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La fine – recensione

Ancora una volta Netflix delude i tanti appassionati che continuano a dargli fiducia. "La fine" (titolo originale: How It Ends), è un thriller apocalittico scritto da Brooks McLaren e diretto da David M. Rosenthal

Ancora una volta Netflix delude i tanti appassionati che continuano a dargli fiducia. “La fine” (titolo originale: How It Ends), è un thriller apocalittico scritto da Brooks McLaren e diretto da David M. Rosenthal.

I protagonisti del film sono Theo James (DivergentGiochi di potere), il premio Oscar Forest Whitaker (Black PantherRogue OneL’ultimo re di Scozia) e Kat Graham (The Vampire Diaries).

La fine: trama

La trama è presto detta e non si discosta particolarmente dai canoni del genere: dopo un misterioso cataclisma che colpisce la costa occidentale degli Stati Uniti un giovane avvocato ed il suocero, un ex marine, si imbarcano in un viaggio di oltre 3000 miglia, da Chicago a Seattle, per raggiungere Samantha, compagna e figlia dei due uomini.

Durante il viaggio, come in ogni film del genere, incontrano vari campioni di umanità, sempre meno umani e sempre più selvaggi ed egoisti, completamente presi dall’intento di salvare i loro cari, come, del resto, gli stessi protagonisti.

La prima parte del film mette tanta carne al fuoco, aprendo nello spettatore domande, rimaste irrisolte, sulla causa dell’apocalisse, e creandogli il giusto senso d’attesa per la risoluzione della vicenda.

Purtroppo, con l’andare del film, assistiamo all’inserimento, inutile e pretestuoso, di personaggi che appaiono e scompaiono senza nulla apportare alla trama, il cui unico fine è chiaramente quello di allungare il brodo, rendendo quasi inutile l’ottima prova recitativa dei due protagonisti principali ed i non indifferenti mezzi impegnati per rendere credibile l’ambiente in cui questi si muovono.

Da un certo punto in poi del film, inizia a farsi largo l’impressione che regista e sceneggiatore, sulla scorta di un buono spunto inziale, abbiano portato avanti la trama d’inerzia, senza nessuna idea originale e senza nessuna soluzione brillante.

Rosenthal sembra più concentrato sul difficile rapporto tra suocero e genero che sugli eventi che si succedono, tanto che in più momenti del film la trama resta sullo sfondo senza alcun approfondimento.

A fine film lo spettatore resta un po’ basito, dopo essersi cibato toni ed atmosfere che richiamano il bellissimo “The Road” ma senza la coerenza e la profondità del capolavoro di John Hillcoat.

Ci si ritrova con un film dal finale inespresso, dove l’unica concessione ad una possibile spiegazione dell’evento catastrofico resta un superficiale accenno all’ennesima ipotesi complottista lasciata, però, cadere nel nulla.

La stessa trama, dopo le buone premesse inziali, appare costruita sugli affanni dei due protagonisti nella ricerca di benzina e provviste, senza alcuna concessione, a parte qualche accenno superficiale, alle ricadute sociali causate dal tragico evento.

Manca un quadro generale, i protagonisti de La fine sembrano vivere in una bolla che li isola dal resto del mondo.

Abbiamo così l’inserimento nella trama della giovane Ricky, una nativa americana che si unisce inopinatamente ai due nel loro viaggio verso occidente e che sparisce improvvisamente dalla storia senza dare alcun contributo alla vicenda, così fanno tutti gli altri personaggi che appaiono e scompaiono durante lo svolgimento della trama, praticamente fino alla fine.

La storia apre tutta una serie di domande e continua a farlo fino alla fine, lasciandole però inesplicate, come se l’autore dello script, e lo stesso regista, innamorati dell’idea iniziale che da spunto a tutta la vicenda non avessero trovato una credibile correlazione causa evento (non trovano proprio la causa scatenate dell’evento catastrofico e non riescono o non vogliono a spiegarla) e si fossero rassegnati a mettere insieme un po’ di scene, peraltro abbastanza ripetitive, che portano ad un finale scontato che non restituisce alcuna risposta allo spettatore lasciandogli uno stupore tutt’altro che positivo.

Tutto questo nonostante la superlativa prova recitativa, lo abbiamo già detto, dei due protagonisti.

Pare improbabile che un regista come Rosenthal, con ampia esperienza pure da sceneggiatore, abbia avallato di suo una sceneggiatura così inconcludente, sembrerebbe più che ad un certo punto la produzione abbia tagliato i fondi o deciso di stringere i tempi, ottenendo un risultato decisamente deludente.

Peccato perché il film, soprattutto nella prima parte, ha una sua tensione narrativa e stimola l’interesse, ed è abbastanza scorrevole e si lascia guardare.

Insomma, l’ennesima produzione originale Netflix che si rivela più che deludente a causa di un finale inespresso e prevedibile, nonostante i buoni standard qualitativi tecnici e di recitazione.

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