Un squadra di ricercatori composta da storici medievali, microbiologi, biochimici, parassitologi, farmacisti e analizzatori di dati stanno effettuando studi sulle antiche ricette utilizzate dai medici medievali per curare le infezioni e verificare se in esse vi fosse qualcosa di efficace.
Per molto tempo, la medicina medievale è stata liquidata come irrilevante. Questo periodo di tempo è comunemente indicato come i “secoli bui”, alcuni storici medievalisti e ricercatori, però, stanno ora guardando a ritroso nella storia alla ricerca di nuovi antibiotici.
I batteri, come tutti gli esseri viventi, si evolvono e, a volte, sviluppano resistenza agli antibiotici rendendo necessario trovare nuovi farmaci per combatterli. Purtroppo, però, non è facile trovare nuovi principi attivi in grado di uccidere i germi patogeni senza danneggiare l’ospite, requisito fondamentale di una cura efficace. Si stima che circa 700.000 persone in tutto il mondo muoiono ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci e le proiezioni indicano che saranno oltre 10 milioni entro il 2050 le morti causate da batteri resistenti agli antibiotici.
Un squadra di ricercatori composta da storici medievali, microbiologi, biochimici, parassitologi, farmacisti e analizzatori di dati stanno effettuando studi sulle antiche ricette utilizzate dai medici medievali per curare le infezioni e verificare se in esse vi fosse qualcosa di efficace.
A tal fine, stano compilando un database di ricette mediche medievali he permetterà di classificare tutte le sostanze utilizzate dalal farmacopea antica.
Uno studio pilota effettuato su una ricetta vecchia 1.000 anni chiamata collirio di Calvo tratta da un antico testo medico inglese. Questa terapia era usata contro un’infezione dei follicoli ciliari, provocata da batteri quali lo Staphylococcus aureus, di cui molti ceppi risultano resistenti alla meticillina. Gli stafilococchi sono responsabili anche di una varietà di altre infezioni gravi e croniche, sepsi e polmonite.
Questo collirio di Calvo contiene vino, aglio, una specie Allium (come porri o cipolla) e oxgall. La ricetta prevede che, dopo la miscelazione degli ingredienti, la mistura deve riposare in un recipiente di ottone per nove notti prima dell’uso.
Lo studio condotto u questa ricetta ha dimostrato, in vitro ed in vivo su topi, importanti effetti antistafilococco, efficace, in particolare, contro lo stafilococco aureo. Il potenziale clinico della medicina europea premoderna è poco conosciuto e studiato.
recentemente, il chimico cinese Tu Youyou è stato insignito del Premio Nobel per la medicina per la scoperta di una nuova terapia per la malaria dopo avere effettuato uno studio su oltre 2.000 ricette dell’antica letteratura cinese sulla medicina a base di erbe.
Certo, ci sono superstizioni medievali e trattamenti che non avremmo replicare oggi, quali lo spurgo corpo di un paziente di umori patogeni.
Molte ricerche in questa direzione hanno, però, dimostrato che molti dei farmaci usati nel medioevo avevano soprattutto effetto di placebo o palliativo e che, in molti casi, erano frutto soprattutto di superstizioni. Ciò non toglie che, come nel caso del collirio di Calvo, possano essere rinvenute altre terapie efficaci.
Un antico testo, ristampato continuamente fino al 1800, il “Lilium Medicinae” contiene 360 ricette e migliaia di ingredienti. Tutte queste informazioni sono state caricate in un database che ne permetterà un’analisi comparativa alla ricerca di antichi principi attivi di cui sia provata l’efficacia.
La ricerca di nuovi antibiotici è oggi fondamentale affinché le infezioni batteriche moderne, fino ad ora controllate con gli antibiotici, non tornino ad essere n flagello come in passato. Ad aiutarci in questo difficile compito potrebbe essere proprio la storia della medicina e l’utilizzo appropriato dell’antica sapienza derivata dall’esperienza di medici che non avevano gli strumenti attuali.
La ricerca procede in disparate direzioni: i biochimici cercano nuove molecole di sintesi per elaborare nuovi principi attivi, altri ricercatori fanno ricerche sulla peculiare resistenza ia batteri del drago di Komodo, il cui sangue potrebbe essere dotato di un antibiotico naturale, altri ancora si rivolgono alla tradizione e alla saggezza antica.
L’importante è che emergano risultati positivi, non importa da quale direzione arriveranno.
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