La Farfalla Cosmica NGC 2899

La chiamano la farfalla cosmica e non c’è nome più azzeccato per una nebulosa che brilla a circa 3.000-6.500 anni luce di distanza dalla Terra.

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La chiamano la farfalla cosmica e non c’è nome più azzeccato per una nebulosa che brilla a circa 3.000-6.500 anni luce di distanza dalla Terra.
Osservare come gli astronomi catturano la “farfalla cosmica” da migliaia di anni luce di distanza con il VLT -Very Large Telescope – è un’emozione unica, definita da astrofisici e studiosi come un fenomeno senza precedenti.
A migliaia di anni luce di distanza, insomma, c’è una “farfalla cosmica” colorata di un blu brillante e nuvole di viola e rosso con filamenti bianchi e luminosissimi. È un’immagine definita dagli esperti come mai vista in così tanti dettagli.
Il nome, per quanto ovvio, è per la sua somiglianza con il lepidottero, ma in realtà è una nebulosa planetaria; in altre parole una gigantesca nube di gas che si forma intorno a un’antica stella non ancora esplosa.
Il Very Large Telescope dell’Osservatorio Spaziale Europeo (ESO) – giustamente chiamato Very Large Telescope – di stanza nel paese ospitante, il Cile, ha catturato l’immagine vibrante dell’oggetto interstellare.
La nebulosa è stata chiamata NGC 2899 (NGC sta per New General Catalogue, che elenca nebulose e altri corpi astrali come questo). Come accennato in premessa, si trova a circa 3.000-6.500 anni luce di distanza dalla Terra nella costellazione Vela, visibile nell’emisfero australe.

La Farfalla Cosmica catturata dallo strumento più potente al mondo

Le radiazioni ultraviolette illuminano i gusci di gas che circondano la stella e li fa brillare molto intensamente”. Hanno dichiarato gli esperti dell’ESO, “ma tutto ciò accadrà solo per qualche migliaio di anni prima che vada in frantumi. Si tratta di un periodo di vita relativamente breve in astronomia”.
Il Very Large Telescope, che ha catturato l’immagine è “lo strumento ottico più avanzato del mondo“, secondo l’ESO.
Con l’interferometro che lo accompagna, il telescopio può illuminare i dettagli 25 volte di più finemente dei dispositivi tradizionali. Da solo, il telescopio posto tra le montagne cilene, può vedere elementi  4 miliardi di volte più deboli di quanto l’occhio umano possa vedere.
Nelle dichiarazioni su NGC 2899, si legge come essa possieda estese fasce di gas che si estendono fino ad un massimo di due anni luce dal suo centro.  Queste, brillano – quasi abbagliando – di fronte alle stelle della Via Lattea. Accade quando il gas raggiunge temperature al di sopra di diecimila gradi.
Le alte temperature sono dovute alla grande quantità di radiazioni della stella madre della nebulosa, che fa sì che l’idrogeno gassoso della stessa, risplenda in un alone rossastro intorno al gas ossigeno, in blu.
Dopo che una delle due stelle ha raggiunto la fine della sua vita, e ne ha gettato via gli strati esterni, l’altra stella interferisce con il flusso di gas, assumendo la forma a due lobi. Solo il 10-20% circa delle nebulose planetarie mostra questo tipo di forma.

FORS ad alta risoluzione alla base delle scoperte dell’ESO

Gli astronomi sono stati in grado di catturare questa immagine altamente dettagliata di NGC 2899 utilizzando lo strumento FORS – Acronimo di FOcal Reducer e Spectrograph a bassa dispersione – installato su UT1 (Antu); uno dei quattro telescopi da 8,2 metri che compongono il VLT dell’ESO in Cile.
Il FORS, strumento ad alta risoluzione è stato uno dei primi ad essere installato sul VLT ed è alla base di numerose belle immagini e scoperte dell’ESO.
FORS ha contribuito alle osservazioni della luce proveniente da una sorgente di onde gravitazionali. Ha studiato il primo asteroide interstellare conosciuto, ed è stato utilizzato per studiare in profondità la fisica dietro la formazione di nebulose planetarie complesse.
Quest’immagine è stata creata nell’ambito del programma ESO Cosmic Gems, un’iniziativa di sensibilizzazione per produrre immagini di oggetti interessanti, intriganti o visivamente attraenti utilizzando i telescopi ESO.
Il fine è a scopo educativo e di sensibilizzazione del pubblico. Il programma utilizza il tempo del telescopio che non può essere utilizzato per osservazioni scientifiche. Tutti i dati raccolti possono anche essere adatti a scopi scientifici e sono messi a disposizione degli astronomi attraverso l’archivio scientifico dell’ESO.
Il fascino che scaturisce l’immagine della farfalla cosmica non ha eguali. Ci mostra una struttura quasi perfetta, simmetrica tanto che, osservando attentamente l’immagine, si possono individuare disegni intricati. Dunque non solo iconicamente lepidottero, ma anche il motivo centrale che ne delinea caratteristiche dello stesso insetto.

In aggiunta

A differenza di quanto suggerisce il loro nome comune, le nebulose planetarie non hanno nulla a che fare con i pianeti.
I primi astronomi che le hanno osservate le hanno semplicemente descritte come pianeti in apparenza.
Si formano invece quando le stelle antiche con una massa fino a 6 volte superiore a quella del nostro Sole raggiungono la fine della loro vita, collassano e fanno esplodere gusci di gas in espansione, ricchi di elementi pesanti.
L’intensa radiazione ultravioletta energizza e illumina questi gusci in movimento, facendoli brillare per migliaia di anni fino a quando alla fine si disperdono lentamente nello spazio, rendendo le nebulose planetarie fenomeni di vita relativamente breve su tempi astronomici.