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Leone XIV, il Papa venuto da Chicago: tra storia, simboli e sfide globali

Il cardinale americano Robert Prevost è stato eletto Papa con il nome di Leone XIV. Cosa significa questa scelta? Tra simboli storici, sfide geopolitiche e tensioni con la presidenza Trump, ecco cosa aspettarci dal nuovo pontefice.

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Habemus Papam. Alle 18:07 dell’8 maggio 2025, l’abbondante fumata bianca è salita limpida sopra la Cappella Sistina, emozionando visibilmente le migliaia di fedele presenti in Piazza San Pietro in attesa speranzosa dell’elezione del nuovo Pontefice. Dopo circa un’ora, dalla Loggia delle Benedizioni in Piazza San Pietro, il cardinale protodiacono Dominique Mamberti ha annunciato l’elezione di Robert Francis Prevost, cardinale statunitense, nuovo Pontefice della Chiesa Cattolica con il nome di Leone XIV.

Una scelta storica: è il primo Papa proveniente dagli Stati Uniti e, anche, il primo Papa proveniente da una grande potenza politica e militare in un momento in cui proprio gli Stati Uniti sono tornati al centro della scena geopolitica mondiale — evidenziando come non mai la spaccatura politica e spirituale della più potente nazione del mondo.

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Un Papa americano con radici in spagna e in sudamerica

Nato a Chicago nel 1955, Prevost è un agostiniano con profonda esperienza missionaria in Perù, dove è stato vescovo di Chiclayo. La sua formazione è teologica, pastorale e multiculturale. Negli ultimi anni, ha ricoperto ruoli centrali nella Curia romana: Prefetto del Dicastero per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.
È stato uno degli uomini di fiducia di Papa Francesco, e la sua elezione, avvenuta al quarto scrutinio, segnala una volontà di continuità riformista, ma con un volto nuovo.

Le prime parole: “Una pace disarmata”

Nel suo primo discorso da Papa, Leone XIV ha scelto toni semplici ma carichi di significato. Ha esordito dicendo “La pace sia con voi“, spiegando poi che queste sono state le prime parole pronunciate da cristo risorto e ha spiegato che Questa è la pace di Cristo Risorto. Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio. Dio che ci ama tutti incondizionatamente.

Una dichiarazione non programmatica ma profondamente valoriale.
Nessun riferimento diretto ai conflitti in corso, ma un chiaro posizionamento morale. In un mondo lacerato da guerre — non solo Ucraina, Gaza, India-Pakistan ma anche tutta una serie di guerre striscianti in background e poco o nulla coperte dai media— e da un clima globale di isteria politica e identitaria, il Papa ha posto la pace al centro della sua visione. Una pace senza arroganza né retorica, ma radicata nel Vangelo e nella dignità umana.

Il significato di un nome: Leone

Il nome scelto non è neutro. Leone I, detto Magno, fu il Papa che nel 452 affrontò Attila e lo convinse a risparmiare Roma. Lo fece senza eserciti, con la sola autorità spirituale e la forza della parola. Fu anche teologo e riformatore, pilastro del papato come istituzione universale.

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Leone XIII, invece, fu il primo pontefice del Novecento, noto per l’enciclica Rerum Novarum, con cui la Chiesa entrò nel dibattito sulla modernità, sul lavoro e sulla giustizia sociale.

Leone XIV si colloca idealmente tra questi due predecessori: un Papa chiamato a fermare nuove invasioni — quelle del cinismo, del fanatismo, della disumanizzazione — e a ridefinire la presenza morale della Chiesa nel mondo contemporaneo.

Il peso dell’America… e l’ombra di Trump

Non è sfuggito a nessuno che Leone XIV entra in carica nella seconda presidenza di Donald Trump. E non potrebbe esserci contrasto più evidente.

Da una parte, la Chiesa di Francesco e ora di Prevost, con la sua attenzione agli ultimi, alla giustizia, al dialogo.
Dall’altra, un’America MAGA in pieno revival identitario, sempre più legata a una visione muscolare e nazionalista del cristianesimo. Una parte dell’elettorato evangelico ha già storto il naso. Il rischio è che il Papa americano sia percepito in patria più come voce controcorrente che come gloria nazionale.

Ma forse è proprio qui il punto di forza. Prevost conosce bene gli Stati Uniti e il Sud del mondo. Sa parlare a entrambi. Potrebbe rivelarsi un ponte, non una bandiera. E proprio di costruire ponti ha più volte parlato il nuovo Papa nel suo primo discorso ai fedeli, prima di concedere l’Indulgenza Plenaria a tutti coloro che lo stavano seguendo su qualsiasi media e importire poi la tradizione Benedizione Urbi et Orbi.

Riuscirà a fermare i nuovi barbari?

La domanda è aperta. Può un Papa fermare guerre, odio e violenza solo con la parola? Probabilmente no. Ma può offrire un linguaggio alternativo, una speranza, schierarsi come autorità morale e affrontare occhi negli occhi i fautori della sofferenza, come fece San Leone Magno con Attila.

I barbari oggi non sono alle porte di Roma, ma sul web, nei parlamenti, nelle multinazionali, nei mercati delle armi e nella banalità del male quotidiano. Sono nelle ambizioni personali dei politici e degli autocrati autoreferenziali che stanno approfittando dello sbandamento etico e morale del mondo per fini personali.

Affrontarli richiederà più di un discorso dalla loggia. Ma cominciare da lì — da un invito alla pace disarmata — non è poco.

Un Leone non ha bisogno di ruggire per essere ascoltato. Basta che non smetta mai di camminare dritto.

“Flagellum, flagellum Dei
Flagellum, flagellum Agnus Dei”
Da: Attila e la Stella – Antonello Venditti
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