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Le quasiparticelle potranno essere una fonte di luce?

Le quasiparticelle potrebbero generare luce e questo non sarebbe in contrasto con alcuna regola o legge della fisica

Niente può viaggiare più veloce della luce, ovvero, 299.792.458 metri al secondo. Tuttavia, quelle minuscole realtà che noi conosciamo come quasiparticelle si comportano come se potessero.

A riferirlo è stato un team di fisici, che ha aperto potenzialmente a una nuova fonte di luce che, chissà, un giorno potrebbe rivelare nuovi tipi di scienza. Quando gli elettroni vengono eccitati e spinti da una parte all’altra, producono luce di varie energie che può essere utilizzata per studiare fenomeni ben oltre i limiti dell’occhio nudo o dei tipici microscopi. Gli scienziati hanno imparato come generare e raggruppare gli elettroni nelle macchine, per fare in modo che le particelle producano luce ad alte energie.


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Quasiparticelle: un nuovo modo di intendere la luce?

Queste fonti di luce, dai sincrotroni e ciclotroni agli acceleratori lineari, consentono agli scienziati di vedere cose incredibilmente piccole, come la struttura di una molecola. Le intuizioni raccolte da questa tecnologia hanno consentito lo sviluppo di nuovi farmaci, la creazione di chip per computer migliori e la ricerca non distruttiva sui fossili.

Le onde emesse dagli elettroni fanno letteralmente luce su ciò che altrimenti sarebbe invisibile. Ma queste fonti di luce non sono comuni. Sono costose da costruire, richiedono grandi quantità di terreno e possono essere prenotate dagli scienziati con mesi di anticipo.

Ora, un team di fisici ipotizza che le quasiparticelle – gruppi di elettroni che si comportano come se fossero un’unica particella – possono essere utilizzate come sorgenti di luce in laboratori più piccoli e in contesti industriali, rendendo più facile per gli scienziati fare scoperte ovunque si trovino. La ricerca del team che descrive i risultati è stata pubblicata su Nature Photonics.

Particelle più veloci della luce? La risposta di Palastro

“Nessuna singola particella si muove più velocemente della velocità della luce, ma le caratteristiche nell’insieme di particelle possono, e lo fanno”, ha affermato John Palastro, fisico presso l’Università di Rochester e coautore del nuovo studio, in una videochiamata con Gizmodo. “Ciò non viola alcuna regola o legge della fisica”.

“Penso che allentare questi requisiti sul fascio di elettroni e allontanarsi da questa idea secondo cui ogni elettrone deve muoversi all’unisono per produrre questa radiazione molto coerente, democratizza davvero queste fonti, rendendole più ampiamente accessibili”, ha aggiunto Palastro.

Nell’articolo, il team esplora la possibilità di rendere le sorgenti di luce basate su acceleratori al plasma luminose quanto i laser a elettroni liberi più grandi, rendendo la loro luce più coerente, rispetto alle quasiparticelle. Secondo un comunicato dell’Università di Rochester, il team ha eseguito simulazioni delle proprietà delle quasiparticelle in un plasma utilizzando i supercomputer messi a disposizione dall’impresa comune europea per il calcolo ad alte prestazioni (EuroHPC JU).

I grandi acceleratori lineari

I grandi acceleratori lineari sono alcune delle sorgenti luminose più potenti sulla Terra. Consideriamo l’aggiornamento da 1 miliardo di dollari alla sorgente di luce coerente Linac del SLAC National Accelerator Laboratory, semplicemente soprannominata LCLS-II, che ha raggiunto la prima luce il mese scorso.

LLCLS-II può generare un milione di impulsi di raggi X al secondo, rispetto ai minuscoli 120 impulsi al secondo dell’LCLS originale. I nuovi impulsi di raggi X sono 10.000 volte più luminosi di quelli prodotti da LCLS, aprendo la strada agli scienziati per osservare fenomeni precedentemente invisibili, dalle molecole nelle cellule vegetali al modo in cui i materiali cambiano fase. Tutti questi raggi X sono prodotti facendo oscillare intenzionalmente (o “ondulando”) gruppi di elettroni in rapido movimento, utilizzando grandi magneti.

In un acceleratore lineare, “ogni elettrone fa la stessa cosa del collettivo”, ha detto Bernardo Malaca, fisico dell’Instituto Superior Técnico in Portogallo e autore principale dello studio, in una videochiamata con Gizmodo. “Nel nostro caso non c’è nessun elettrone ondulante, ma stiamo comunque creando uno spettro simile a un ondulatore”.

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