Sentimento comune piuttosto diffuso credere che alla scoperta di una grande invenzione si giunga per uno stato di necessità ed attraverso un percorso lineare per quanto complesso.
In realtà molto spesso ci si imbatte in scoperte che saranno ampiamente sfruttate da un punto di vista commerciale del tutto casualmente o attraverso un percorso ancora più tortuoso, di un’invenzione pensate per uno scopo e che invece dopo varie vicissitudini si sono rivelate straordinarie opportunità per altri ed imprevisti obiettivi.
Un esempio classico di quest’ultima tipologia di invenzione è il fonografo che Edison inventò come prototipo nel 1877
Secondo un articolo scritto dallo stesso inventore americano, il fonografo poteva essere utile per dieci diverse applicazioni: fissare per sempre le ultime parole dei moribondi, registrare libri da far ascoltare ai ciechi, annunciare l’ora esatta, insegnare a scrivere sotto dettato etc.
Invenzione per tutto insomma tranne che per riprodurre la musica! Come se non bastasse Edison dopo qualche anno disse al suo assistente che il fonografo a suo avviso non aveva alcun valore commerciale, salvo cambiare idea subito dopo ed iniziare a venderli come dittafoni per uffici.
Anche quando alcuni intraprendenti imprenditori sfruttando la sua invenzione lanciarono i juke-box Edison non risparmiò critiche per quello che considerava uno svilimento della sua invenzione.
Ci vollero circa 20 anni perché riluttante Edison ammettesse che il fonografo aveva una sua ragione d’esistere: registrare e riprodurre musica.
Anche l’automobile il mezzo che più di ogni altro ha modificato radicalmente il concetto di mobilità individuale non fu inventata per quello scopo preciso
Quando Niklaus Otto costruí il suo primo motore nel 1866, non si sentiva la necessità di un nuovo mezzo di trasporto: i cavalli servivano alla bisogna da 6000 anni e le ferrovie a vapore funzionavano bene da qualche decennio.
Il prototipo di Otto era poco potente, molto lento ed ingombrante.
Solo nel 1885 le migliorie tecniche permisero a Gottfried Daimler di installare un motore su una bicicletta e creare cosí la moto; per i camion si dovette aspettare il 1896. Nel 1905 le automobili erano ancora costose e poco affidabili, poco piú che un giocattolo per poche centinaia di ricchi in tutto il mondo.
Ci vorrà la Prima Guerra Mondiale con il suo grande bisogno di mobilità per le truppe a dare la spinta decisiva ad auto e camion verso quella che sarebbe negli anni a venire diventata una produzione di massa che avrebbe cambiato il mondo.
Lo stesso processo avvenne per le prime televisioni, macchine fotografiche e macchine per scrivere che erano pessime proprio come il primo modello di automobile. Tutt’oggi basti osservare che nei soli Stati Uniti ogni anno vengono rilasciati circa 70.000 brevetti e che di questi pochissimi giungono allo sfruttamento commerciale.
Dobbiamo anche “smontare” l’idea eroica che una grande invenzione appartenga per intero al genio di un unico, grande inventore. Nei manuali scolastici si afferma, ad esempio, che James Watt ha inventato la macchina a vapore nel 1769 ispirandosi al vapore che usciva da una teiera.
In realtà l’idea a Watt l’idea venne mentre stava riparando un modello del motore inventato da Thomas Newcomen 57 anni prima, di cui erano stati costruiti piú di cento esemplari in Inghilterra.
La macchina di Newcomen, a sua volta, era basata su quella brevettata da Thomas Savery nel 1698, a sua volta modellata su quella che il francese Denis Papin aveva disegnato ma non costruito nel 1680, a sua volta ispirata dalle idee di Christiaan Huygens e di altri scienziati.
Senza niente togliere agli importanti perfezionamenti apportati da Watt, l’abile ingegnere ed inventore scozzese era stato l’ultimo tassello di una lunga schiera di inventori, tecnici e scienziati attraverso cui l’idea della macchina a vapore era progredita fino ad arrivare alla sua messa a punto definitiva nel 1769.