In agosto, il Consiglio Islamico dell’Indonesia ha proclamato un fatwa, cioè un decreto religioso, che ufficialmente e religiosamente sentenzia la proibizione del vaccino per il morbillo e la rosolia, sulla base del fatto che conterrebbe tracce di maiale, animale intoccabile per la religione musulmana e vietato dal Corano.
Il proclama religioso o fatwa, proclamato dal Consiglio Islamico degli Ulema indonesiani (MUI) ma, di fatto, non essendo una legge dello stato, non è giuridicamente vincolante in alcun modo.
Malgrado siano previste delle eccezioni che permettano l’uso del vaccino in mancanza di misure alternative adeguate, milioni di Indonesiani, nel pieno spirito della delibera, hanno aderito al proclama, causando il conseguente crollo dei tassi di vaccinazione.
Come già precisato, il proclama non è di natura giuridicamente vincolante, se non per coloro che applicano in maniera rigorosa i dettami dell’Islam. Purtroppo, i fedelissimi lo hanno preso sul serio, anche per colpa dei tanti dubbi dovuti alla disinformazione che già erano diffusi nel paese. La fatwa è stata sufficiente a causare nella nazione un significativo declino della diffusione dei vaccini contro morbillo e rosolia.
A causa della sua posizione geografica isolata e delle sue condizioni socioeconomiche, l’Indonesia ha faticato non poco per far vaccinare una porzione significativa della popolazione, e sono diverse le aree del paese dove i focolai di epidemie trasmissibili sono persistenti e per niente rari.
In aggiunta a tutto ciò il sentimento anti-vax non è certamente stato d’aiuto.
Le autorità sanitarie dei paesi musulmani in tutto il mondo sono state costrette ad avere a che fare con la crescente diffidenza dell’opinione pubblica riguardo le vaccinazioni, portando a un aumento di patologie che potrebbero benissimo essere evitate e prevenute.
Arriva allora tempestivo l’incoraggiamento dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità che, grazie al Global Vaccine Action Plan (GVAP), si pone l’obiettivo di prevenire le morti per morbillo e rosolia, garantire la copertura vaccinale totale anche con programmi di immunizzazione e decisioni politiche basate su prove d’efficacia scientifica che promuovano i vaccini esistenti e ne introducano di nuovi.
Davanti a questo scenario, le autorità sanitarie indonesiane si sono unite nello sforzo comune per concretizzare tale piano e debellare morbillo e rosolia.
Per ovvie ragioni, questo impegno ha comportato anche il superamento di considerevoli ostacoli nel lancio di un programma di vaccinazione nell’Isola di Giava, con l’obbiettivo di offrire copertura ad un numero di circa 70 milioni bambini di età compresa tra 9 mesi e 15 anni.
Finora, sta funzionando.
“Siamo felici di aver raggiunto il nostro target di copertura del 95%’” dichiara soddisfatto Soekarwo, governatore della zona orientale dell’isola, non dimenticando però la promessa di raggiungere una copertura totale che dovrebbe riguardare tutta la provincia.
Questi sforzi però richiedono l’impegno e il sostegno dell’opinione pubblica, in primis rassicurando le famiglie. Un passo importante da fare è assicurare ai genitori che tali vaccini non solo non costituiscono pericolo, al contrario permettono di salvaguardia della vita, ma che non sono nemmeno in conflitto col credo religioso.
Al centro della preoccupazione, è l’uso di gelatine di derivazione suina usate come agente stabilizzante in alcuni vaccini.Questo fatto non è considerato un problema grave per la maggior parte dei gruppi ebraici e islamici, specialmente quando c’è in ballo la salute pubblica, anche perché i vaccini precedenti utilizzati in Indonesia non erano visti di buon occhio in quanto considerati non puliti o halal, cioè non conformi alla legge islamica. Per questo motivo, la Commissione sanitaria dello Stato Terengganu in Malaysia, ha emesso un suo proprio decreto rendendo obbligatoria la vaccinazione per i Musulmani nati nel 2006.
Con la fatwa in vigore, le autorità sanitarie si preparano ad affrontare una dura battaglia per mantenere le loro promesse non solo a Giava ma in tutte le altre provincie. Il consiglio ha fatto sapere alla popolazione che, in assenza di vaccinazioni, i rischi per la salute pubblica sono significativi e che non esistono al momento misure alternative al vaccino morbillo-rosolia.
Inizialmente, la fatwa dichiarava velatamente che coloro che appartenevano alla fede islamica dovevano immunizzare le loro famiglie facendo uso di un metodo illegale in attesa che le autorità mantenessero l’impegno di rendere disponibili misure alternative ma gli effetti di questa comunicazione poco chiara non si fecero attendere e furono profondi.
In netto contrasto con la quasi completa copertura vaccinale di Giava, gli altri distretti hanno raggiunto solo una misera copertura inferiore addirittura al 7%, in preda alla preoccupazione haram. Il governatore della provincia ultraconservatrice Aceh, ha, nel frattempo, appoggiato il programma di vaccinazione, ma resta da vedere se questo comporterà una sostanziale differenza nella copertura.
Affinchè il programma di vaccinazione contro la rosolia si riveli efficace, è necessaria una copertura immunitaria della popolazione intorno all’80%. Invece per il morbillo l’obiettivo si alza al 95%.
E intanto morbillo e rosolia hanno una forte incidenza nelle provincie che non hanno conseguito gli obbiettivi di copertura.
L’Indonesia deve ora affrontare significativi ostacoli e impedimenti per raggiungere e superare anche solo i target minimi di copertura. Un vaccino halal potrebbe risolvere il problema una volta per tutte, usando per esempio gelatine derivate da bovini. Ma un vaccino del genere richiederebbe anni e anni di sperimentazione.
La speranza è che il MUI riveda la sua posizione in tempi brevi e aiuti la popolazione, di qualsiasi fede e indifferentemente dalla religione, a salvaguardarsi contro queste malattie che possono essere invalidanti e mortali.
Fonte: sciencealert