I modelli di intelligenza artificiale sviluppati in laboratori di punta come OpenAI sono improbabili candidati per guidare le grandi scoperte scientifiche.
Questa è l’opinione espressa da Thomas Wolf, co-fondatore della startup di IA Hugging Face (valutata 4,5 miliardi di dollari), che getta un’ombra su parte dell’entusiasmo e delle affermazioni provenienti da figure di spicco del settore. I commenti di Wolf si pongono in netto contrasto con l’ottimismo di leader come il CEO di OpenAI, Sam Altman, e il CEO di Anthropic, Dario Amodei.

Il limite dei modelli di intelligenza artificiale attuali nella scoperta scientifica
Quando Wolf fa riferimento alle grandi scoperte scientifiche, intende le idee innovative e rivoluzionarie, quelle che storicamente hanno portato all’assegnazione del Premio Nobel. Un esempio emblematico è quello di Niccolò Copernico, la cui teoria che poneva il Sole al centro dell’universo, con gli altri pianeti in orbita attorno ad esso, ha ribaltato il pensiero scientifico del suo tempo.
Wolf identifica due problemi fondamentali insiti nella progettazione dei chatbot attuali, come ChatGPT. Il primo risiede nel fatto che questi prodotti tendono spesso a concordare o allinearsi con l’utente che fornisce il prompt. Chiunque abbia posto una domanda a un chatbot ha notato la sua tendenza a confermare l’interesse o la validità dell’interrogativo, anziché sfidarlo. Il secondo limite strutturale è che i modelli su cui si basano questi chatbot sono progettati per “prevedere il prossimo token” o la parola statisticamente più probabile in una sequenza. Questo meccanismo intrinseco li vincola alla rielaborazione di dati e schemi esistenti.
In netta contrapposizione con la natura dei modelli IA, Wolf ha evidenziato un tratto fondamentale degli scienziati che raggiungono risultati di rottura: essi sono spesso anticonformisti. Gli scienziati che fanno scoperte epocali tendono a mettere in discussione ciò che viene accettato o affermato dagli altri, operando al di fuori del consenso. Questa capacità di pensiero laterale e di sfida dello status quo è ciò che attualmente manca all’intelligenza artificiale basata sulla previsione.
La critica alle previsioni di rivoluzione scientifica
Thomas Wolf, co-fondatore di Hugging Face, evidenzia una distinzione cruciale tra il meccanismo di funzionamento dei chatbot e la vera scoperta scientifica. Mentre un modello di intelligenza artificiale è programmato per “predire la parola successiva più probabile” in una sequenza, “Lo scienziato non sta cercando di predire la parola successiva più probabile. Sta cercando di predire questa cosa molto nuova che in realtà è sorprendentemente improbabile, ma in realtà è vera”, ha spiegato Wolf. Questa ricerca dell’improbabile ma veritiero è ciò che genera innovazione.
L’interesse di Wolf per l’argomento è stato acceso dopo la lettura di un saggio di Dario Amodei di Anthropic, nel quale si ipotizzava che “la biologia e la medicina basate sull’intelligenza artificiale ci permetteranno di condensare in 5-10 anni i progressi che i biologi umani avrebbero raggiunto nei prossimi 50-100 anni”. Questa affermazione ha spinto Wolf a riflettere sullo stato attuale dell’AI, portandolo alla conclusione che una tale accelerazione non è realizzabile con l’attuale generazione di modelli, proprio a causa della loro propensione a restare nell’ambito del probabile e del noto.
Nonostante le sue riserve sul potenziale rivoluzionario immediato dell’AI, Wolf riconosce che questi chatbot e strumenti avranno comunque un ruolo significativo. A suo avviso, saranno probabilmente utilizzati come una sorta di “copilota per uno scienziato”. In questa veste, l’intelligenza artificiale non sostituirà il pensiero umano anticonformista, ma aiuterà gli esseri umani nel processo di generazione di nuove idee e nella velocizzazione della ricerca, agendo come un assistente avanzato e un amplificatore della produttività scientifica.
Il ruolo attuale dell’intelligenza artificiale: ottimizzazione e strumenti di ricerca
L’idea che l’intelligenza artificiale possa agire come un “copilota” per gli scienziati non è puramente teorica, ma sta già trovando applicazione concreta in alcune aree della ricerca. Questa integrazione permette di ottimizzare processi e analisi che storicamente richiedevano tempi e risorse considerevoli, fungendo da potente strumento di supporto al lavoro umano.
Un esempio lampante di questa sinergia è il prodotto AlphaFold, sviluppato da Google DeepMind. Questa tecnologia ha rivoluzionato l’analisi delle strutture proteiche, un compito notoriamente complesso e dispendioso in termini di tempo. AlphaFold ha offerto agli scienziati la capacità di prevedere la forma tridimensionale delle proteine con una precisione senza precedenti, accelerando significativamente il processo di comprensione biologica. L’azienda ha promesso che questa capacità analitica avrebbe potuto direttamente aiutare gli scienziati nella scoperta di nuovi farmaci, dimostrando come l’AI possa superare i “colli di bottiglia” computazionali della ricerca.
Nonostante i limiti evidenziati dai critici come Thomas Wolf, alcune nuove startup stanno cercando attivamente di portare l’intelligenza artificiale oltre il ruolo di semplice ottimizzatore o assistente. Queste aziende hanno l’ambizione di sviluppare modelli in grado di compiere un vero e proprio salto di qualità verso la scoperta scientifica autonoma, non limitandosi ad analizzare dati esistenti, ma a generare nuove ipotesi fondamentali. Tra queste startup che sperano di realizzare scoperte scientifiche più rivoluzionarie, figurano nomi come Lila Sciences e FutureHouse, segnando il tentativo di trasformare l’AI da copilota a vero e proprio pioniere del progresso scientifico.
