Un gruppo di fisici dell’Università del Wisconsin, è riuscito a determinare delle specifiche condizioni sotto le quali atomi relativamente distanti possono comunicare fra di loro, secondo delle modalità che finora erano state riscontrate solo in atomi molto vicini. Questo risultato potrebbe avere delle implicazioni essenziali nel campo del quantum computing.
La scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review A, apre delle nuove e interessanti prospettive per la creazione di atomi correlati per effetto dell’entanglement, il fenomeno attraverso il quale gli atomi condividono l’informazione, anche se molto distanti fra di loro. L’entanglement assume particolare importanza per le comunicazioni quantistiche e per lo sviluppo dei computer quantistici.
Il Prof. Deniz Yavuz, coordinatore dello studio, afferma che è molto difficile costruire un computer quantistico, e quindi un approccio potrebbe essere quello di implementare dei moduli più piccoli, che possano interloquire fra di loro. E l’effetto, oggetto di studio del gruppo di ricerca, può essere utilizzato per incrementare la comunicazione tra questi moduli.
Lo scenario del fenomeno dipende dall’interazione tra la luce e gli elettroni che orbitano attorno agli atomi. Quando un elettrone viene colpito da un fotone di luce, esso può essere eccitato a uno stato con energia superiore. L’elettrone, attraverso un processo chiamato decadimento, perde questo eccesso di energia emettendo un fotone. I fotoni che vengono emessi dagli atomi hanno energia inferiore rispetto a quelli che hanno colpito l’elettrone – questo è il fenomeno che genera la fluorescenza di alcune sostanze chimiche.
Il problema si fa più interessante quando entrano in gioco diversi atomi. In pratica, il decadimento di ogni atomo è influenzato dalla presenza degli altri atomi; gli atomi comunicano fra di loro.
Se, per esempio, un singolo atomo decade in un secondo, allora un gruppo dello stesso tipo di atomi potrebbe decadere in un tempo inferiore o superiore a un secondo. I tempi di decadimento dipendono dalle condizioni, ma la velocità di decadimento è la stessa per tutti gli atomi. Finora, questo tipo di correlazione era stato osservato solo nel caso in cui la distanza fra gli atomi non andava oltre la lunghezza d’onda della luce da loro emessa. Per gli atomi di rubidio, utilizzati dal gruppo dei ricercatori coordinati da Yavuz, questa distanza è dell’ordine di 780 nanometri (10^-9m) – giusto ai margini tra la lunghezza d’onda della luce rossa e di quella infrarossa.
L’obiettivo dei ricercatori era quello di osservare in che modo una maggiore distanza tra gli atomi potesse influire sul decadimento degli atomi di rubidio. Se l’idea consolidata finora dalle ricerche fosse corretta, allora due atomi di rubidio distanti più di 780 nanometri dovrebbero comportarsi come singoli atomi, ognuno con un proprio processo di decadimento.
Negli esperimenti condotti, oggetto di questo articolo, gli atomi di rubidio sono stati prima immobilizzati, attraverso un processo di raffreddamento a laser, e portati a una temperatura prossima allo zero assoluto, la temperatura alla quale non esiste più alcun moto atomico. Quindi, è stato fatto brillare un laser alla lunghezza d’onda corrispondente all’eccitazione dell’atomo di rubidio, al fine di energizzare gli elettroni, i quali decadono emettendo un fotone alla lunghezza d’onda caratteristica di 780 nm. A questo punto, è stato possibile misurare l’intensità del fotone emesso, in relazione al tempo, e comparare questo decadimento con quello tipico del singolo atomo di rubidio.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che, anche a distanze superiori di cinque volte quella tipica della lunghezza d’onda, erano abbastanza forti le evidenze degli effetti di gruppo. Il secondo effetto importante riscontrato nell’esperimento è che, analizzando la dinamica del decadimento, esso può iniziare velocemente e poi proseguire più lentamente. In pratica, è stato osservato per la prima volta una sorta di cambiamento di stato del decadimento, un vero e proprio switch.
Questi nuovi esiti sperimentali offrono lo spunto per approfondire le loro applicazioni nel campo del quantum computing. I ricercatori stanno cercando di trovare quali siano le condizioni sperimentali che portano a tipologie diverse di stati correlati, dai quali si potrebbe ottenere una più efficiente trasmissione dell’informazione quantistica.
Fonte: phys.org