciale dello spazio, e Gott estende questo concetto anche al tempo.
Ma cosa c’entra, alla fine, questo ragionamento con il paradosso di Fermi?
L’argomentazione delta T applicata al Paradosso di Fermi
Gott sostiene che la colonizzazione della galassia su vasta scala non può essere stata condotta da civiltà extraterrestri altrimenti con ogni probabilità l’essere umano sarebbe un membro di questa civiltà.
Inoltre applicando quest’argomentazione alle CET che producono trasmissioni radio e correlandola all’equazione di Drake, l’astrofisico statunitense asserisce che il numero di civiltà aliene che trasmettono onde radio è inferiore a 121 e probabilmente sensibilmente inferiore, a secondo del valore che vogliamo attribuire ad L (la stima della durata delle civiltà evolute) nell’equazione di Drake.
Infine se la distribuzione della popolazione delle CET è molto larga, probabilmente, l’Homo Sapiens, apparterrebbe ad una CET con una popolazione superiore alla mediana.
Il passo successivo del ragionamento è che eventuali civiltà aliene con una popolazione molto più numerosa della nostra debbano essere rare, così rare al punto che i loro individui non dominino il totale degli altri esseri viventi, altrimenti si torna all’assunto che noi saremmo già parte della loro civiltà.
In conclusione, l’argomentazione finale di Gott sul Paradosso di Fermi si può sintetizzare con il fatto che ogni civiltà ha una vita determinata che conduce inevitabilmente all’estinzione o ad un regresso catastrofico tanto da impedire che nella nostra galassia possa emergere una civiltà di livello K2 o K3, le prime sono quelle in grado di sfruttare l’energia prodotta dalla propria stella e le seconde quella della loro galassia, pregiudicando di fatto ogni colonizzazione a distanza.
Una revisione, ancora più pessimistica, dell’ipotesi del grande filtro.
I motivi che possono portare ad un’estinzione o ad un regresso catastrofale di una CET (compresa la nostra) sono innumerevoli: guerre, crisi climatiche, eruzioni catastrofiche, collisioni con corpi celesti, crisi demografiche, pandemie di virus altamente letali, etc.
Pur basandosi su speculazioni teoriche questa sinistra soluzione del paradosso di Fermi ha il vantaggio di non poter essere, almeno sul momento, confutata in maniera incontrovertibile.
Insomma, non abbiamo ancora incontrato gli alieni perché qualunque civiltà tecnologica è destinata ad estinguersi prima di potersi espandere nella galassia, per ragioni interne o per catastrofi naturali e questo, probabilmente, sarà anche il nostro destino.