Sta facendo notizia la rivelazione del NOAA del ritrovamento di misteriosi buchi sul fondo dell’Atlantico a nord delle Azzorre, vicino al Portogallo. Una spedizione del Noaa – la National Oceanic and Atmospheric Administration, agenzia federale statunitense che si interessa di oceanografia, meteorologia e climatologia – il 23 luglio ha fatto una scoperta incredibile e ancora tutta da chiarire: una serie di buchi sul fondo della dell’oceano, rilevati dal Rov, il robot usato nelle immersioni dall’ente Usa da maggio in spedizione di studio sui fondali.
Ma che cosa significano questi buchi sulla sabbia? Gli scienziati stanno cercando di sciogliere l’enigma e cercano una risposta. Nel rapporto del Noaa Ocean Exploration si lasciano aperte molte ipotesi.
I buchi sul fondo dell’Atlantico sono a una profondità di circa 2.540 metri. “Sebbene possano sembrare opera dell’uomo, i piccoli mucchi di sedimenti intorno suggeriscono che siano stati scavati“, è l’osservazione degli scienziati. Non è chiaro se i fori siano collegati sotto la superficie del sedimento.
Nel 2019 pubblicammo un articolo in cui si parlava, invece, di buchi sul fondo dell’oceano Pacifico. Eccolo:
C’è un mistero sul fondo dell’Oceano Pacifico appena al largo della costa di Big Sur, in California. Un sondaggio subacqueo ha individuato migliaia di piccole, rotonde depressioni nel morbido sedimento sul fondo del mare.
Sebbene non sia chiaro come si siano formati i buchi, sembrano essere diventati rapidamente popolari tra le creature del fondo marino come rifugi desiderabili.
I ricercatori del Monterey Bay Aquarium Research Institute (MBARI) hanno scoperto circa 15.000 di questi fori, mediamente di 11 metri di diametro e un metro di profondità.
Il trenta percento di queste rientranze contiene immondizia umana, insieme a pesci e altre bestie marine che usano quell’immondizia come habitat.
La scoperta è stata fatta nell’ambito di un sondaggio per studiare le caratteristiche sottomarine chiamate pockmarks. Anche queste sono depressioni nel fondale marino, ma sono leggermente più grandi, con una media di 175 metri di larghezza e cinque metri di profondità.
Queste depressioni furono individuate grazie ad un sondaggio sonar del 1999; ce ne sono oltre 5.200 ripartiti su 1.300 chilometri quadrati di fondale vicino a Big Sur; la loro origine sconosciuta e poiché l’area è stata considerata per un parco eolico offshore, sono state necessarie ulteriori indagini.
Se, ad esempio, i buchi sono causati da gas come il metano sotto il fondo del mare che fuoriescono e lasciano una depressione sulla loro scia – una delle teorie più accreditate – questo potrebbe influire sul posizionamento delle turbine eoliche.
Pertanto, il team MBARI ha messo in funzione i propri veicoli subacquei autonomi, dotati di dispositivi sonar. Non hanno trovato prove di metano; in effetti, sembra che i pockmark siano inattivi da oltre 50.000 anni.
Ma, nei dati restituiti dai robot, i ricercatori hanno visto altri buchi, troppo piccoli per essere rilevati dal sonar montato su una nave, ma ora chiaramente visibili. Quindi, hanno inviato veicoli gestiti a distanza (ROV) dotati di telecamere per uno sguardo più approfondito.
Il team chiama le “micro-depressioni” buchi (per differenziarle da quelli più grandi). Queste micro-depressioni sembrano essere molto più giovani dei pockmarks e hanno lati più ripidi. Hanno anche “code” di sedimenti, che sembrano essere orientati nella stessa direzione in molte aree.
Oltre alla spazzatura trovata in queste depressioni, il 20 percento conteneva altre cose – pietre, fanghi di alghe e un teschio di balena – ma il sedimento attorno ai buchi era vuoto.
Il team pensa anche che gli animali che si stabiliscono nella spazzatura potrebbero aiutare a rendere le micro depressioni ancora più profonde.
“Si ipotizza che gli oggetti osservati all’interno delle micro-depressioni, come rifiuti e rocce, siano stati trasportati dalla corrente o fatti cadere da una nave“, scrivono i ricercatori nel loro abstract.
“La presenza di questi oggetti fornisce microhabitat per i pesci, osservati nelle immersioni in ROV mescolando il sedimento a grana fine, che viene poi portato via dalle correnti del fondo marino, contribuendo ulteriormente a scolpire i fori. Queste osservazioni implicano che i rifiuti marini sono almeno in parte responsabili di circa 4.500 dei 15.000 MD e forniscono alcuni indizi su come vengono create le micro depressioni“.
Ecco la possibile sequenza degli eventi che ha portato alla formazione di questi buchi: qualcosa – che si tratti di un teschio di balena o di una piccola quantità di rifiuti, si trova sul fondo del mare. La vita marina si muove e si fa casa; il loro movimento sposta il sedimento in fuori, scavando un piccolo segno nel fondo del mare.
È solo un’ipotesi e non tiene conto delle micro depressioni che sembrano non avere alcun oggetto in esse. Ma, secondo i ricercatori, sappiamo che le micro depressioni sono morfologicamente distinte dai buchi più grandi. Inoltre, non hanno trovato prove dell’attività del gas nei fondali sottomarini.
“Nel complesso, è necessario molto più lavoro per capire come sono state formate tutte queste caratteristiche e questo lavoro è in corso“, ha detto la scienziata marina MBARI Eve Lundsten.
Insomma, per ora non se ne sa molto su cosa abbia formato questi “buchi”.
La ricerca è stata presentata all’incontro autunnale del 2019 dell’American Geophysical Union.