L’intenso calore su Mercurio può favorire la formazione del ghiaccio

Mercurio è un pianeta piccolo e roccioso e proprio a causa della sua scarsa forza di gravità non ha mantenuto un'atmosfera, per questo la sua superficie presenta la maggiore escursione termica tra tutti i pianeti del sistema solare, all'equatore fa registrare temperature diurne superiori ai 400 °C che toccano nella notte i -173°C.

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Mercurio, associato dagli antichi astronomi babilonesi e greci al messaggero degli Dei, è il pianeta più “eccentrico” del Sistema solare e anche quello più vicino al Sole.
La sua orbita presenta altre peculiarità tanto da essere stata usata da Albert Einstein per verificare le previsioni della Teoria della Relatività nel 1919.
Mercurio è un pianeta piccolo e roccioso e proprio a causa della sua scarsa forza di gravità non ha mantenuto un’atmosfera, per questo la sua superficie presenta la maggiore escursione termica tra tutti i pianeti del sistema solare, all’equatore fa registrare temperature diurne superiori ai 400 °C che toccano nella notte i -173°C.
Mercurio ha affascinato scrittori e artisti anche se a causa delle difficoltà di osservazione è stato a lungo un pianeta poco studiato e il primo tentativo di cartografare la sua superficie fu effettuato da Schiaparelli che ne ipotizzò anche il periodo di rotazione in 88 giorni, pari al periodo di rivoluzione. E’ stato raggiunto per la prima volta dalla sonda spaziale Mariner 10 statunitense nel 1974. La sonda ha trasmesso molte foto e dati ma oggi grazie a strumenti più sofisticati disponiamo di molte informazioni. Secondo un nuovo studio Mercurio, nonostante la sua vicinanza al Sole e alla temperatura diurna superiore a 400°C, può produrre e conservare il ghiaccio.
Anche su Mercurio come su altri mondi del sistema solare, asteroidi e comete hanno portato la maggior parte dell’acqua, presente sotto forma di ghiaccio al riparo dal cocente bagliore solare. Secondo i ricercatori del Georgia Institute of Technology l’enorme sbalzo termico presente in alcuni angoli dei crateri presenti ai poli che non vengono mai raggiunti dalla luce del Sole potrebbe funzionare come un laboratorio chimico.
Lo studio adatta questa chimica semplice alle complesse condizioni di Mercurio tenendo conto dei venti solari che spazzano la superficie del pianeta con particelle cariche, molte delle quali sono protoni, particelle chiave nel processo di formazione del ghiaccio. Il modello presenta un percorso praticabile per creare il ghiaccio su un pianeta che ha a disposizione tutti gli ingredienti necessari.
Questa non è una strana idea. Il meccanismo chimico di base è stato osservato dozzine di volte negli studi dalla fine degli anni ’60“, ha detto Brant Jones, ricercatore presso la School of Chemistry and Biochemistry del Georgia Tech e primo autore del documento. “Quello studio era su superfici ben definite. Applicare quella chimica a superfici complicate come quelle esistenti su un pianeta è una ricerca rivoluzionaria“.
Sulla superficie di Mercurio esistono dei minerali che contengono gruppi ossidrilici generati principalmente dai protoni. Nel modello, il calore intenso presente sulla superficie libera i gruppi ossidrilici eccitandoli e facendoli reagire tra di loro formando molecole d’acqua e
atomi di idrogeno che vengono trasportati attorno al pianeta. Alcune molecole vengono scomposte dalla radiazione solare e si perdono nello spazio, ma altre si depositano ai poli, al sicuro all’ombra dei crateri che proteggono il ghiaccio dal calore solare grazie anche alla totale assenza di atmosfera.
Le molecole d’acqua possono entrare nell’ombra ma non possono mai andarsene“, ha dichiarato Thomas Orlando, professore alla School of Chemistry and Biochemistry della Georgia Tech e principale investigatore dello studio. Orlando ha co-fondato il Georgia Tech Center for Space Technology and Research.
La quota totale che postuliamo si trasformerebbe in ghiaccio è di 10.000.000.000.000 di kg in un periodo di circa 3 milioni di anni“, ha detto Jones. “Il processo potrebbe facilmente rappresentare fino al 10% del ghiaccio totale di Mercurio”.
I ricercatori pubblicheranno i loro risultati su Astrophysical Journal Letters lunedì 16 marzo 2020. La ricerca è stata finanziata dal programma NASA Solar System Exploration Research Virtual Institute (SSERVI) e dal programma NASA Planetary Atmospheres.
Abbiamo notizie della presenza del ghiaccio sui poli di Mercurio dal 2011, quando il veicolo spaziale Messenger ha iniziato a orbitarvi raccogliendo la conferma delle precedenti firme osservate dai radar terrestri.
Il ghiaccio sporco si nasconde nelle ombre permanenti dei crateri polari su Mercurio che presenta una superficie segnata da crateri da impatto come la nostra Luna. In effetti, le somiglianze tra i due corpi celesti, comprese le loro dimensioni, hanno portato a molti confronti, tra cui la probabilità di ghiaccio d’acqua su entrambi.
Gli scienziati hanno trovato deboli tracce di ghiaccio sulla Luna ma hanno trovato ghiaccio con quasi assoluta certezza e in abbondanza su Mercurio. Questo scenario ha fatto scattare delle domande, se comete e meteoriti hanno portato l’acqua sulla Luna e su Mercurio come si spiega la differenza di abbondanza tra i due mondi?
Il processo nel nostro modello non sarebbe così produttivo sulla Luna. Per prima cosa, non c’è abbastanza calore per attivare significativamente la chimica“, ha spiegato Jones.
In un progetto separato, il laboratorio di Orlando sta progettando un sistema basato sulla stessa chimica per creare acqua sulla luna per le future stazioni permanenti.
I protoni del vento solare sono più abbondanti su Mercurio che sulla Terra, dove un potente campo magnetico fa rimbalzare le particelle emesse dal vento solare, inclusi i protoni, di nuovo nello spazio. Il campo magnetico di Mercurio è solo circa l’1 percento di quello terrestre e fa roteare i protoni sulla superficie.
Questi sono come grandi tornado magnetici e causano enormi migrazioni di protoni attraverso la maggior parte della superficie di Mercurio nel tempo“, ha detto Orlando.
I protoni penetrano nel suolo di tutto il pianeta a circa 10 nanometri di profondità, formando nei minerali i gruppi ossidrilici (OH), che si diffondono in superficie, dove il calore fa il resto.
E’ possibile che molta dell’acqua presente su Mercurio fu portata da impatti di asteroidi“, ha detto Jones. “Ma c’è anche la questione di dove gli asteroidi abbiano ottenuto quell’acqua. Processi come questi avrebbero potuto contribuire a crearla“.
Una cometa o un asteroide in realtà non ha bisogno di trasportare acqua perché la collisione da sola con un pianeta o una luna può anche generare acqua“, ha detto Orlando. “Mercurio e la luna sono spesso colpiti da piccoli meteoroidi, quindi questo accade continuamente“.
Fonti: https://phys.org/news/2020-03-mercury-ice.html; https://www.media.inaf.it/2019/11/07/scopriamo-mercurio/.